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Dopo l’uscita del mediocre Live And Let Live del 2021 arriva in questo affollatissimo 2024 il secondo album solista, dal titolo Crossfire, del cantante svizzero Marc Storace conosciuto grazie ai Krokus, la più famosa band hard rock della Svizzera. Il singer è poi attorniato in questa nuova avventura dal batterista Pat Aeby (Krokus, Gotus), dal chitarrista Dom Favez, dal chitarrista solista Serge Christen, dal bassista Emi Meyer e dal chitarrista di Alice Cooper Tommy Henriksen, che in questa occasione produce l’intero disco con l’aiuto al mixaggio di Olle Romo. Inevitabilmente il sound del combo elvetico ricade nelle importanti band di provenienza creando così un album che non offre nessuna originalità ma che si regge in modo potente, in alcuni pezzi, su armonie energiche e trascinanti provenienti da un illustre passato. Parliamo naturalmente di un classico hard rock melodico, con un tocco metal guidato dall’inconfondibile e forte stile vocale di Storace, come nel decollo iniziale di “Screaming Demon”, un micidiale e travolgente pezzo degno dei migliori AC/DC, che propina un robusto hard rock accompagnato dall’acuta e grintosa ugola del vocalist elvetico. Insomma, riif cadenzati e furiosi sparati melodicamente nei timpani dell’estasiato ascoltatore.
Mr. Storace non nasconde affatto il suo amore per la band australiana dimostrandolo ancora in “Love Thing Stealer”, dove mostra con la sua voce roca e il ritmo cadenzato del pezzo come le sue influenze musicali derivino principalmente dai mitici AC/DC. Canta quasi come Brian Johnson rendendo, con le sue pulsanti e graffianti corde vocali, molto vibrante l’intera composizione e il melodico ritornello. Il rumore di un elicottero e le voci di sottofondo di “The New Unity” continuano brillantemente a sorvolare sonorità ottantiane con un refrain melodicissimo accompagnato da un grande coro di sottofondo. Non dispiace neppure il vivace e fragoroso rock di “Rock This City”, in cui mostra questa volta dei parallelismi con i suoi ex Krokus. Qui i distorti e ossessivi riff chitarristici insieme alla sezione ritmica e a grandi cori guidano un bell’ammaliante ritornello. Marc è fedele alle sue origini e alle sue passioni e lo dimostra ancora nella sentimentale e corale, “Adrenaline”, che rispetto alle precedenti canzoni sfoggia in più un suono anglosassone alla Def Leppard dei tempi migliori. Qua i sintetizzatori accompagnano i maestosi cori e le rauche corde vocali di Storace. La ribelle e spensierata “Let’s Get Nuts”, continua su questa scia dii divertimento e leggerezza che abbraccia ancora il rock degli anni ’80. I cinque artisti sono dei veterani e all’altezza della situazione supportati poi da una produzione che rende il sound più moderno e fresco possibile.
Nel proseguo i brani mantengono lo stesso ritmo ma più compassato del solito, come nella malinconica, “Thrill And A Kiss”, che comunque mantiene ancora un grande feeling con Angus Young e soci. Nel singolo “We All Need The Money”, fa capolino del buon rock and blues caratterizzato da allegri e armonici riff chitarristici accompagnati dai medesimi cori e dalla strafottente e melodica voce del frontman svizzero. Purtroppo, la parte finale del platter, pur mantenendo un bel groove, vedi la gioiosa e vibrante “Hell Yeah”, non riesce a catturare in pieno lo spirito ottantiano ed eversivo delle prime tracce. Ci prova un po’ il rock and blues della spavalda, “Millionaire Blues”, che sembra uscita da un disco del maestro americano Alice Cooper. I raffinati riff elettrici delle due chitarre elettriche e il super orecchiabile ritornello la rendono un immediato e gradevole tormentone. La penultima e interiore, “Sirens”, annunciata da delle sirene di sottofondo, rallenta di molto il suono del gruppo elvetico creando delle cupe e scure atmosfere, dove le corde vocali di Storace risplendono attorniate da orientaleggianti suoni chitarristici che sembrano esplorare suoni diversi e più industriali. Infine l’album termina con la commovente power ballad, “Only Love Can Hurt Like This”, guidata dal pianoforte e da alcuni archi che chiudono lentamente e riflessivamente un album partito, nelle prime song, in quarta e in modo travolgente.
Crossfire è in conclusione un bel prodotto dove il settantatreenne Storace non scopre l’acqua calda ma dimostra come ancora, nonostante l’età, scorra nelle sue vene del focoso e arrembante rock and roll capace ancora di divertire gli amanti di questa meravigliosa musica.