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Recensione scritta da Fabio Perf.
Di dischi belli ne escono davvero tanti, anche oggigiorno. Ma quanti riescono a sorprendervi, specie se, come il sottoscritto, ascoltate metal ormai da decadi? Beh…uno di quei dischi che mi ha lasciato piacevolmente senza parole è proprio Shadow Of A Fallen Star pt. 1 dei Seven Sisters.
I Seven Sisters provengono da Londra e hanno pubblicato finora tre album più un paio di EP. Il loro stile è chiaramente legato al metal più tradizionale, di matrice inglese, ma non disdegnano incursioni nella musica più epica e progressiva.
L’evoluzione dei Seven Sisters, album dopo album, è notevole: se il primo disco omonimo è sicuramente un omaggio al metal più tradizionale, con delle intuizioni e potenzialità non del tutto manifeste, già con il secondo The Cauldron And The Cross, il quartetto inglese ci mostra una venatura più epica e “sperimentale”. Con questo terzo lavoro l’asticella si alza ulteriormente.
Shadow Of A Fallen Star pt. 1 è un concept album nato da un’idea del chitarrista e cantante Kyle McNeill, che riprende il tema del singolo The Crystal Temple (2019), in cui, in un futuro non precisato, una parte della razza umana raggiungerà un nuovo pianeta chiamato “The Great Library”, grazie a un’entità aliena conosciuta appunto come The Crystal Temple; il/la protagonista scoprirà alcune cose in merito a questo fantomatico nuovo pianeta…
Come ho accennato, i Seven Sisters hanno inglobato al loro stile ulteriori umori ed elementi ma non vuol dire che siano diventati un gruppo di progressive metal, anzi, la matrice del loro suono rimane sempre legata al metal più classico. Già dall’apertura “Andromeda Rising”, breve intro strumentale dal sapore quasi onirico, possiamo intuire che qualcosa è in parte cambiato. Chitarre acustiche spagnoleggianti e melodie soffuse che mutano in una vera e propria ouverture per quello che sarà il primo “vero” pezzo dell’album: “Beyond The Black Stars”, un brano assolutamente metal, ma con un incipit quasi evocativo, che andrà poi a trasformarsi in una vera e propria cavalcata. Splendidi fraseggi di chitarra, cambi di tempo, con una ritmica roboante e con la voce di McNeill, melodica e imperiosa al tempo stesso, che dipinge efficaci melodie vocali, fino alla vorticosa parte solista delle chitarre. Tutto questo in appena quattro minuti e già rimaniamo positivamente tramortiti!
Si prosegue con “The Artifice” che si caratterizza maggiormente per due elementi: una ritmica incalzante e delle pregevoli parti vocali (il ponte e il ritornello). Specie il ritornello ha davvero una bella melodia, decisamente cantabile, che ti rimane in testa fin da subito. Poi ancora un riuscito intermezzo strumentale che lascia gradatamente spazio alla voce soffusa di McNeill pronta però ad emergere nuovamente nel ritornello. Brano fantastico!
“Whispers In The Dark” è il pezzo più tipicamente Heavy Metal dell’intero album, che ci riporta alla mente le tipiche cavalcate maideniane dei primi anni ’80. Anche qui possiamo apprezzare delle splendide intuizioni vocali e una ritmica martellante, figlia diretta della NWOBHM. Ottima la parte solista e strumentale che ci guida all’ultimo ritornello.
È in arrivo l’ennesima perla, che risponde al nome di “Horizon’s Eye”, traccia a dir poco stupenda, con una sezione vocale dalla melodia vincente. Introdotta da un gustoso lick di chitarra e dalla solita ritmica dinamica, la voce di McNeill irrompe nel coro, davvero ben concepito, con una linea melodica notevole. Il break centrale crea un’atmosfera onirica, quasi drammatica, disegnata dalle chitarre della coppia McNeill/Farmer, dapprima soffuse, con una ritmica appena accennata, poi in un crescendo di suoni, fino al solo vero e proprio, accompagnato da una ritmica più sostenuta. Di nuovo, la voce McNeill ritorna a sussurrare prima dell’esplosione del ritornello, chiuso da una coda strumentale che riprende il lick iniziale. Irresistibile!
“Wounds Of Design” è il primo brano lento dell’album (lento, ma tutt’altro che una ballad): chitarre soffuse, accompagnate da una voce melanconica, a tratti sognante, che ci guida tra lo spazio e le stelle… nel finale si raggiunge un’intensità quasi drammatica che culmina con un assolo molto sentito di McNeill.
La title-track è un altro dei pezzi da 90 del disco, dall’incipit impetuoso, con le chitarre che tracciano trame drammatiche, quasi a sfociare in grida di ribellione. Rimangono le belle melodie vocali che si fondono nel doppio assolo McNeil/Farmer fino a sfumare nella successiva e finale “Truth’s Burden”.
L’ultimo brano dell’album ci mostra il/la protagonista che prende consapevolezza di quello che sta accadendo e sente su di sé il peso della verità, per cui non gli/le resta che fuggire dal Tempio di Cristallo. Musicalmente ci troviamo di fronte a pezzo lento e articolato, con diversi cambi di umore, a volte anche repentini, ma che mantiene un’aura oscura e sofferta. Ancora un gran lavoro di chitarre e armonie vocali. “Truth’s Burden” è un epilogo che in realtà ci guida in quella che sarà la parte seconda di questa narrazione (probabilmente non lontana dall’essere pubblicata).
Che altro aggiungere? Di carne al fuoco ce n’è veramente tanta ma i Seven Sisters si sono molto concentrati sulle melodie e sui cori facendo in modo che il disco risulti piuttosto immediato, nonostante sia ricco di dettagli e sfaccettature. Shadow Of A Fallen Star pt. 1 è un piccolo gioiellino dei nostri tempi, merce rara; se siete quindi amanti del metal più classico e puro, questo disco non può e non deve mancare nella vostra collezione!