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Dopo aver pubblicato alcuni singoli e averci dato alcune anticipazioni è arrivato il momento per gli After Infinity di presentarci il loro omonimo album di debutto. Il gruppo finlandese formato dal chitarrista Zsolt Szilagyi (ex Dreamtale e Frozen Factory) offre un metal melodico e leggero che si propone di fondere le sue differenti e più disparate ispirazioni in un prodotto commerciale ed orecchiabile.
Un’introduzione di pianoforte sulle note della strumentale “Calm After The Storm” ci accompagna verso due singoli onestamente non molto sorprendenti. Sebbene la componente radiofonica sia tangibile, “I Surrender To You”, non riesce a colpire fino in fondo, forse vittima di testi banali ed una diffusa mancanza di mordente, proprio su brani che dovrebbero invece fare da apripista per le successive tracce. Considerazioni analoghe possono essere fatte su “A Game Of Chess”, impreziosita però da un assolo tutto sommato convincente.
Sebbene il disco sembri rinunciare ad una maggiore aggressività anche con la ballata “Do What You’ve Got To Do”, l’ascoltatore ha la possibilità di apprezzare il lavoro delle tastiere di Szilagyi e il basso di Roi Partanen su “Crown Of Clowns” sebbene a tratti soffocato dalla sottile e retorica critica politica celata all’interno del testo.
Abbiamo poi un’altra ottima strumentale dal titolo “Capital Punishment”, che porta ingredienti sonori interessanti e cambi ritmici per nulla scontati, che strizzano l’occhio ai Dream Theater, riportati inoltre nei successivi brani dall’intensa “Without You” alla più epica e pacifista “The Power Beyond This Fight”.
Da apprezzare è sicuramente la varietà di cantanti che si alternano dividendosi i compiti vocali, da Nitte Valo (ex Battle Beast, Dreamtale) a Mikael Salo (ex Dyecrest, Metal de Facto ed Everfrost), passando da Leonard F. Guillan (ex King Company), Stephen Baker (Frozen Factory) e Juanma Draven (Carved in Ashes). Gli arrangiamenti di Gideon Ricardo (Woods of Wonders) propongono duetti che mescolano i timbri vocali degli artisti coinvolti lasciando però il giusto spazio a ciascuno di loro.
Il disco si chiude sulle note di “Two Restless Hearts”, un brano che racchiude forse una perfetta sintesi delle sonorità dell’intera opera, la quale quando decide di distendersi in dinamiche più intense e meno aggressive, risulta infinitamente più credibile rispetto ai suoi picchi più forzatamente energici.
Un aspetto sicuramente da migliorare riguarda i testi, troppo spesso prevedibili e ridondanti, ma siamo sicuri che il gruppo finlandese in futuro saprà sorprenderci magari con più audaci sperimentazioni e scelte stilistiche più convintamente affini a sonorità heavy metal.