Oltre la sfera del Suono – Belphegor + Nile – Audiodrome


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Qualche avvisaglia ci fu verso il termine della passata Primavera ma è con questo inizio di Autunno che le carte si scoprono: al mitico Audiodrome di Moncalieri riprendono con vigore le serate Heavy Metal come non si vedeva ormai da qualche anno!

Il locale in questione vide cessare la sua proposta improntata sui generi duri a causa dell’insorgere della pandemia per poi ritornare in voga nel successivo triennio con un’offerta pressochè totalmente dedicata alla musica da club quale Techno e House. Fra l’altro con delle seratone assiduamente frequentate dal sottoscritto, ma quella è un’altra (brutta) storia.

Dicevamo… la nuova stagione si apre con un trittico di eventi da panico, due dei quali sono recensiti in questo articolo che ho deciso di proporvi doppio per via della vicinanza delle date, medesima località e stessa organizzazione, affidata agli amici di ERock Productions. Stiamo parlando della serata con i Belphegor, Malevolent Creation e Confess, svoltasi il 19 Settembre e di quella con Nile, Intrepid, Monastery e Hideous Divinity del 24 di Settembre. Nella speranza di raccontarvi anche di quella del prossimo 6 Ottobre con i Rotting Christ.

Insomma, nomi altisonanti che stanno avvicinando piano piano la mia Torino al livello di qualità e quantità che solo un polo fondamentale come Milano sembrava in grado di offrire in maniera quasi monopolizzante da molti anni. Nulla da invidiare come offerta e nemmeno come traffico. Già, visto che sia alla prima che alla seconda occasione arrivare all’apertura cancelli è impresa utopica soprattutto fuoriuscendo dal centro cittadino. Nel caso voleste spingervi fino al locale arrivando da fuori, lo troverete comodamente situato a pochi minuti dalle uscite autostradali di Torino Sud.

Per (s)fortuna Giovedì 19 Settembre i Monument Of Misanthropy hanno dato forfait in apertura spostando di quanto bastava l’orario di avvio delle danze consentendomi di scavallare la tentacolare capitale sabauda e arrivare puntuale per l’esibizione dei Confess. La band è nota, oltre che per la qualità della propria musica, dura e carica di groove, anche per essere passata alle cronache a causa della fuga in Norvegia dal paese di origine, l’Iran, nel quale furono aspramente condannati per le loro posizioni anti-religiose. Stasera li troviamo in grande forma e con una presenza sul palcoscenico navigata, soprattutto per quanto riguarda la figura del bassista Edvard Sundquist che non si risparmia e tra un brano e l’atro fomenta la piccola folla che si è già venuta a creare, scendendo anche nel pubblico a mostrare le proprie doti (e la portata del proprio jack in Bluetooth). A conti fatti l’esibizione dei Confess risulterà probabilmente quella più riuscita in termini di suoni che per il resto della serata non risulteranno ben definiti, danneggiando in parte le successive.

A partire da quella dei maestri a stelle e strisce Malevolent Creation che arrivano in città con un carico di cattiveria equiparabile al grado di capacità agli strumenti. Il loro Death metal a tratti old school e a tratti molto tecnico avrebbe meritato maggior attenzione acustica ma di fatto la temperatura inizia ad alzarsi di molto quando sotto il palco scattano i primi parapiglia. La band di Phil Fasciana e soci mette in mostra un set di circa un’ora condito con brani estratti da tutta la propria discografia, chiudendo con una durissima “Blood Brothers” che mi ha lasciato sbigottito quando nel ritornello il cantante e chitarrista Lee Wollenschlaeger si è messo a sbraitare suonando in tapping la propria parte. Che classe questi signori del Death metal!

Le luci blu che hanno caratterizzato l’intero concerto – precludendomi la possibilità di offrirvi foto migliori – finalmente si dimostrano sensate quando giunge il momento di creare l’atmosfera alla band principale di serata: gli austriaci Belphegor! Il pubblico è caloroso e si esalta durante la prova dei blasfemi blackster i quali condiscono il tutto con calici di incenso dati alle fiamme, immancabili croci rovesciate, teschi di caproni – sempre dati alle fiamme – e brani che in molti conoscono e cantano insieme al cantante Helmuth, in ottima forma anche grazie alle poderose golate di Jack Daniel’s che intervallano le canzoni presentate soprattutto dall’ultimo disco The Devils, motivo del tour europeo che ha toccato la penisola nei giorni seguenti in altre località.

A prescindere dai gusti personali, i Belphegor hanno offerto una serata attesa da molti che è servita a calibrare il tiro in fase di scelta di luci e di suoni, riscaldando adeguatamente l’Audiodrome in vista di Martedì 24!

