SUNBOMB – Light Up The Sky

Titolo: Light Up The Sky
Autore: Sunbomb
Nazione: Stati Uniti D'America
Genere: Heavy Metal
Anno: 2024
Etichetta: Frontiers Records

Formazione:

Tracii Guns: chitarra ‎
Michael Sweet: voce ‎
Adam Hamilton: batteria ‎
Mitch Davis: basso


Tracce:

01. Unbreakable
02. Steel Hearts
03. In Grace We’ll Find Our Name
04. Light Up the Skies
05. Rewind
06. Scream Out Loud
07. Winds of Fate
08. Beyond the Odds
09. Reclaim the Light
10. Where We Belong
11. Setting the Sail


Voto del redattore HMW: 6/10
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L’alleanza musicale tra i due leggendari musicisti californiani Tracii Guns e Michael Sweet continua con il secondo album Light Up The Sky sempre tramite la nostra Frontiers Records, che continua a sostenere una band creata a tavolino solo per fini commerciali. Lo scopo dei Sunbomb è proporre un suono anni ’80, tipico di leggendari gruppi metal classici come i Black Sabbath, Dio e i Judas Priest. Insomma i migliori sulla piazza a quel tempo! Come nel debutto il sound è qui ancora robusto e molto metal ma dove non vedo ancora al meglio l’ugola di Michael. Non fraintendetemi, Sweet è come sempre formidabile ma nonostante, negli ultimi anni, egli abbia appesantito il suono dei suoi Stryper non lo sento a suo agio su un opera che musicalmente scimmiotta a destra e manca gli stili di gruppi storici del passato senza aggiungere niente di diverso. La formazione è quindi la stessa, con l’amico dei L.A. Guns, Adam Hamilton alla batteria, che registra e mixa l’album, e Mitch Davis al basso.

Riguardo a Light Up The Sky, Michael afferma: “Sono sempre onorato di far parte di un progetto come questo. Questo album porta la Sunbomb ad un altro livello con canzoni killer e un’energia straordinaria. Tracii ha davvero creato ottimi riff e mi ha messo nelle condizioni di  inventare melodie che si adattassero ad ogni canzone. È diversa ma allo stesso tempo familiare nel migliore dei modi. Siamo molto fortunati a lavorare con un’etichetta che crede ancora nella migliore musica del mondo: il rock!”.

Sweet è quasi perfetto nella sua descrizione ma purtroppo il progetto non sale di livello, anzi rimane invariato perché  nonostante tutte le tracce siano crude, furiose e di puro e tradizionale metal  non riescono a incuriosire e ad entrare facilmente in mente. L’iniziale e martellante, “Unbreakable” inizia con riff di chitarra elettrica degni del miglior Tony Iommi per proseguire con vibranti rallentamenti e accelerazioni  che creano una particolare e piacevole atmosfera in cui l’ugola di Michael sguazza confondendosi con quella del compianto  Dio. Bello inizio, che sembra proseguire dopo nel groove crudo e schietto di “Steel Hearts”; in realtà un pò troppo monotono ma esaltato dagli ululati possenti  del singer e dall’assolo chitarristico orientaleggiante del chitarrista americano. Nella sdolcinata e oscura title track il cantante Sweet, abbassando la sua timbrica, da il meglio di sé lanciando anche acuti pazzeschi che ben si adattano ai suoni massicci e squillanti della traccia influenzata dall’ex Sabbat: Ronnie James Dio. Anche la successiva e potente “Rewind” merita rispetto e attenzione per via della sua tagliente musicalità che prende spunto dalla vecchia scuola  ottantiana dell’heavy metal culminante poi in un ritornello dal gusto glam made in Los Angeles. Segnalo la veloce e Priestiana, “Scream Out Loud”, dove Michael eccelle di nuovo ma lo stesso si può dire pure per i riff taglienti e rapidi sfornati dalla sei corde elettrica di Tracii. Quello che piace, nonostante l’assenza di originalità, è il lavoro  di Guns perchè  mette a ferro e fuoco la sua fedele chitarra portandola facilmente a suonare dal metal al blues. Un altro momento saliente è la trascinante e velocissima, “Beyond The Odds”, guidata da riff duri e ripetitivi , una sezione ritmica infernale e da un’aspra tonalità vocale che calza a pennello su un pezzo uscito dai mitici eighties. Ovviamente le canzoni hanno tutte qualcosa di familiare perché sembrano già sentite ma l’esecuzione strumentale e vocale attenua questo senso di poca creatività. Ne è un esempio la ruggente e orientaleggiante, “Reclaim The Light”.  Probabilmente l’unico brano che rimane alla fine in mente è la ballata acustica, “Where We Belong“, dove le pacate e pulite corde vocali del frontman statunitense prendono prepotentemente la scena con acuti straordinari, accompagnate poi da una leggera chitarra che si esalta, nella parte centrale, solo nel breve e intenso assolo chitarristico del guitar hero californiano. Il rock and blues di “Setting The Sail” chiude sufficientemente un disco non partito bene con i favori dei pronostici. Qui i riff chitarristici sono molto intensi, melodici e raggiungono l’apice nello straordinario e grintoso assolo di Tracii e nella tellurica sezione ritmica di Mitch Davis e di Adam Hamilton. In conclusione,  Light Up The Sky è un omaggio alle fondamenta metal del passato ma è anche un disco spudoratamente antiquato e con poche idee. Addirittura, dopo l’ascolto viene voglia di recuperare i lavori discografici dei due artisti nelle loro band di appartenenza, per sentire lo stile e il suono unico che li ha resi famosi in tutto il mondo.

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