CRUZH – The Jungle Revolution

Titolo: The Jungle Revolution
Autore: Cruzh
Nazione: Svezia
Genere: hard rock
Anno: 2024
Etichetta: Frontiers Records

Formazione:

Alex Waghorn: voce

Anton Joensson: chitarra e cori

Dennis Butabi Borg: basso e cori

Johan Öberg: chitarra

Matt Silver: batteria e cori


Tracce:

01. The Jungle Revolution

02. Angel Dust

03. FL89

04. Killing In The Name Of Love

05. SkullCruzher

06. At The Radio Station

07. Split Personality

08. Sold Your Soul

09. From Above

10. Winner

11. Gimme Anarchy


Voto del redattore HMW: 7,5/10
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Una delle cose più interessanti dell’hard rock melodico, dell’hair metal e del glam metal ottantiano è quella di essere fondamentalmente accattivante e divertente. L’elenco di gruppi che hanno fatto la storia di questi generi è lunghissimo e la stessa cosa vale per le numerosissime formazioni che si sono imposte negli ultimi anni, vedi gli svedesi Crazy Lixx, o quelle che si stanno facendo conoscere come i connazionali Cruzh, facenti parte anch’essi del roster della Frontiers Records. Se il precedente Tropical Thunder, è stato un album elettrizzante e pieno di canzoni canticchiabili e melodiose, anche questo nuovo The Jungle Revolution non scherza, perché ne mantiene l’essenza conservando alta l’asticella di un gruppo meritevole di più attenzione. I brani sono sempre legati agli anni ’80, con allegri ritornelli e vivaci riff di chitarra che rendono la set list molto raggiante e spensierata. L’esempio lampante è proprio l’iniziale intro di tamburi e di riff intermittenti di chitarra del singolo, “The Jungle Revolution”, che proiettano ad un ritornello quasi funk e molto melodico trascinato dalla voce pulitissima di Alex Waghorn. Chicca del pezzo sono gli elementi ambientali, i cori alla Def Leppard e soprattutto il possente e vibrante assolo di chitarra elettrica che impazza nella parte finale della song. Con la successiva e veloce, “Angel Dust”, confermano la capacità di sviluppare un ottimo songwriting, con un bel ritornello e tanta attitudine al tradizionale rock and roll. I riff delle due sei corde elettriche sono più grezzi e l’ugola del singer, con il sostegno dei cori, più grintosa e più acuta del solito. Il singolo e ancora rapido, “FL89”, prosegue con il tipico sound californiano fatto di melodie sdolcinate e super orecchiabili. La traccia se da un lato ricorda malinconicamente un lontano passato musicale, dall’altro lato è molto positiva e divertente senza però mai abbandonare la potenza sonora delle due intervallate chitarre elettriche di Johan Öberg e di Anton Joensson, con in aggiunta la spinta di una superlativa sezione ritmica.

Il bassista della band, Dennis Butabi Borg, dichiara: “Siamo super entusiasti di pubblicare l’album. Esso è finora di gran lunga la nostra uscita più onesta. Abbiamo chiuso il cerchio e siamo atterrati nella giungla da cui proveniamo”.

La ruffiana, “Killing In The Name Of Love”, si stampa subito in testa canzone per il refrain armonioso e per i cori mielosi di sottofondo che impreziosiscono il pezzo. Anche qui c’è un altro fantastico assolo di chitarra elettrica che si adatta perfettamente alla musicalità della canzone. Colpisce in positivo la magnifica e impeccabile produzione che valorizza eccellentemente il suono di tutti gli strumenti, come nel caso della roccheggiante e ritmata, “SkullCruzher”, che parte lentamente con un malinconico pianoforte prima che entrino in gioco i riff rock e mid tempo delle due spigolose electric guitar. Qui tra la voce e i cori melodici sembra di sentire band moderne come i già citati Crazy Lixx, i finlandesi Reckless Love o gli italiani Hell In The Club. La migliore traccia del platter è comunque, “At The Radio Station”, per via del suo mieloso e orecchiabile ritornello accompagnato da una selvaggia sezione ritmica e dal classico muro sonoro alzato dalle sei corde elettriche. La song non è un duro hard rock ma una composizione rock dalle venature AOR che la rendono facilmente attraente e ricordabile. Il sound si indurisce invece nella ruggente, “Split Personality”, che aumenta il ritmo e la velocità esecutiva grazie ai suoi energici e carichi riff. Stupisce poi la scelta di interrompere questa altalenante potenza sonora, inserendo verso la fine la canzone, “Sold Your Soul”, caratterizzata da un leggero blues acustico e un sottile suono folk contrapposto alla forza metallica delle chitarre elettriche in cui si ode e si ammira la tecnica dei due guitar heros scandinavi. Nella ballata, “From Above”, ritorna in primo piano il melanconico pianoforte che frena la vena rock dei cinque mettendo momentaneamente in primo piano l’aspetto romantico dei ragazzi. Si odono pure degli archi di accompagnamento e un grande assolo chitarristico nel finale che alza un po’ il ritmo del pezzo rendendolo più saporito e gradevole. Dopo questo breve e intenso torpore il quintetto si rimette in marcia con la penultima e hard rock, “Winner”, capace di offrire il solito e canticchiabile ritornello spinto dagli immancabili cori e dalle convincenti corde vocali del frontman nordico. L’ultima e mastodontica, “Gimme Anarchy”, chiude in bellezza con un vero e proprio groove metal spinto dalla rauca voce di Alex e dalle compatte chitarre elettriche dei compagni Johan e Anton. Il ritornello è sempre armonioso ma il sound è molto duro e pesante per via anche di una battente e forsennata sezione ritmica. Anche sotto questo aspetto i Cruzh sono molto convincenti e piacevoli dimostrando di non essere solo ancorati al classico glam metal.

Nel complesso il disco scorre liscio come l’olio e a parte la discreta ballata e la poca originalità, tutte le altre tracce sono belle e ben riuscite. The Jungle Revolution è sicuramente la strada giusta verso la consacrazione definitiva di una band che merita, per la sua bravura, una più vasta visibilità.

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