Purtroppo come accennato in precedenza la fila di macchine in fuoriuscita dal centro in direzione Moncalieri mi ha precluso la possibilità di arrivare in tempo a gustarmi l’esibizione dei Monastery perciò auspico di poterlo fare in futuro data l’interessante proposta discografica che ben ha calzato come apertura di giornata con il proprio Death metal scevro da compromessi e arcigno. La consolazione arriva però immediatamente grazie agli estoni Inteprid, sorprendenti sotto tutti i punti di vista. Le loro canzoni coniugano alla grande il gusto per il Death tecnico quanto per le accelerazioni Thrash/Death con intermezzi breakdown spezza collo, il tutto unito ad una verve compositiva di alto livello e che aiuta a rendere i brani immediati all’ascolto e comprensibili senza fatica. L’esibizione è carica di tensione e il pubblico – più numeroso oggi nonostante il Martedì non sia classicamente un giorno festaiolo – rompe subito gli indugi facendosi corposo sotto il palco. Grazie ad un assetto luci più favorevole, con il classico rosso sangue spesso indicativo del Death metal, riusciamo a notare molti più dettagli quali ad esempio la peculiare impostazione del chitarrista solista Simo Atso in grado di suonare la chitarra destrorsa girandola al contrario ma senza invertire il senso delle corde e lasciando perciò le corde gravi rivolte verso il basso e quelle più alte in alto, modalità che gli conferisce una propensione al riffing tutta unica e a sé stante. Che bellezza queste uscite dai canoni!

C’è giusto il tempo di rifiatare nella zona all’aperto del locale dove per l’occasione sono state anche disposte delle panche e un carretto di cibo da strada con alcune specialità per gli affamati, situazione inusuale per l’audiodrome per sua impostazione tipica, prima di rigettarci nell’oscurità che i romani Hideous Divinity riescono ad evocare con il loro sound tanto tecnico, pieno di cambi tempo e dinamica, quanto feroce e belligerante. L’occasione per il loro ritorno dopo svariati anni a Torino perviene grazie alla pubblicazione recente del quinto disco in studio Unextinct e dal quale vengono estratti alcuni brani da presentare quest’oggi. L’effetto è assicurato e all’interno della sala, un po’ più composta rispetto ad altre venue locali, partono i primi poghi che fanno scaturire una certa emozione nel cantante Enrico Di Lorenzo, non solo abile al microfono, ma anche e soprattutto come intrattenitore indomito. Prestazione di alto livello da parte dei quattro musicisti che ben introduce la band principale del concerto…

I famigerati ed eccezionali Nile sono ormai pronti e accompagnati da alcuni arabeschi chitarristici registrati in traccia salgono finalmente sul palco. Inizia così un set che vedrà gli astanti attoniti dalle prodezze strumentali presentate per più di un’ora ad altissima intensità. Attraverso una crociera che spazia attraverso la loro discografia, la band di Karl Sanders e soci annichilisce chiunque in termini di compattezza sonora e virtuosismo puro applicato a forma canzone. Proprio il biondo e massiccio membro fondatore, tra un cambio di 6 e 7 corde e l’altro, mostra una forma invidiabile allo strumento agitando emotivamente i più avvezzi all’osservazione della tecnica pura. Fattore da me ignorato è la suddivisione delle parti canore in segmenti uguali, laddove anche il bassista Dan Vadim Von – già membro dei Morbid Angel – e il secondo chitarrista Zach Jeter si pongono impetuosi al microfono a sbraitare delle aberrazioni egizie fondamentali del concetto stesso della band. Alle pelli si ponga ancora il fenomenale George Kollias il quale suona – letteralmente – ad occhi chiusi su un rack di strumenti talmente numeroso da dover ricorrere ad un pallottoliere per contarli ed il gioco è fatto. Estratti dagli ultimi Vile Nilotic Rites e dal recentissimo The Underworld Awaits Us All alzano l’asticella ad un punto tale che soltanto i classici come “Sarcophagus” e la conclusiva “Black Seeds of Vengeance”, cantata da tutti in coro, possono superare.

Che dire… la fortuna di assistere a due serate così intense e rilevanti all’interno del contesto Heavy Metal è cosa rara e il piacere di poterlo fare nella mia città alimenta ancora di più il piacere provato dal varcare le soglie dell’Audiodrome in tali occasioni. E per ricollegarmi al titolo, frutto di una semi-citazione ad un classico del cinema apocalittico (il Matto Max vi dice qualcosa?) non vediamo l’ora di spingerci nuovamente “Oltre la sfera del Suono”!

 

 

 

 

FOTO MARTED’ 19

 

FOTO MARTEDì 24

 

 

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