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Live @ Slaugther Club (Paderno Dugnano) – 10/11/2024
È una fredda e umida serata di novembre, quella che ci aspetta.
Lasciamo le nostre attività e io e il socio Lele Triton ci rechiamo in quel di Paderno Dugnano, allo Slaughter Club, con tante aspettative.
Perché questa sera si festeggiano i 40 anni dei RAGE!
All’orario di apertura (le 19.00) ci troviamo già in coda per il check tessera e, nonostante il freddo, troviamo già un capannello di persone in attesa.
Come spesso accade, già li si incontrano persone e amici e la chiacchiera è indicativa che sarà una bella serata.
All’ingresso stanno terminando il sound check i ragazzi dell’ultimo gruppo e, giusto il tempo di terminare la prima birra, è già il loro turno.
GIRISH AND THE CHRONICLES
Chi sono questi carneadi?
Francamente non li avevo mai sentiti nominare e l’impatto è interessante.
I ragazzi iniziano il concerto con riff graffianti e degli acuti del cantante chitarrista e ci guardiamo strabuzzando gli occhi contenti di ciò che stavamo sentendo.
La proposta di questa formazione proveniente dall’India, giunta al traguardo del terzo disco nel 2023, è un hard rock / metal molto energico e, di fatto, estremamente debitore a realtà come Guns n’ Roses oppure, e forse in maniera più evidente, agli Skid Row del periodo d’oro.
Per quanto l’impatto sia stato notevole, devo ammettere che con l’andare delle canzoni la noia arriva prima di quanto mi aspettassi.
Purtroppo la proposta è alquanto derivativa e si finisce spesso col pensare a questo o a quell’altro passaggio delle band menzionate o altre della scena limitrofa.
Scoprirò solo dopo che i Nostri avevano già avuto l’opportunità di aprire concerti, sia in patria che all’estero, per realtà molto conosciute e in contesti molto più “grossi”.
Inoltre il cantante è coinvolto con la nostrana Frontiers Records in un progetto dal nome The Nail.
Probabilmente un po’ forzato come gruppo d’apertura, più che altro perché la scena è oggettivamente molto lontana dalla proposta degli headliner.
Consiglio ai più curiosi un ascolto su disco.
“Si, in effetti non sono affatto male. Sound diretto e pezzi accattivanti. Concordo con i vari compari in ascolto che, alla lunga, non ricorderemo molto di questi brani: lunghi e con tonnellate di assoli che sembrano messi lì per fare vedere quanto siam bravi. La sensazione generale è che sia un pò tutto troppo costruito. Capisco che questi giovani possano avere davanti tonnellate di video e tutorial di quello che fa un musicista affermato sul palco, e che quindi siano preparati a gestire palchi ed eventi grossi, ma sia i movimenti che le espressioni sono tutte troppo perfette ed innaturali. A parte questo dettaglio trascurabile una bella scoperta, inaspettata; meritano sicuramente un ascolto approfondito” [Lele]
SECRET RULE
Dopo il tempo tecnico del cambio palco, arriva il momento dei nostrani Secret Rule. Altra realtà che, mio malgrado, non conoscevo.
La prova dei nostri parte un po’ più in sordina, però si nota, sin dal primissimo istante, il livello molto più professionale sia del gruppo che della produzione.
I Secret Rule arrivano al decimo anniversario nel 2024 e anche al traguardo dell’ottavo lavoro in studio con l’ultimo Uninverse del 2023.
La proposta è un metal sinfonico con cantante femminile, con diversi inserti di elettronica che però fungono prevalentemente da abbellimento e non sono mai troppo preponderanti, dove anche le orchestrazioni non sfociano mai nell’esagerato e sono sempre al servizio delle composizioni.
Canzoni che funzionano egregiamente.
