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A sorpresa I fratelli Van Zant, dopo ventitré anni, si riuniscono dando alle stampe il loro primo nuovo album insieme. Always Look Up è innanzitutto un inno alla cristianità e al country rock del profondo sud degli Stati Uniti D’America con l’aggiunta di voci gospel che danno un tocco di religiosità in tutti i brani. Entrambi hanno alle spalle una storia importante perché Donnie ha co-fondato i .38 Special e il fratello Johnny è invece l’attuale cantante dei Lynyrd Skynyrd dopo la scomparsa nel 1977del fratello Ronnie. Il gruppo è poi completato dai chitarristi Mark Matejka e Carl Lindquist, dal bassista Jimmy Carter e dal batterista Shawn Fichter, più tre tastieristi: Jeffrey Roach, Chris Hurst e Dennis Wage.
“Questo era nella nostra lista dei desideri da un po’ di tempo, fare un disco gospel”, dice Donnie delle sessioni iniziate durante la pandemia. “Siamo entrambi grandi credenti in Gesù Cristo, quindi è così che è iniziato tutto”.
Il disco è in effetti un ringraziamento per la retta via ritrovata nella fede e nella vita privata. Una specie di rinascita che comincia dall’iniziale “Awesome God”, che è lo specchio di ciò che si ode in seguito per tutta la set list in quanto il filone proposto è un classico rock melodico infarcito da elementi country, soul, blues e di puro AOR dai suoni pulitissimi che sfocia in song leggere ed emozionanti lenti. La ritmata e dallo stile country “Stand Up” parte con un pianoforte soft per poi prendere ritmo ed energia con la pulita voce di Johnny e la chitarra classica di Donnie, attorniati entrambi da fantastici cori. La successiva “Warrior” è un altro inno sincero a Gesu’ Cristo in un’era ancora difficile per i cristiani dove chi crede deve lottare contro le mille insidie della nostra malata società. Questo brano è anche una confessione da parte di Johnny che si lascia alle spalle un passato di cui oggi non è molto fiero.
“Sarò onesto, il diavolo era il mio migliore amico un tempo”, dice Johnny. “Non mentirò su questo e non c’è molto che non abbia provato nel corso degli anni, ma continuavo sempre a sentire nostro padre, nella mia mente, che parlava della Bibbia. Nel corso degli anni, quella voce di mio padre mi ha ricordato di cercare di essere una persona migliore. Ho fatto un sacco di errori, un sacco di cose che spero di non far arrivare alle porte del paradiso e che sono chiuse per me. Sto cercando di superarle ora!”
Nel singolo, “There You Are”, Donnie riesce, rispetto ai pezzi precedenti, a trascinare emotivamente l’ascoltatore con la chitarra classica e con quella elettrica soprattutto nell’assolo. Questo brano abbastanza orecchiabile è poi completato dalla rassicurante ugola di Jonny. La traccia più radiofonica e commerciale è comunque la corale, “Speak His Name”, pezzo molto armonico e coinvolgente a livello sentimentale in cui i due artisti esprimono sincerità e amore per il loro Dio. I Zant continuano ancora sul filone AOR di stampo statunitense anche in “Why God Brought Me Here” una ballata leggera e atmosferica dal gradevole refrain. Quello che balza subito alle orecchie è una certa ripetitività dei suoni che non sembra far decollare a pieno delle canzoni che sono comunque piacevoli e distensive. Le corde vocali del vocalist sono rassicuranti come il coro gospel che lo sostiene ma manca quella grinta tipica del rock and roll che possa portare dinamicità ed energia alle composizioni. Se la parte centrale con gli intorpiditi e malinconici, “Praying” e “It’s Up To You” non cambia direzione artistica mantenendo un sound caloroso e intimistico quasi di preghiera e di meditazione; il proseguo con “Holy Moment” vede i nostri essere più incisivi con le tastiere che supportano dei riff chitarristici di rhythm and blues sfocianti in un refrain più robusto e più movimentato del solito. La chitarra acustica prosegue pure nella penultima e raffinata “Leaning On The Cross”, un altro bel lento che punta sullo sdolcinato ritornello che si stampa immediatamente in mente e dove Donnie finalmente alza l’intensità delle sue corde vocali dando slancio ad una convincente e paradisiaca eufonia. L’ultima, “Jesus Christ”, è la traccia che non ti aspetti perché i fratelli Zant sviluppano un cadenzato rock and roll dagli incisivi riff culminanti in un potente assolo chitarristico. Ottimi pure i cambi di tempo sostenuti da una possente sezione ritmica finalmente protagonista che sostiene il crescendo vocale di Johnny e del coro gospel. Nonostante la troppa leggerezza del prodotto che non attira sicuramente i puristi del rock e le liriche cristiane che allontano chi non crede o segue altre religioni Donnie e Johnny dimostrano di aver scritto quest’album con sincerità e passione. L’influenza maggiore a livello sonoro sembra quella AOR dei 38 Special e in generale quella country e gospel piuttosto che quella southern rock dei Lynyrd Skynyrd. Nonostante la poca originalità il platter, nel complesso, non dispiace affatto perché ricco di profonda riconoscenza e di grande spiritualità in un momento in cui ci avviciniamo all’ennesimo Natale bagnato di sangue e di egoismo che non fa intravedere nulla di buono per il futuro dell’umanità.