EVENTIDE – Waterline

Titolo: Waterline
Autore: Eventide
Nazione: Francia
Genere: Prog Ambient
Anno: 2024
Etichetta: Aesthetic Death

Formazione:

AG: sintetizzatori analogici e digitali, batteria, elettroniche, effetti
LB: chitarra, basso, pianoforte elettrico, sintetizzatore modulare, effetti
PB: saxofono, voce


Tracce:

01.   Eventide
02.   Waterline
03.   Adrift
04.   Sphere


Voto del redattore HMW: 7,5/10
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Considerati i nomi coinvolti, o dovremmo dire piuttosto le sigle, cosa ci si sarebbe dovuti aspettare se non un’opera densa di progressività ad ampio spettro e di multidimensionalità? I tre ragazzi altri non sono che gli stessi membri degli incredibili Epitaphe, formazione anch’essa di stanza all’Aesthetic Death, un gruppo dalle qualità compositive nulla meno che scintillanti (a questo indirizzo è possibile leggere cosa pensiamo di II, ad oggi il loro ultimo, memorabile exploit). Da quelle menti un po’ fuori asse – diciamocelo senza vergogna, i Francesi sono degli spostati almeno quanto i Finlandesi – hanno preso forma anche gli Eventide. Un nome, un programma.
Potranno anche suonare sotto altro nome, continuare a negarsi, ritirarsi nelle profondità della natura, ma come nascondere la propria complessità?

L’album è registrato quasi totalmente in presa diretta ed è frutto di improvvisazioni che definirei spirituali ancor prima che strumentali, vasali ancor prima che organiche; forti come sono di un palpabile ed irrecidibile cordone tra il dentro di sé ed il fuori da sé.

Waterline. La marea e l’acqua, i Dead Can Dance (“Eventide”), i Tuxedomoon meno obliqui, il rumorismo, gli Anathema di A Fine Day To Exit (“Waterline”), una progressione circolare di tastiera, sorda come un’arpa accarezzata dal fondale sabbioso (“Adrift”). Lo scorrimento di note liquide che ci si disperdono tra le dita. Una distesa nella quale smarrirsi e diluire le incrostazioni crudeli dei nostri giorni, nella quale mondare le striature delle nostre malefatte, delle nostre piccole e quotidiane ipocrisie. Nella quale decalcificare nervi e tendini, per rinvigorire le volontà sfiancate. Quanto è dolce – e spietato – questo sax, nello spaventevole orizzonte del greto! Infuso della brezza di un odioso ovest. Dolce come l’acqua che accarezza il pianoforte, come l’organo elettronico che canta della nostra stupida caducità con note tese da sponda a sponda. Spietato come le chitarre che deridono il tempo stesso, che raschiano i fondali e ci comprimono il petto ad una spanna dal trapasso.

È ancora acqua? O sono lacrime, quelle che mi segnano il viso nel deliquio di questa notte sbagliata?

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