Pur non incontrando il mio gusto personale (non sono per nulla fan di questa scena), devo dire che le canzoni mi hanno coinvolto più di quanto immaginassi e mentirei se non dicessi che tutti i brani proposti sono molto validi. La migliore qualità è riscontrabile nel confezionare ritornelli convincenti, freschi e cantabili al punto da risultare interessanti e stamparsi in testa con facilità. Un risultato notevole, vista la quantità di gruppi che affolla questa nicchia del nostro genere preferito, dove pullulano realtà che rischiano di essere il classico copia/incolla di proposte già sentite.
Positivi.
In generale, stessa riflessione che ho già fatto per il gruppo precedente: vedo poca attinenza con gli headliner Rage.
Sono due gruppi che navigano in acque simili ma diverse e trovo l’accoppiamento, anche qui, francamente un po’ forzato.
“Lascio parlare altri circa la prestazione dei Secret Rule; no, non è decisamente un genere ed uno stile che mi prende. Dopo pochi pezzi mi sono distratto, e fuori dal locale ho avuto modo di far due chiacchere con amici ed il simpaticissimo chitarrista dei Rage. Del resto andare ad un concerto con più band è anche questo, trovare il tempo per vedere gente e passare una bella serata, con la musica in sottofondo, nel caso non tutte le proposte incontrano il favore di chi ascolta.” [Lele]
RAGE
E venne finalmente il momento.
Con tedesca puntualità, Peavy e compagni salgono sul palco alle 21.30.
Ed è subito RAGE!
È sufficiente che leggiate la scaletta qui in calce per capire quanto sia stato un concerto speciale.
Quando le band devono festeggiare anniversari, inevitabilmente, finiscono per mettere in rotazione canzoni pescando da album vecchi (o anche molto vecchi in questo caso) e quindi non si sbaglia.
Si cercano ovviamente tutti i successi o le canzoni più riuscite e si propongono, intervallando qualche nuovo pezzo.
Così si apre con Cold Desire del nuovo Afterlifelines e si passa, dopo una toccata in terre non troppo antiche, subito ad un trittico terremotante dai primi anni ’90.
Che il nostro festeggiato sia in forma si era capito sin dal primo istante, ma devo dire che non mi aspettavo tanta energia.
Davvero sembra divertirsi sul palco, sia coi suoi compagni di questa eccezionale formazione a tre (Jean Bormann alla chitarra e Lucky Maniatopoulos alla batteria), sia col pubblico che interagisce e reagisce ai cori, al tenere il tempo e a tutto l’armamentario che fa divertire entrambe le parti a un concerto.
Si va quindi indietro nel tempo con Back In Time e Days of December, entrambe apprezzate e cantate da tutti.
Torniamo quindi in tempi più moderni e i nostri propongono due pezzi dagli ultimi album in cui già militava il buon Jean alla chitarra.
Menzione speciale per questo ragazzo che, oltre alle indubbie doti di chitarrista, sfoggia anche una notevole vena da frontman e spesso aizza il pubblico, si prende la scena, salta da un lato all’altro e non si tira indietro quando c’è da prendere il microfono e fare doppie voci da contraltare a Peavy oppure lanciarsi in qualche passaggio in growl.
Davvero ottimo.
Poi arriva un dittico incredibile, con Great Old Ones e End of All Days, personalmente tra le mie preferite del loro repertorio ed eseguite entrambe alla grande.
Con energia, sentimento e trasporto. Cosa non così ovvia dopo tutti questi anni di onorato servizio.
Si nota poco il buon Lucky dietro alle pelli, prevalentemente perché poco illuminato dall’impianto luci ed è veramente un peccato, perché la sua prova è maiuscola. Energica e vigorosa, anche visivamente si distingue per passaggi funambolici e divertenti da vedere.
Dopo un ultimo passaggio sull’ultimo lavoro con Under a Black Crown, arriva la mitica Don’t Fear the Winter.
Il pezzo è inutile descrivervelo, ma non posso fare a meno di notare che questa canzone, più di altre, perda un po’ di brillantezza con l’abbassamento di tonalità. D’altra parte, il caro Peavy non può certo tenere i registri di 35/40 anni fa, gliene si dà atto, pertanto abbassare di un tono o più le canzoni è una pratica dignitosa (lo fanno da anni anche grandissimi nomi della scena), però devo dire che si sente la differenza.
