GREAT MASTER – Montecristo

Titolo: Montecristo
Autore: Great Master
Nazione: Italia
Genere: Heavy / Power Metal
Anno: 2023
Etichetta: Underground Symphony Records

Formazione:

Stefano Sbrignadello – voce
Jahn Carlini – chitarra
Manuel Menin – chitarra
Giorgio Peccenini – tastiere
Massimo David – basso
Denis Novello – batteria


Tracce:

01. Le Pharaon
02. Back Home
03. The Left Hand Joke
04. Where the Shame Lives
05. I Am the Master
06. Your Fall Will Come
07. Nest of Stone
08. My Name
09. Man from the East
10. The Weak Point
11. Final Revenge
12. On October 5th – Wait and Hope
13. Montecristo


Voto del redattore HMW: 8,5/10
Voto dei lettori: 9.7/10
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Recensione scritta da Fabio Perf.

Ritornano i Great Master con quello che è il loro sesto album di inediti, intitolato “Montecristo”.

Per chi non conoscesse ancora la compagine veneta, i Nostri nascono nei primi anni ’90 ma sono discograficamente attivi dal 2009. Lo stile che da (quasi) sempre accompagna i Great Master è un mix tra il metal più classico ed epico e un power di matrice europea. Se si ascoltano i primi lavori dei Great Master, nomi (anche piuttosto diversi tra loro) come Warlord o Running Wild possono essere intercettati tra i solchi dei loro dischi.

Dopo la parentesi “piratesca” (Skull And Bones del 2019 e Thy Harbour Inn del 2021), i Great Master ritornano ad un suono più in linea con le precedenti produzioni, dando la loro personale rilettura, in chiave metal, al famoso romanzo “Il conte di Montecristo”, di Alexandre Dumas.
Con il breve strumentale “Le Pharaon”, veniamo subito catapultati a inizio ‘800, nella storia creata dallo scrittore francese, che preannuncia il ritorno a casa del protagonista, il marinaio Edmond Dantès (nel pezzo “Back Home”).

Traccia per traccia, ci vengono raccontate le peripezie di Dantès, che, ingiustamente imprigionato, riesce a fuggire e a trovare una nuova identità, meditando poi la sua terribile vendetta…
Come detto i Great Master ritornano in parte a un suono più classico (meno “piratesco”) e il potente riff iniziale, l’incedere solenne di “Back Home”, non lasciano dubbi. Quello che però rimane, dai due precedente dischi, è una presenza massiccia di cori che, abbandonate le atmosfere marinaresche, donano ai pezzi una vena più solenne e maestosa, così come accade nel ritornello della seguente “The Left Hand Joke”.

La formazione dei Great Master è ormai da tempo consolidata a 6 elementi e la coesione tra i vari membri si sente: l’ensemble veneto viaggia compatto e sicuro e ognuno dei musicisti trova perfettamente il proprio spazio, con le chitarre a dominare ma con le tastiere di Giorgio Peccenini a fare da collante, tra la parte heavy e quella più orchestrale, grazie a degli ottimi arrangiamenti.
Le canzoni sono tutte ben strutturate, ognuna atta a raccontare un capitolo del romanzo: dalle prime tracce introduttive, in cui capiamo cosa sta accadendo al protagonista, a quando l’inganno è stato perpetrato, trovandoci immersi in un’atmosfera greve, quasi bellicosa (“Where The Shame Lives”).

Nel brano “I Am The Master” viene introdotto uno dei personaggi chiave, l’abate Faria, che aprirà gli occhi a Dantès…

La seconda parte del disco coincide con la fuga del protagonista che riesce a scoprire chi l’ha tradito e a mettere in atto la sua vendetta. In questo frangente, i brani si fanno decisamente più pesanti e movimentati, ad eccezione della lenta “Nest Of Stone”, pregevole traccia malinconica in cui trasuda la magniloquenza dei Great Master.

“Man From The East”, con i suoi evidenti richiami orientaleggianti, ci ricorda un poco i vecchi Kamelot: ancora una volta possiamo apprezzare le voci dei cori, gli arrangiamenti e le armonizzazioni di chitarre, il tutto per esaltare al meglio il pezzo.

La storia si conclude con le ultime tre tracce che mantengono le peculiarità dell’intero lavoro anche se, come detto, i BPM aumentano. I Great Master però ci regalano un ultimo brano, quello che dà il titolo al disco: “Montecristo”. Chiusura assolutamente degna che, di fatto, esula dal romanzo ma che ci presenta il protagonista che si guarda allo specchio dovendo affrontare, questa volta, sé stesso e la propria coscienza. Pezzo assolutamente grandioso, degno epilogo di un lavoro totalmente riuscito.

Benché il sottoscritto sia affezionato ai momenti più heavy e crudi dei Great Master, è innegabile che il nuovo corso intrapreso dai veneti (raggiunto con i vari cambi di formazione avvenuti nel corso degli anni) sia l’apice finora mai raggiunto dai Nostri, consegnandoci probabilmente il disco migliore della propria carriera.

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