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Lo ammetto: sono mesi che aspettavo questo disco; da subito sono rimasto intrigato da questo nuovo super gruppo scandinavo che ha scelto il monicker di Cemetery Skyline.
L’attesa è valsa la pena e, onestamente, solo l’idea di sentire un disco completamente cantato in pulito da Mikael Stanne …beh, non è una cosa da tutti i giorni. Si aggiunga la presenza di Vesa Ranta (dei miei amati e indimenticabili Sentenced) alla batteria e Santeri Kallio (Amorphis) alle tastiere e abbiamo riunito membri di tre dei miei gruppi preferiti in una nuova band. E per non farci mancare nulla, non vogliamo aggiungerci il bassista (Victor Brandt) dei Dimmu Borgir e il chitarrista di Insomnium e Omnium Gatherum (Markus Vahala)?
Ed è proprio la voce di Stanne che ci accompagna in questo Nordic Gothic, un viaggio composto da dieci intensi brani, una voce che si dimostra delicata, triste, affascinante, a tratti quasi sensuale (“The Coldest Heart”) e che forse, di quando in quando, avrei voluto sentire un pochino più aggressiva, senza passare al cantato in growl. Probabilmente è proprio questa scelta che rende la prova vocale ancora più interessante, perché in molte occasioni non arriva a fare quello che, memore e nostalgico di antiche melodie, ci si aspetterebbe.
La band propone un gothic rock/metal molto piacevole (anche se gli stessi musicisti si definiscono ambasciatori di melodic, melancholic and dark rock) ed orecchiabile (un buon riassunto del cammino tracciato è la opener “Torn Away”, ma anche “Anomalie”) con passaggi al limite del commerciale (“Never Look Back”), ritornelli facilmente assimilabili e brevi incursioni caratterizzate da sonorità più pesanti (si pensi alla seconda parte di “Behind The Lie”). Se da un lato possiamo sentire influenze di Sentenced, Amorphis, To/Die/For e Paradise Lost, dall’altra ci sono delle parti più peculiari che mi hanno fatto pensare anche ai The Doors e ai Type O Negative – come atmosfere. La delicata “When The Silence Speaks” ha una intro degna di una colonna sonora e ha la qualità di riuscire a trovare l’equilibrio fra un pezzo melanconico ed epico. Infine una parola va spesa per la conclusiva “Alone Together” che si differenzia dalle altre per la lunghezza (oltre sette minuti e mezzo) e per le maggiori sfaccettature, comprese delle parti di ampio respiro, che sono permesse proprio dalla durata del pezzo. Anche per questo, risulta fra le mie preferite insieme al primo singolo “Violent Storm”, scelto per presentarci questo nuovo progetto, e la splendida “In Darkness” che mi ritrovo a canticchiare da mesi …
Sono rimasto colpito piacevolmente dal lavoro di Vanhala alla sei corde, incisivo ma mai prepotente, sempre al servizio della struttura della canzone e delle melodie, riesce ugualmente a ritagliarsi dei momenti da protagonista, senza esagerare, dove lascia trasparire chiare molte influenze, molte delle quali spiccatamente nordiche. La sezione ritmica è diretta ed essenziale. Una garanzia. Le tastiere aggiungono quel tocco in più che innalza la proposta ai massimi livelli.
Il disco gira tutto bene: è diretto e melodico allo stesso tempo, ed è valorizzato da una ottima produzione che riesce a dar spazio a tutti gli strumenti. In particolare mi è molto piaciuto come riesce a far risaltare il suono del basso.
Un disco di cui avevamo bisogno per poter accompagnare i nostri momenti di lotta interiore, per poterci coccolare nell’oscurità.
Un lavoro sicuramente riuscito che merita assolutamente la vostra attenzione. Un HMW top album!