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Dovuta premessa: i The Lord Weird Slough Feg sono un gruppo importante per chi ha condiviso lo spazio di questa recensione. Chiaramente non c’è stato contatto e nemmeno scambio di pareri preventivo, infatti la conclusione non è univoca, anzi, a ben vedere è discordante.
Abbiamo probabilmente appreso l’uno dall’altro qualche particolare in merito a questa raccolta che ci era sfuggito, anche questo è il “bello della diretta”.
In ritardo rispetto all’uscita ufficiale (comunque inferiore a quello mentale di certi italici generali), eccovi la nostra breve panoramica su Radical Man, volutamente non valutata per la sua natura e contenuto. Buona lettura.
Recensione scritta da Pol e da Lorenzo “Caotico” Castiglioni
[Pol] Salivazione ai massimi storici: leggi il nome Slough Feg, scende una lacrimuccia perché sono di nuovo The Lord Weird (invero dal precedente The New Organon) – di seguito TLWSF per semplicità – casca la mascella perché pregusta da subito la nuova “crimsoniana osservazione” di Mike Scalzi, ma il fuoco si spegne un minimo visto che, con Radical Man, si parla di una raccolta di materiale di fine anni 80, inizio anni 90, gli albori del gruppo. La Nameless Grave Records tiene, a ragion veduta, a farci sapere che Scalzi ricorda quanto partorito in quegli anni con grande considerazione, un periodo particolarmente proficuo per uno dei tanti eroi sotterranei del nostro genere.
Poco male, dalle parti di chi scrive manca completamente una prospettiva in merito a ciò che è venuto prima di Twilight Of The Idols, per via di costi non sempre accessibili/accettabili per qualsiasi edizione fisica del debutto dei TLWSF, quindi è comparabile ad una totale novità.
Non tutti i brani che compongono questa raccolta sono poi stati ripresi nell’omonimo debutto, ad onor di cronaca giusto un paio (“The Red Branch” e “Highway Corsair”), uno sul successivo Twilight Of The Idols (“High Season II”) ed uno addirittura nell’ultimo New Organon (“Headhunter”), gli altri sono alla stregua di debuttanti, ma di certo non allo sbaraglio.
Il “lato oscuro” del quartetto viene alla luce, la componente folk è sempre in agguato (ascoltare “The Red Branch” per intenderci), ma nella presente raccolta è maggiormente asservita al metallico pugno in faccia che non manca mai di palesarsi fra le wishboniane armonie delle due chitarre. Tutti i brani danno l’idea di essere stati suonati dal vivo in studio con qualche sovra incisione successiva (la voce), ma sono supposizioni; stesso discorso per l’esecuzione, con quel sentore di “buona la prima” che risulta fantascienza oggidì (copia-incolla-copia-incolla-copia-incolla ecc.), prodotti perfetti nella forma a scapito di una genuina spontaneità.
Se i corsari vi verranno in mente maggiormente ascoltando “High Season I” ed “High Season II” che “High Corsair”, ci penserà “The Room” a trascinare la vostra mente verso oriente, mentre la settantiana traccia omonima della raccolta si paleserà quale dichiarazione d’amore imperituro verso gli albori del genere.
Non sono lontani i futuri lavori, per chi ha divorato Down Among The Deadman e Traveller non sarà difficile trovarne peculiarità in comune che, lasciatelo dire, hanno reso la musica dei TLWSF unica.
Ma quindi vale la pena recuperare Radical Man? La risposta è affermativa, e non solo per i sostenitori più accaniti del cornuto re delle dune sabbiose… ed ora largo al nostro Caotico ed alle sue metafore per questa grandiosa formazione per la quale il rispetto e la devozione sono condivisi in pieno!
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[Caotico] L’ortodossia è la stretta adesione ai principi di una determinata corrente; in ambito metal questo aggettivo lo si può cucire addosso ai The Lord Weird Slough Feg. Essendo così impermeabile alle mode la scatola sonora creata da Michael Scalzi da chi non piace, viene derubricata come un accrocchio di sottogeneri mentre da chi piace, è definita come un sincero innesto di heavy metal tradizione, NWOBHM, hard rock settantiano e folk irlandese. Radical Man della Nameless Grave Records non è il successore di New Organon ma è un’antologia di demo di canzoni conosciute dai fans e già nel 2002 la The Miskatonic Foundation aveva ripubblicato il disco di debutto del gruppo californiano inserendo i primi sei pezzi di questa raccolta; la vera chicca del prodotto è quindi l’inedita “Radical Man”.
La copertina è un disegno a mano libera di Mike Scalzi creata per uno spettacolo nel 1990, disegno sicuramente particolare di un volto arcigno ma dal loggione qualcuno potrebbe mormorare che con 30.000 lire il suo falegname lo faceva meglio.
Se dovessi spiegare ad un bonzo della Cambogia come suonano i The Lord Weird Slough Feg, farei ascoltare “The Mask” per la sua labirintica composizione piena di scale, cambi di tempo, un cantato che si identifica con la lirica ed il tutto con l’aggiunta di cimmerici intermezzi che riprendono il tema di Conan il barbaro. Le sempreverdi “High Season I” e “High Season II” rispetto alle versioni presenti sugli album Down Among the Deadmen e Twilight of the Idols mi appaiono con un suono meno edulcorato e apprezzo la scelta di renderle consecutive per coglierne a fondo lo spirito. Segue “The Red Branch” che per tre quarti mi ha sempre fatto pensare ad una canzonetta da festa della birra (si salva giusto nel finale) e ritrovarmela in questa compilation non me la rende più simpatica. Adoro quando il professore in filosofia Scalzi scrive canzoni come “The Room” (datata 1992) che sa essere disperatamente tetra, sa risultare un’interessante commistione di assoli e sa far saltare tutti i dolmen del Leinster per la sua non linearità nel ritmo; oltre a ciò “The Room” è molto interessante poichè non è mai apparsa in nessun precedente album. Gli abitanti del pianeta Terra avevano già ascoltato “Headhunter” su New Organon e conferma quanto già pensato cinque anni fa: pezzo dall’altissimo valore musicale ma a cui manca un ritornello efficace. “Highway Corsair” è una canzone senza troppe pretese molto corta, immediata e che corre veloce. Si chiude il cerchio con l’inedita “Radical Man” che non ingrana nella prima metà causa un testo un po’ stantio, ma ha invece la brillantezza dell’Orsa Maggiore nella seconda parte per merito degli strumenti con le corde.
Sarà che sto aspettando del loro materiale nuovo da un lustro ma questo Radical Man non credo verrà nominato nel discorso di Mattarella di Capodanno. Vero che l’edizione della Miskatonic Foundation del 2002 è praticamente ormai introvabile e però in un mercato musicale sempre più difficile mi aspettavo qualcosa meno dall’hollywoodiano sapor remake (mi piace pensare non sia stata una mera operazione commerciale per spillare soldi ai fan) e invece con maggiori contenuti inediti.
Interessante ma non necessario.