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Ennesima e forse ultima uscita, dopo cinquant’anni di onorata carriera, per gli americani Blue Öyster Cult fortemente supportati dalla nostrana Frontiers Records pronta a pubblicare qualsiasi cosa facciano questi leggendari artisti. Questa volta non ci troviamo di fronte all’ennesima pubblicazione live della band newyorkese, ma al cospetto di alcune rarità, recuperate da esibizioni in studio di registrazione e cover che presentano principalmente la formazione classica con il batterista Albert Bouchard e il compianto tastierista Allen Lanier.
Ghost Stories è quindi una carrellata di materiale vecchio e riesumato che offre ai fan qualcosa di particolare e per certi versi inaspettato. Da quello che dicono i BÖC si tratta di canzoni per la maggior parte registrate, ma non finite dalla band tra il 1978 e il 1983 (cioè, tra l’album Specters e il disco The Revölution By Night), con l’eccezione del brano “If I Fell” registrato nel 2016. I nastri analogici sono stati “de-mixati” e portati sul digitale nei loro singoli elementi utilizzando l’intelligenza artificiale e poi remixati dall’attuale membro Richie Castellano, da Eric Bloom, da Donald “Buck Dharma” Roeser e dal produttore Steve Schenck. Contribuiscono alla riuscita anche Albert Bouchard e Rick Downey che appaiono alla batteria con ulteriori sovra incisioni registrate da Joe Bouchard. La band evoca quindi i fantasmi del passato e lo si sente subito con l’iniziale e serrata melodia di “Late Night Street Fight”; song cadenzata e ondulata dallo stile quasi fusion ma sempre rock con il basso eccezionale di Bouchard in primo piano. La successiva “Cherry” è puro rock and roll di stampo inglese con un ritornello molto orecchiabile sostenuto da indovinati cori e fragorosi riff di chitarra elettrica.
Il singolo “So Supernatural”, dal sapore new wave, è invece il vero e proprio pezzo da novanta del disco caratterizzato dallo scampanellio atmosferico della sei corde di Eric Bloom, accompagnato dall’ugola stranamente bassa e sottotono della voce. Pezzo che rispecchia lo stile settantiano del gruppo anche se nel ritornello è troppo ripetitivo e angoscioso. Poi tocca alla cover degli Animals “We’ve Gotta Get Out Of This Place”, molto più dura dell’originale e con un suono delle chitarre elettriche più distorto ma dal ritmo lento e spensierato. Un’altra cover inserita nella set list è l’acustica, “If I Fell”, registrata dalla band nel 2016 ma troppo strana e diversa rispetto a quella dei Beatles che non piace affatto e che oltretutto inserita in coda al platter suona del tutto fuori posto. Anche la veloce, “Kick Out The Jams”, è un’altra cover degli MC5 meno distintiva rispetto all’originale ma abbastanza potente e cruda da essere, per fortuna, ben riuscita.
Se il pezzo, “Gun”, è una buona canzone di bluseggiante rock, piace di più il ritmato e ironico blues di “Shot In The Dark” grazie al bel pianoforte e alla melodia allegra e scanzonata che la contraddistingue. Stranamente siamo molto lontani dall’inconfondibile suono del gruppo americano e anche questa sinceramente non fa impazzire. Spiccano solamente le granitiche chitarre elettriche e la perfetta sezione ritmica che sono la ciliegina sulla torta del pezzo. Dobbiamo considerare che questo sicuramente non è il prodotto migliore degli statunitensi perché le tracce recuperate risalgono alla fine del periodo d’oro della band, che aveva abituato il suo pubblico, nelle prime uscite discografiche, ad un clima misterioso ed introverso e oserei dire molto particolare per quei tempi. Ne è un esempio lampante anche il sufficiente funky rock di “Soul Jive” che vede i musicisti esibirsi in modo rilassato e melodico soprattutto nel gradevole ritornello ma in un contesto molto prevedibile e poco inquietante. La terzultima e sprezzante, “Money Machine”, è un buon e possente hard rock tipicamente americano, dalle venature blues e dall’armonioso ritornello facilmente canticchiabile. La penultima “Don’t Come Running To Me” è una robusta ballata ottantiana senza infamia e senza lode che chiude sufficientemente la serie di inediti riciclati dal leggendario gruppo di New York.
Ghost Stories, nonostante una serie di canzoni interessanti ripescate dal passato non ha quel senso imponente che si ascolta nel precedente The Symbol Remains pubblicato nel 2020, che aveva rivitalizzato enormemente una band ormai indirizzata verso il viale del tramonto.