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Gli svedesi Eclipse tornano con questo nuovo Megalomanium II, e lo fanno con il botto. Il fatto che abbia lasciato praticamente per giorni il disco a girare in loop penso sia una chiara dimostrazione di quanto sia godibile.
La band capitanata da Erik Mårtensson, attiva dal 1999, penso non abbia bisogno di grandi presentazioni: in questo loro ultimo lavoro viene proposto quello che rientra nelle loro corde, quindi non aspettatevi nulla di “diverso”. E meno male, aggiungo.
Quello che proprio mi piace in questa band è la capacità di costruire un disco ben bilanciato relativamente a due principali aspetti: il primo, quello di trovare il giusto equilibrio fra pezzi più animati e pezzi più tranquilli (come la power ballad “To Say Goodbye” e la decisamente “strappa mutande” “Dive Into You”) con una sapiente alternanza lungo la setlist, brani tutti legati dal filo conduttore di essere radio friendly, possedere melodie estremamente orecchiabili (“Until The War Is Over”) e ritornelli decisamente piacioni (“Falling To My Knees”); secondo, la capacità di coniugare nello stesso lavoro brani dal sapore ’80 (si pensi alla opener “Apocalypse Blues”) a pezzi dalle sonorità decisamente più moderne, tant’è che un brano come “Spark” (uno dei singoli) potrebbe partecipare e vincere all’Eurovision Contest (e sia chiaro, lo dico come cosa positiva, e senza ironia!) perché è fresco, è coinvolgente- come tutto il disco, a ben vedere- ma è anche rock, con decisamente un bel tiro.
C’è anche spazio per dei brani al limite del pop/punk rock (come la divertente “All I want”, e “Pieces”) che dal mio punto di vista strizzano l’occhi al mercato statunitense, oltre a qualcosa di più pesante come “Divide & Conquer” e la conclusiva “One In A Million”.
I miei prezzi preferiti sono “Still My Hero”, caratterizzato da una prova molto emozionale di Erik, e “Apocalypse Blues”, entrambi fissi nella mia testa da settimane (sono questi, altri due singoli scelti – a ragione, direi – per promuovere il disco).
Il disco è ben suonato (tanto di cappello al lavoro di Magnus alla 6 corde, mi è proprio piaciuto), ed è composto da quelli che potrebbero essere tranquillamente 11 potenziali singoli. La produzione è decisamente buona ma, devo essere sincero, suona come molti, troppi dischi recenti.
Unica pecca di questo lavoro, se devo trovarne una, è la sua durata: poco meno di 40 minuti rischiano di lasciarci “insoddisfatti”. We want more, urleremmo ad un concerto …
La energia della band, che dal vivo merita assolutamente di essere vista almeno una volta, trasuda anche in questo disco che, sono sicuro, non vi deluderà.
Proprio bello!