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In seguito alla recensione a freddo di Marco Brivio, ci siamo concessi uno spazio extra per questo album che rischia veramente il primo posto indiscusso tra le classifiche di redazione. Possiamo dire che ha un po’ oscurato l’uscita di Bruce Dickinson, in attesa da molto più tempo. Ecco perché infatti, come avevamo fatto per Iron Maiden, ci siamo permessi di dire la nostra su questo Invincible Shield in seguito ad una nostra chiacchierata redazionale.
La recensione del nostro Marco Brivio dice tutto di questo disco per cui vorrei soffermarmi su alcune riflessioni. Sono passati cinquant’anni dal primo album dei Judas Priest, o quasi. Il 6 settembre è la data precisa che segna il mezzo secolo dall’uscita di Rocka Rolla. Cosa si può dire ad un gruppo che in tutti questi anni è riuscito a combattere contro il nemico più grande? Il nemico più grande non sono le mode, i generi musicali o altro, ma è il tempo. Ecco. I dischi dei Judas per me hanno attraversato gli oceani del tempo (cit.) e sono arrivati ancora attuali ai giorni nostri. Invincible Shield ne è la prova e la dimostrazione, degno successore del precedente Firepower, ha garantito l’Olimpo del metal ai nostri vecchietti inossidabili. Sono pochi i gruppi che possono vantare del “bollino garanzia”. Per carità, ognuno di noi ha i propri gusti personali e qualche piccola caduta o momento basso ci può stare. A mio modesto parere, ad esempio, non ho trovato troppe emozioni in Nostradamus; tuttavia posso dire in queste poche righe che l’intera discografia dei nostri precursori dell’heavy metal sia salva! Un giorno stenderò una lista degli intoccabili del genere e Halford e compagni hanno già conquistato il loro posto d’onore.
Ivan Gaudenzi – Voto: 9/10
Un grande ritorno. Ad averne di band che dopo oltre cinquant’anni di carriera riescono a sfornare un disco solido e granitico come questo Invincible Shield che si mantiene ad alti livelli per tutta la sua durata, raggiungendo il picco con perle quali “Crown Of Horns” e la stessa “Invincinble Shiled”. Fra le mie preferite “Gates Of Hell”. Che dire? Ne sono rimasto piacevolmente sorpreso. Un disco di cui avevamo bisogno.
Rig – Voto: 8,5/10
Il penultimo Firepower, del 2018, è stata una gradita sorpresa perché presentava una raccolta di inediti vivaci e battaglieri nella vera tradizione del meal classico ottantiano, benché molto moderno nei suoni e nella produzione. Il nuovo Invincible Shield, con la stessa formazione, è il prosieguo sonoro del disco precedente perché pesante ed aggressivo. Gli inglesi dopo cinquanta anni di attività sono ancora vivi e vegeti, ma soprattutto ancora creativi e con l’attitudine giusta per affrontare l’ultima parte della loro carriera ancora ai vertici. Tutte le canzoni scorrono in modo fluido, possente e veloce ad eccezione di poche parti, più articolate e complesse ma in fondo sempre riuscite. Non mi addentro nelle singole canzoni perché dovrei scrivere un poema e per questo rimando all’ottima e precisa recensione del collega Marco Brivio, sulla quale concordo in pieno. L’intramontabile Rob Halford e il suo gruppo sono dei maestri, soprattutto nei momenti delle canzoni in cui offrono massicci assoli, cori e melodie di valore. Anche l’aggiunta di piccole parti di sintetizzatore, così come l’utilizzo di alcune chitarre acustiche nell’ultima “Giants In The Sky”( tributo di Halford ai suoi compagni scomparsi Ronnie James Dio e Lemmy Kilmister), non dispiace. Nel complesso, siamo di fronte ad un bel disco che merita di essere ascoltato tutto d’un fiato per la forza e l’entusiasmo che esprime. Sicuramente consigliato anche se il precedente Firepower è di una spanna superiore.
Christian Rubino – Voto: 7,5/10
Come può riuscire un gruppo che ha da poco festeggiato i cinquant’anni di carriera a proporre sonorità da un lato così fresche, moderne ma allo stesso tempo così fedeli ai dogmi della NWOBHM che dominava la scena metal degli anni ’80? I Judas Priest rispondono alla domanda pubblicando la loro ultima fatica Invincible Shield. Non è infatti un mistero che l’arrivo del talentuoso Richie Faulkner abbia letteralmente rigenerato la formazione britannica, che da dopo il coraggioso ma comunque stanco lavoro su Nostradamus, culminato con l’uscita di K.K. Downing, ha trovato proprio in Faulkner il segreto dell’eterna giovinezza. La sua sei corde su Redeemer Of Souls ha integrato l’eccellente lavoro di produzione di Andy Sneap su Firepower, donando una seconda giovinezza alla carriera dei Priest che da ormai dieci anni sfornano prodotti sempre più convincenti. Invincible Shield è forse l’album meglio riuscito degli ultimi tre realizzati, capace di emozionare con brani come “Crown Of Horns” e travolgere l’ascoltatore nel vortice metal di “Panic Attack”. Un punto di attenzione per la sottovalutata “Vicious Circle”, passata forse ingiustamente sotto tono rispetto ad altri singoli. It’s 2024 and the Priest is back !
Lollo Guru – Voto: 8,5/10
Con Invincible Shield i Judas Priest – amabilmente rinominati da mio padre Carlo i “Giuda Prete” – giungono al 19° (!) album in studio. Che dire? ascoltate questo fenomenale disco e non potrete fare più a meno degli acuti di “Panic Attack”, che un po’ ci riportano a Painkiller, dell’arroganza stradaiola di “The Serpent And The King”, dei fraseggi arrembanti di “Gates Of Hell” e dei due splendidi ritornelli della tanto epica quanto commovente “Crown Of Horns”!! Dentro Invincible Shield si celano tante altre belle sorprese heavy metal da scoprire senza indugi.
Senza se e senza ma, tra i migliori dell’anno il Giuda Prete finirà!
Vittorio Manzone – Voto: 8/10
Prima banalità: un confronto realistico si può attuare solo fra Invincible Shield e i dischi post-ritorno, scomodare gli anni ’70 e ’80 sarebbe impietoso. Seconda banalità: i Judas, dopo cinquant’anni di carriera, non potrebbero mai sbagliare un disco. Invincible Shield è sulla linea del precedente Firepower: cioè un ottimo album di heavy metal come lo possono produrre dei settantenni negli anni ’20 dei 2000. Cosa ha? Una nutrita serie di brani compatti, sinceri, decisi, ruggenti. Cosa gli manca? Un (semi-)lento come “Sea Of Red”. Può essere un addio degno della loro carriera? Può. Ma perché non sperare che questi settantenni possano donarci ancora un album nel (prossimo) futuro?
Renè Urkus – Voto: 7,5/10