THE MOOR – Ombra

Titolo: Ombra
Autore: The Moor
Nazione: Italia
Genere: Progressive Metal
Anno: 2024
Etichetta: Inertial Music

Formazione:

Davide Carraro: Chitarra
Enrico Longhin: Voce, Chitarra
Massimo Cocchetto: Basso
Edo Sala: Batteria


Tracce:
  1. Intro – Il tema dell’ombra 03:02
  2. The Overlord Disease        04:08
  3. Illuminant                            04:56
  4. Ombra                                   06:08
  5. This River Spoke                 05:07
  6. Lifetime Damage                04:41
  7. Withered                              04:42
  8. Our Tides                            05:07
  9. Passage                                05:30
  10. Vitreous                               04:57
  11. Thirst                                   05:30

Voto del redattore HMW: 7,5/10
Voto dei lettori: 10.0/10
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La prima cosa che mi ha catturato di questo Ombra dei The Moor è stata la copertina.

Sappiamo tutti che “l’abito non fa il monaco” oppure che “non si giudica un libro dalla copertina“, ma è pur vero che anche l’occhio vuole la sua parte e che spesso, anche se sappiamo che si rischia di sbagliare, ci facciamo attirare da cose che ci stuzzicano.
E così è stato quando ho visto l’artwork, molto bello (che mi ricorda i videogiochi “Inside” e “Limbo” per chi li conosce).

Non sapendo cosa aspettarmi a parte sapere che si tratta di prog, ho approcciato l’ascolto in maniera molto neutra e più naturale possibile.

Dopo un’interessante e melodica introduzione che, di fatto, va a presentare i vari elementi stilistici, melodici e compositivi del disco, ci troviamo di fronte al primo pezzo.
Mooooooolto bello.
“The Overlord Disease” è stato come l’aprirsi di un mondo, sapendo che questi ragazzi sono italiani e sentire un progressive metal a tinte death così ben fatto, arrangiato, con suoni e tecnica notevoli, approcciato con modernità, ma al tempo stesso con classe, mi ha lasciato a bocca aperta. Specialmente perché il cantato apre con uno scream totalmente inaspettato, quantomeno per l’idea (per quanto parziale) che mi ero fatto. Il tutto coronato da un ritornello estremamente funzionale e riuscito, che non puoi far altro che ricordare e canticchiare. Per rendere l’idea, un po’ à la Scar Symmetry, ma con più classe e meno tamarraggine.

Sulla stessa falsariga prosegue la traccia successiva, dove vengono confermati tutti i lati positivi, pur risultando più interlocutoria come canzone.

Arrivando poi al brano che dà il nome al disco, “Ombra”, assolutamente magnifico.
Sia strumentalmente, sia per come è stato sviluppato. Sin dalla parte iniziale, con un tocco un po’ sci-fi, alle melodie fantastiche che disegnano mondi su una ritmica comunque sostenuta, per arrivare al cantato sognante e coinvolgente. In italiano.
Era da tempo che non sentivo un pezzo cantato in lingua madre con risultati così egregi. A parte i Novembre, che però hanno un approccio totalmente diverso, gli unici che sono stati in grado di rendere così bene erano stati i Magnifiqat (costola dei Crown of Autumn) nel loro splendido “Il più Antico dei Giorni“.
Paragone difficile, ma naturale.

La successiva “The River Spoke” è altrettanto bella e coinvolgente, con un tocco un po’ più puramente prog e con qualche elemento più rock, pur tutto smorzato dal growl. Il tutto che sfocia in un ritornello anch’esso molto riuscito e memorizzabile, che strizza l’occhio a certi lavori degli scandinavi Evergrey.
Buona anche “Lifetime Damage”, che miscela una strofa quasi epica (giuro che mi ha ricordato qualcosa dei Doomsword) e un ritornello anch’esso valido e che torna su lidi progressive moderni.

Veramente bella è invece “Withered”, altro esempio di come la melodia sia sempre al centro del lavoro dei nostri e mostra il notevole lavoro sulle voci e le armonie dei cori.
La classe e il senso melodico degli assoli, anche in un pezzo semplice e, se vogliamo, più canonico di altri è incredibile.

Entrati nella seconda metà del disco, si mantiene alto il livello e, nonostante l’impronta stilistica rimanga fondamentalmente costante, i nostri propongono qui “Our Tides” che non può non ricordare certe melodie dei Katatonia (nel ritornello) e la seguente “Passage”, mid-tempo un po’ oscuro e che gioca sul “levare” nel riff di chitarra, con una parte acustica chiara debitrice a certi stralci degli ultimi Swallow The Sun.

Buone le conclusive “Vitreous” e “Thirst”, ma soprattutto la seconda dove si tornano ad alzare un po’ i giri motore, dove splende la malinconia di fondo che permea tutto il lavoro.

Giunti alla fine del viaggio, vi sarete accorti che le citazioni o i rimandi sono parecchi.
E credo che finisca per essere l’unica vera nota stonata di tutto questo Ombra.

Nonostante Longhin e soci dimostrino di avere moltissime qualità, capacità e anche una dose di classe che altri si sognano, peccano almeno in parte di personalità.
Credo che questo disco rimarrà nelle vostre rotazioni per diverso tempo e credo anche senza difficoltà che possa issarsi nelle classifiche di gradimento, però non posso fare a meno di pensare che gli echi di altri gruppi (chiamiamole anche citazioni involontarie) finiscano per limare un po’ il giudizio finale. Personalmente trovo che questi momenti finiscano per disturbare l’ascolto, distraendo da quelle che poi sono le vere capacità della compagine veneta, che sono indubbie e significative.

Chiariamoci, è un peccato veniale, il lavoro è notevole, ma se il livello di tutte le tracce fosse stato lo stesso dei primi cinque brani, probabilmente urleremmo al capolavoro.
In ogni caso, fatelo vostro.

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