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ANVIL + Burning Black + Lark
Slaughter Club, Paderno Dugnano
14 novembre 2024
Arriviamo purtroppo allo Slaughter Club di Paderno Dugnano con colpevole ritardo e ci perdiamo completamente l’esibizione della band di apertura: i Lark.
Prima ancora di superare la soglia del locale le nostre orecchie vengono trafitte dagli acuti taglienti del cantante dei Burning Black.
Il gruppo trevigiano, attivo dal 2003 e messo sotto contratto dall’attivissima etichetta italiana Punishment 18 Records sfoggia un look tipicamente “priestiano” ed uno stile musicale che miscela del sano Heavy classico con un più massiccio U.S. Power metal.
La prestazione è energica ed invoglia ad andarsi a recuperare quantomeno l’ultimo lavoro Resilience Of A Broken Heart, anche se non disdegnerei affatto un ascolto ai precedenti album pubblicati dalla tedesca Limb Music.
Salutata la band veneta con un caloroso applauso è il momento di attendere il piatto forte della serata e, mentre un assonnato roadie misura con un flessometro la giusta altezza alla quale regolare i microfoni per le voci sul palco (SIC), voliamo al bancone ad assaggiare una delle deliziose birre offerte dal locale.
Non si fa in tempo ad arrivare a metà boccale che, da dietro le nostre spalle e diretto verso il palco, spunta il buon Lips (voce, chitarra, vate, maestro di vita e principale compositore degli ANVIL).
Guadagnato il palco facendosi largo tra il centinaio di persone presenti ed imbracciata la fida chitarra rossa a forma di freccia, riscende subito tra il pubblico infiammando letteralmente l’atmosfera e dando il via allo show con la strumentale “March Of The Crabs”.
Ripreso posto dietro al microfono, il frontman canadese fa decollare definitivamente l’entusiasmo con la doppietta “666” e “School Love”.
La scaletta è perfettamente bilanciata e pensata per mantenere alte insieme sia l’attenzione che l’adrenalina: si pesca principalmente infatti dai dischi considerati pietre miliari del metal dei primi anni ’80 come Metal On Metal e Forged In Fire, ma nell’insieme non stonano brani tratti dall’ultimo One And Only, come la cadenzatissima “Truth Is Dying”.
I suoni dell’intero evento, curati dal fonico residente Carlo Meroni di ADSR Decibel, sono potenti e ben bilanciati: tutti gli strumenti sono presenti ed ogni nota sia di chitarra che di basso è perfettamente individuabile nel panorama sonoro.
A rendere il concerto davvero memorabile però, oltre alle composizioni di indubbia rilevanza storica, sono gli aneddoti e le spassose battute sfoderate dal vecchio Lips.
Condivide col pubblico cosa significhi sbronzarsi con Lemmy dei Motorhead durante il tour di Another Perfect Day, risvegliandosi dalla notte brava solo 24 ore dopo, in un altro posto, desolatamente in un altro Stato.
Oppure si compiace nel contare quante teste canute ci siano tra il suo pubblico, mostrando orgoglioso la “chierica” che da più di 25 anni fa breccia tra i suoi ricci.
Potente e variegato l’assolo di batteria di un solo apparentemente sfibrato dalla vita on the road Robb Reiner (siamo alla trentesima data di 45 concerti in giro per l’Europa); sempre sul pezzo il talentuoso bassista Chris Robertson, che salta sul palco come un ragazzino ed armonizza con le sue backing vocals i ritornelli di Lips.
Puntuale ed imprescindibile in un concerto degli Anvil, arriva anche il momento goliardico in cui in cui Lips esegue un solo di chitarra utilizzando un vibratore (usato sulle corde della chitarra, beninteso), attirando su di sé tutti gli occhi di chi non attendeva altro.
L’onore di chiudere lo show spetta all’acclamata “Metal On Metal” (1982), che si apre con quattro colpi sulla campana del ride come fossero martellate su un’incudine.
Tutti cantano.
Tutti felici.
L’unico aspetto della serata che ha rubato un po’ di spensieratezza è stato il dover constatare un certo persistente “tremore” alla mano sinistra del cantante/chitarrista canadese, che mi auguro con tutto il cuore non pregiudichi altri dischi, altri tour, altre emozioni per i fan.
Concerti di questo tipo fanno bene al morale di noi metallari, ricordano a tutti che l’Heavy Metal c’è, è vivo e non morirà mai.
Lunga vita agli Anvil!