Piccola pausa tecnica, tornano con altri due pezzi a chiusura.
Uno il preistorico Prayers of Steel proveniente dall’album che all’epoca usciva sotto il nome Avenger e l’altro il classico Higher Than The Sky.
Strana la scelta del primo (personalmente non me l’aspettavo) mentre ormai “classica” la scelta del secondo, perfetto per la chiusura, con i suoi inserti riarrangiati ottimi per far cantare e divertire il pubblico per il finale.
Gran serata, gran concerto, begli incontri e tanto entusiasmo per questi 40 anni dei Rage.
Una band che è sempre stata in grado di rinnovarsi, girando intorno alla grande (e forse ingombrante) figura del suo membro fondatore, cambiando stili e musicisti, ma sempre capaci di rimanere fedeli alla propria linea, alla propria storia. Dimostrando un amore per questo genere e questa musica non comuni, invecchiando in maniera consapevole e credibile (cosa che, ahimé, altre formazioni non sono state in grado di fare) offrendoci ancora oggi, dopo 40 anni, uno spettacolo notevole, dei dischi e delle canzoni ancora valide e coinvolgenti pur non inventando (ormai più) nulla.
C’è poco da appuntare a questa serata.
Grazie Rage.
“Che dire dei Rage?? Sono un potenza, una macchina ben avviata che, nonostante gli innumerevoli cambi di formazione, sono sempre la stessa band. Certo è facile quando a metterci la faccia (e la voce) c’è una persona carismatica come Peavy.
Riflettevamo che questa è la serata per onorare i 40 anni della band. Ma in effetti eravamo presenti anche per i 30 anni…
No aspetta, anche per i 20…
Alla fine salta fuori che ben prima di quando si festeggiavano gli anniversari abbiamo visto dal vivo i Rage. Loro ci son sempre stati, loro ci hanno sempre accompagnato tra Gods Of Metal e tour singoli. Una serata speciale, con un Peavy in gran forma e visibilmente emozionato per essere ancora su un palco davanti al pubblico italiano (che da sempre li ama). Unica pecca? Ne volevamo di più, molto di più. Ma del resto con una carriera come questa servirebbe un concerto da quattro ore.
Si torna a casa esaltati pensando che, per altri 40 anni, i Rage resteranno per noi una delle band migliori da vedere dal vivo.
Higher than the sky, we’re higher than the sky sky sky!!!” [Lele]
PS: Un appunto invece mi sento di farlo al pubblico. Agli assenti soprattutto.
Personalmente vidi i Rage per la prima volta nel 1997, al primissimo Gods Of Metal. Sono quasi 28 anni fa. Beh vedere uno Slaughter Club semivuoto l’ho trovato straniante.
Al di là dei gusti personali o di ogni altra considerazione artistica, mi chiedo se la motivazione sia il fatto che questo concerto si sia tenuto di domenica sera. Oppure se c’è altro (il costo non era propriamente “popolare”), però fatico a capire come sia possibile che in Italia sia così difficile vedere una serata del genere, con un anniversario importante, un gruppo in formissima, una scaletta riuscitissima, di fatto disertata per…?
Live @ Slaughter Club – 10/11/2024
- Cold Desire (Afterlifelines)
- Straight To Hell (Welcome To the Other Side)
- Solitary Man (Trapped!)
- Black in Mind (Black in Mind)
- Refuge (The Missing Link)
- Back in Time (Ghosts)
- Days Of December (XIII)
- Let Them Rest in Peace (Winds Of Rage)
- A New Land (Resurrection Day)
- Great Old Ones (Soundchaser)
- End of All Days (End of All Days)
- Under a Black Crown (Afterlifelines)
- Don’t Fear the Winter (Perfect Man)
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ENCORE
14. Prayers of Steel (Avenger – Prayers of Steel)
15. Higher Than The Sky (End of All Days)