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I sorprendenti svedesi Remedy ritornano alla grande con il secondo e bellissimo secondo album intitolato: Pleasure Beats The Pain ancora una volta con l’aiuto al mixaggio e alla masterizzazione di Erik Martensson (Eclipse) presso gli sperduti Mass Destruction Production di Sollerön, Dalarna in Svezia. La formazione attuale continua ad essere guidata dal fondatore, compositore, produttore e chitarrista Roland “Rolli’ Forsman, dal bravissimo cantante e chitarrista ritmico Robert Van Der Zwan, dal tastierista Jonas Öijvall, dal bassista Jonas Dicklo e dal batterista Fredrik Karlberg. I Remedy, dopo il debutto con Something That Your Eyes Won’t See entrato nelle classifiche svedesi ed elogiato dalla critica musicale, offrono ancora un hard rock melodico orecchiabile ricco di spunti metal che li rende particolari nonostante si rifacciano prevalentemente ai suoni tipici degli anni ’80.
“Sono cresciuto in Finlandia e sono stato influenzato da John Norum e Yngwie Malmsteen…straordinari! Dopo essermi trasferito in Svezia ho potuto assaporare una cascata di nuove e ottime band, gli Eclipse su tutti a mio avviso”, afferma Roland “Rolli’ Forsman.
Pleasure Beats The Pain è un disco che conferma le ottime sensazioni del debutto grazie a grandi e orecchiabili melodie e soprattutto catapulta in modo definito la band ad un pubblico più vasto. Le influenze sonore del passato sono molteplici ma per via di elementi attuali i Remedy si avvicinano ai connazionali: Eclipse, One Desire, Perfect Plan e H.E.A.T. su tutti.
“Stimolati dal successo del nostro album di debutto, tornare in studio è stata per noi la progressione più naturale. Con Pleasure Beats The Pain, abbiamo raggiunto un momento decisivo nel viaggio dei Remedy, consolidando il nostro sound. Con un equilibrio di luce e oscurità, giorno e notte, piacere e dolore, amore e odio, la nostra musica rispecchia le complessità della vita, fondendo rock melodico e metal in una miscela armoniosa”, dice ancora Roland “Rolli’ Forsman.
L’iniziale singolo, “Crying Heart”, trasuda pura melodia e brividi che sgorgano dalle corde vocali del bravissimo singer Van Der Zwan. Poi le note malinconiche della song sprigionano energia travolgendo i timpani dei riff elettrici delle chitarre dello stesso Robert e di Roland, che avvolgono l’ipnotizzante e orecchiabile ritornello dando così all’ascoltatore vibrazioni retrò ma allo stesso tempo fresche e attuali. Si continua con il pop rock ottantiano inzuppato di synth in “Moon Has The Night”, brano ritmato e ricco di personalità che inquadra lo stile ruffiano e armonico della band, capace di aggiungere alle proprie composizioni strumenti nuovi come il sax che posizionato in modo molto udibile contribuisce ad aggiungere uno strato melodioso, completando piacevolmente il suono in generale. Con la cadenzata e vellutata, “Sin For Me”, siamo nel pieno hard rock melodico con tocchi AOR di stampo scandinavo ricco di cori e armonie accattivanti che non lasciano indifferenti e avulsi dalla classe di questi cinque vichinghi. La sensuale e romantica “Angelina”, è la ballata che ogni band AOR di rispetto vorrebbe realizzare perché oltre allo stupendo e orecchiabile refrain da una sensazione di libertà e freschezza compositiva che fa venire i brividi già con l’introduttivo inizio vocale dello strepitoso vocalist. La formula vincente dei Remedy è semplice perché i cinque musicisti offrono tanta qualità sonora offrendo principalmente ritmo e un’accattivante melodia che esce semplicemente e senza sforzi dai propri incisivi strumenti. Ne è un altro esempio la corale e roccheggiante, “Bad Blood”, che riesce ad unire bene i ruggenti riff chitarristici con le meravigliose armonie tastieristiche dell’esperto Jonas Öijvall. Una chitarra tagliente e stridente con il supporto della tastiera annuncia la cadenzata, “Caught By Death”, singolo oscuro e atmosferico che non disdegna di offrire sempre il lato melodico e ammaliante del combo svedese ma anche la veemenza metal emanata dall’assolo chitarristico dell’ottimo Forsman. Si prosegue nel finale con il melodic rock notturno e invitante di “Hearts On Fire”, caratterizzato da strepitose e indovinate melodie figlie degli strepitosi anni ’80. La terz’ultima “Poison” è un omaggio ai riff metal più duri ma sempre eseguiti con leggerezza e melodia ormai e decisamente in pieno stile Remedy. Piace la pulitissima ugola del frontman scandinavo e nel finale gli stridenti assoli chitarristici che trasformano la song elevandola ad una delle tracce più dure del platter. Non finisce qui perché la forsennata e veloce “Girl’s Got Trouble”, strizza addirittura l’occhio al metal americano di band come i famosi Stryper mischiandosi anche con lo stile rumoroso e tecnico degli indimenticabili Van Halen. Colpiscono il ritmo vivace, i cori alternati e i virtuosismi esecutivi sfornati dalle due chitarre elettriche che rendono la canzone amabile già al primo ascolto anche per via di una certa spavalderia blues. L’ultima e acustica “Something They Call Love” è probabilmente l’unica nota stonata di questo disco perché sinceramente non c’entra nulla con ciò che si è sentito prima. Non perché sia brutta ma è troppo lenta e orchestrale con l’uso dei violini, che in generale cozzano con lo stile sfavillante e combattivo proposto dagli scandinavi nelle canzoni iniziali. Una ballata strappa lacrime, diplomatica e ruffiana che si allontana anni luce dal sound della band di Stoccolma. Peccato perché sarebbe stato opportuno chiudere in bellezza con il rock and blues di “Girl’s Got Trouble”. Nel complesso siamo comunque di fronte ad un gruppo che mantiene le promesse del debutto proiettandosi verso un piacevole e roseo futuro. Spetta a noi consacrarli tra le band di punta del genere e magari vederli poi, a breve, dal vivo dalle nostre parti.