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Il terzo lavoro dei Demande À La Poussière promette di regalarci una buona dose di Black Metal impreziosita dalle solite sfumature Doom e Sludge, alternando importanti novità ad altrettanto solide certezze.
L’approdo della nuova voce di Simon Perrin si conferma una scelta perfettamente coerente col il panorama sonoro sempre cupo e disturbante costruito dal collega Edgard Chevallier, che continua ad occuparsi degli arrangiamenti delle chitarre e non solo.
In questo senso, brani come “Inapte”, incaricato di aprire l’opera, e la title-track “Kintsugi” mettono subito in chiaro l’idea sonora dell’intera opera nel suo complesso, che nonostante la pesantezza degli arrangiamenti porta alla luce contenuti malinconici che lasciano intravedere luci melodiche per dar voce allo spirito di sopravvivenza degli individui. Secondo il gruppo francese, infatti, è proprio dalla sofferenza che è possibile attingere per trovare il coraggio di uscire dai periodi più bui e risorgere. Dopotutto le nostre cicatrici possono davvero risultare preziose come l’oro utilizzato nella pratica giapponese del Kintsugi, qui una metafora al centro dell’omonimo concept album.
Se in brani come “La Parabole Des Aveugles” o “Vulnerant Omnes, Ultima Necat ” apprezziamo l’estensione vocale di Perrin e l’apporto ritmico del batterista Vincent Baglin, su altri come “Le Sens Du Vent ” o “Attrition” si avverte una certa ridondanza nelle scelte di scrittura che generalmente sfociano in quello che, se fossimo critici cinematografici, chiameremmo overacting. Un’ eccessiva esasperazione di alcuni tratti che finiscono per appiattire il suono invece che esaltarne le caratteristiche.
L’opera fa ancora in tempo a riprendersi con “Miserere” per poi proseguire con un crescendo che raggiunge il suo picco sul finale di “Brisè”.
Contrariamente a quanto ci potremmo aspettare, il disco si chiude asciugando i suoni e riducendoli ad una semplice chitarra acustica e drammatiche parole pronunciate in lontananza, che fanno da sfondo.
Una scelta di gusto, quasi teatrale, che conclude un’opera che risulta nel complesso totalmente inaccessibile per i non addetti ai lavori.
Sicuramente non possiamo fargliene una colpa, ma possiamo piuttosto prendere atto dell’identità chiara di un lavoro coerente e compatto, sebbene forse troppo rigidamente indirizzato alla soddisfazione del suo pubblico specifico.