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I Demon sono una di quelle band inglesi nate negli anni ’80 in piena esplosione della NWOBHM che sembrano ad un passo dalla conquista del mondo ma che poi stranamente, dopo due bei dischi, si buttano a capofitto nel rock melodico lontano da quel ruggente metal dal quale erano stati partoriti. In verità erano partiti molto bene e questo repentino cambio di rotta è uno dei fattori che sicuramente li ha danneggiati a livello compositivo portandoli allo scioglimento nel lontano 1992. Praticamente una scommessa persa perché tutte sfumature sinistre dell’album di debutto, Night Of The Demon del 1981, e del successivo, The Unexpected Guest del 1982, vanno a farsi friggere con un proseguito non tanto all’altezza ma per fortuna sempre ricco di buone melodie e con un suono progressivo influenzato sempre dalla tastiera.
Dopo la reunion del 2001 il gruppo anglosassone prosegue con l’uscita di Spaced Out Monkey. Da allora la band pubblica altri tre album: Better The Devil You Know nel 2005, Unbroken nel 2012 e Cemetery Junction nel 2016. Adesso con il quattordicesimo album in studio dal titolo: Invincible, uscito con la specializzata e pescatrice di gruppi del passato, ovvero la Frontiers Records, la formazione britannica continua il suo classico percorso hard rock. È proprio la tastiera psichedelica di Karl Waye e il suo settantiano Hammond ad aprire le danze per un brevissimo brano strumentale che serve solo a far partite in quarta la robusta e ritmata, “In My Blood”, arricchita da drammatiche armonie e sotto i colpi di un ritornello spinto da un ruffiano coro. Il fondatore e cantante Dave Hill canta con tonalità più basse ma molto bene come se il passare del tempo non lo avesse assolutamente scalfito. Lo slancio sonoro provocato dalla tastiera e dai riff stridenti dei chitarristi Cotterill e Hume è il preludio di un ottimo continuo con la successiva e ottantiana, “Face The Master”. Questo è il primo singolo guidato da un inquietante sezione ritmica e da tellurici e massicci riff di chitarra. L’ugola del vocalist si inasprisce seguendo l’andamento ipnotico e quasi oscuro della composizione che raggiunge l’apice negli assoli prolungati e al fulmicotone nella parte finale.
Se la cadenzata e pesante, “Ghosts From The Past”, non lascia il segno nonostante un refrain carino e tipicamente settantiano ma troppo ripetitivo; la successiva e positiva, “Beyond The Darkside”, mostra i Demon pestare l’acceleratore con un pezzo più veloce e coinvolgente che sa molto di Uriah Heep. La voce roca del frontman è entusiasmante sotto i colpi taglienti degli assoli chitarristici e dei soliti cori accompagnatori. “Hole In The Sky” ha invece una lunga e strana introduzione fatta di gente che parla con in sottofondo una leggera tastiera che lascia poi il posto a due chitarre elettriche aggressive. Queste, a tratti si interrompono, lasciando dei momenti atmosferici riempiti solo dal tenebroso cantato di Hill. Sembra di sentire i mitici Black Sabbath, ma la pecca del pezzo è la lunghezza e la ripetitività che alla lunga annoiano. Peccato perché il sound è veramente oscuro, cupo e da far paura grazie al vorticoso e trascinante organo del bravissimo Karl che gradualmente aumenta la tensione nell’ascoltatore. L’intermittente suono del pianoforte immette nella commerciale e tradizionale, “Break The Spell” che prende le sue origini dagli anni ’60 crescendo poi d’intensità, sfociando in una succulenta e melodicissima armonia. La picchiatrice e sinistra, “Rise Up,” spezza la semplicità e la tranquillità ascoltata prima per via di una possente linea di basso e di distorti riff chitarristici tenuti a bada solo da un super orecchiabile ritornello e dai soliti cori di base.
La title track è una vera e propria marcia militare verso l’inferno che fa venire i brividi in tutto il corpo, già dalle prime note, per la sua fantastica energia. Il sound portentoso delle due spigolose e ripetitive sei corde elettriche, accompagnate dalla bassissima e roca ugola di Hill, fanno si che questa sia la canzone più dura ed epica di tutta la set list. Dopo l’ascolto di questa traccia ci si sente certamente più forti e trascinati a combattere le battaglie quotidiane della vita con più vigore e più coraggio. Colpisce poi il preoccupante e puerile carillon infantile per l’intro e la chiusura di “Cradle To The Grave”, che in principio sembra la colonna sonora di un film horror ma che poi prende però la direzione di un rock melodico dalle venature progressive. Qui spicca un indovinato e accattivante ritornello che ne fan uno delle migliori canzoni dell’album. Song quindi lenta e inquietante, con l’organo Hammond e le chitarre ben allineate tra di loro. Con la penultima “Breaking The Silence” si torna all’hard rock tradizionale e ottantiano degli americani Whitesnake. I riverberanti riff chitarristici sono il fiore all’occhiello di una band che sembra essersi fermata tra gli anni ’70 e gli ’80 ma che ama sperimentare nei vorticosi cambi di tempo e di sound che infarciscono l’intera traccia. Insomma, riescono ad introdurre bene quegli elementi prog, grazie ai meravigliosi passaggi della keyboard, che rendono il combo in certi momenti sorprendente e creativo, anche se poco originale. L’ultima e stupenda, “Forever Seventeen”, è una semi ballata che con le sue sottili armonie e il suo riflessivo refrain immette nel mondo nostalgico e melodico dei Demon. Le corde vocali di Dave Hill sembrano quelle dei tempi migliori dello statunitense David Coverdale, perché nella loro pacatezza e profondità forniscono conforto, nostalgia e ricordi di un meraviglioso passato di vita.
In effetti è proprio questo che deve evocare la buona musica e i britannici ci riescono veramente bene. Invincible non è poi così “invincibile” da far fare quel definitivo salto di qualità ad un gruppo lontano ancora dai capisaldi del genere come i Magnum e gli Uriah Heep. Gli artisti pur essendo bravi ed esperti danno la sensazione, dopo l’ascolto finale del platter, di aver già sentito queste melodie e sinceramente solo alcune tracce lasciano un’impressione particolare. Peccato perché Dave è un cantante molto carismatico e dalla voce unica, che riesce ad entrare nel profondo dei cuori e delle anime di chi lo sente.