JON ANDERSON & THE BAND GEEKS – True

Titolo: True
Autore: Jon Anderson & The Band Geeks
Nazione: Gran Bretagna
Genere: Progressive Rock
Anno: 2024
Etichetta: Frontiers Records

Formazione:

Jon Anderson: voce

Richie Castellano: basso, chitarra, tastiera e voce

Andy Ascolese: batteria, percussioni, tastiera e voce

Andy Graziano: chitarra e voce

Christopher Clark: tastiera

Robert Kipp: organo Hammond e voce

Ann Marie Nacchio: voce aggiuntiva


Tracce:

01. True Messenger

02. Shine On

03. Counties And Countries

04. Build Me An Ocean

05. Still A Friend

06. Make It Right

07. Realization Part Two

08. Once Upon A Dream

09. Thank God


Voto del redattore HMW: 8/10
Voto dei lettori: 7.5/10
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Jon Anderson negli ultimi anni non ha mai perso l’occasione di mandare a quel paese ciò che rimane degli attuali Yes. Naturalmente in modo garbato e in stile british sapendo benissimo che sputare nel piatto dove si è mangiato per tanti anni non è una cosa carina. Adesso il cantautore britannico, dopo varie promesse e dopo il tour con i The Band Geeks pubblica un album con quest’ultimi offrendo ai propri fan un mix di composizioni tradizionali e contemporanee scritte dallo stesso artista e dal bassista, chitarrista, tastierista e cantante Richie Castellano (The Band Geeks, Blue Öyster Cult). La collaborazione con quest’ultimo musicista è iniziata quando ad Anderson è stato inviato un video del gruppo che suonava “Heart Of The Sunrise”. L’inglese è rimasto così colpito che si è presto unito con loro in un mini-tour suonando così i classici degli Yes. Oggi il cantante britannico a 79 anni suonati è ancora in forma, non come i primi anni di carriera ma sempre con una voce pulita e potente che ha accompagnato i suoi lavori solisti e la musica della mitica vecchia band.

Non sappiamo se questo progetto proseguirà perché il cantautore anglosassone è sempre stato lunatico e poco coerente ma nell’immediato, ascoltando l’album, si nota un ritorno alle origini. Basta sentire le due epiche gemme del disco: “Counties And Countries” della durata di quasi dieci minuti e “Once Upon A Dream” di sedici minuti e mezzo per rendersi conto come le sue remore nel proporre, nei suoi lavori solisti, la musica degli Yes siano finalmente cadute. La prima inizia con una maestosa introduzione strumentale fatta di un miscuglio di prog-tastieristico ricco di sintetizzatori e chitarra classica ed elettrica che si sviluppa fino alla melodia principale molto melodica e piacevole, grazie anche alla pulita e morbida ugola di Jon. I vari passaggi sonori sono proprio quelli degli Yes, accompagnati dal piano e da eccezionali cori. Nell’occasione, bello ed emozionante anche l’assolo chitarristico di Andy Graziano. La seconda è puro e vero proprio prog tipico del vasto catalogo degli Yes. I numerosi cambi di tempo e di umore del pezzo portano l’ascoltatore in un vortice di emozioni. Lo stesso vale per le corde vocali del singer e per la melodia molto vivace che si lega bene alle varie fasi e a volte complesse della traccia. Il finale volteggia poi tra parti vocali, cori, effetti tastieristici da brividi e riff di chitarra acustica ed elettrica, creando poi un’atmosfera malinconica con il pianoforte. La sezione ritmica guida brillantemente, proprio in chiusura, un formidabile e ammaliante Hammond sovrastato solo dagli assoli chitarristici e dalla convincente e passionale voce dello scatenato Anderson. Solo queste due song valgono il costo del disco e potrei sinceramente chiudere qui la recensione perché la restante set list è all’altezza del personaggio.

Penso all’iniziale, “True Messenger”, che parte in quarta con una chitarra classica, l’ugola passionale del frontman e il solito Hammond settantiano che tira le fila sonore del brano. Questo però non è solo un prog ottantiano ma anzi è una miscela con il progressive moderno che serve da biglietto da visita di ciò che si udirà in seguito. Naturalmente il marchio di fabbrica dell’ex e famosa band è presente e si fonde benissimo con sonorità più attuali, come nel caso della successiva “Shine On”, primo singolo dell’opera. Qui il viaggio sonoro del gruppo è accompagnato da alternati cori e da grandi linee di basso supportate da una ritmata batteria, da riff arpeggiati di chitarra e dall’insostituibile tastiera. Canzone molto melodica, semplice e più commerciale del lotto ma sempre intricata con tanti cambi di tempo che creano momenti ambientali molto intimi e spirituali. A questo punto il gruppo tira il freno a mano mostrando il proprio lato romantico con un meraviglioso pianoforte, chitarre dal suono spagnolo e l’inconfondibile e passionale ugola di Jon che trasportano in terre lontane e pacifiche. Questa è “Build Me An Ocean”, un lento breve e fine dal ritmo blando che porta a sognare ad occhi aperti. Dopo questa pausa si passa alla cadenzata “Still A Friend”, che ricorda lo stile dei nostri leggendari PFM (Premiata Forneria Marconi). Pezzo funk/rock molto divertente e vivace dove Anderson dà il meglio di sé facendo venire la pelle d’oca per la sua bellissima interpretazione.

Nella cupa e triste “Make It Right” l’armonia del brano è sostenuta dalla sei corde acustica e dalla timbrica melodica di Jon accompagnato da cori gospel, da uno splendido assolo di electric guitar e da elementi orchestrali. Segue, “Realization”, che è praticamente la seconda parte della traccia precedente, che al contrario si trasforma in una allegra canzone acustica con tantissime percussioni e linee di basso. L’unica pecca della song è il continuare puntare ai cori ecclesiastici e a proporre un arrangiamento afro-tribale che c’entra poco con il contesto generale. La chiusura è affidata alla stupenda ballata, “Thank God”, un semplice ringraziamento alla premurosa e fedele moglie che ha aiutato Jon nei suoi vari problemi di salute. I Band Geeks intonano magnificamente e soavemente l’arrangiamento orchestrale che rende questo lento divino ed emozionante. In generale la produzione e il mixaggio sono eccellenti anche se prediligono giustamente e comprensibilmente la voce dell’intramontabile Anderson. Con il sofisticato True il passato e il futuro sono uniti e coesi ricordandoci i bei tempi degli Yes che ancora oggi, per fortuna, non mollano la presa.

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