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La storia di questo super gruppo nasce a Los Angeles, nel lontanissimo 2004, quando il chitarrista Tak Matsumoto (B’z) incontra Jack Blades (Night Ranger, Revolution Saints e Damn Yankees) ed Eric Martin (Mr Big) con i quali decide di scrivere e registrare un album fondendo l’amore dell’hard rock alle influenze orientali delle sue origini. Dopo una pausa di vent’anni il trio ritorna adesso insieme con l’aggiunta di Matt Sorum (ex Guns & Roses, Velvet Revolver, ex The Cult) registrando per la nostrana Frontiers TMG II e proponendo ancora un mix di sonorità giapponesi e americane. Questa volta gli artisti utilizzano, intelligentemente, una astuta mossa commerciale perché invitano in due brani dei famosi artisti giapponesi.
“Ventuno anni fa, ho incontrato Jack ed Eric al The Fillmore di San Francisco. Ho suggerito di collaborare, ed è così che è nato TMG. Ci siamo riuniti a Los Angeles per scrivere il nostro primo singolo, Oh Japan, che ha dato il via alla creazione del nostro album di debutto, TMG I, e a un tour incredibile in tutto il Giappone, conclusosi con una memorabile esibizione al Budokan. Sebbene siamo rimasti in contatto, la vita ci ha spinti in direzioni diverse e sono passati due decenni. Nel 2022, mi sono fatto avanti con una proposta di riunirci”, afferma Tak Matsumoto.
Sicuramente l’atmosfera fresca e vivace del disco con un sound di hard rock melodico aiuta ad abbracciare un pubblico vasto ma senza l’alchimia e la disinvoltura dell’esordio. Certo, la robusta e allo stesso tempo delicata chitarra elettrica di Matsumoto è sempre protagonista, come del resto la voce sentimentale di Eric Martin e le linee di basso di Jack Blades, che ravvivano ritmicamente i brani. In più il fedele chitarrista di supporto dei B’z, Yukihide ‘YT’ Takiyama completa brillantemente la band dando il suo supporto negli arrangiamenti. L’apertura della vibrante “Crash Down Line”, presenta un’armonia accattivante che sembra rappresentare il nuovo sound del quartetto in una prospettiva più radiofonica del solito. Qui il batterista Matt Sorum esprime tutta la sua bravura gestendo con Blade una precisissima e battente sezione ritmica che accompagna l’energetica e convincente voce di Eric Martin. La veloce “Eternal Flames” vede le Babymetal ai cori e a duettare rapidamente frasi con Martin nel contesto di un allegro e dinamico rock melodico alimentato da un pizzico di andamento pop, che non fa impazzire soprattutto nel semplice e scontato ritornello. Sarebbe stato più carino se l’avesse cantato solo lo statunitense data anche la brevità della traccia. Lo stesso discorso vale per la canzone successiva, “The Story Of Love”, in cui il povero Eric deve dividere l’interpretazione del pezzo con Lisa, una celebre cantante giapponese, che sembra un pesce fuor d’acqua in un brano di dance, pop e rock senza mordente e spirito interpretativo. Siamo alla frutta e il timore è quello di pensare ad un fallimento creativo di Tak & soci. Se piacevolmente e da un lato in “Colour My World” sembra di sentire il rock and blues dei Mr Big con influenze psichedeliche dei mitici Beatles, dall’altro la song non decolla nella melodia rimanendo ancorata a riff di chitarra blandi e scontati che mettono solo in luce la bravura di Matsumoto, in particolare nell’efficace e prolungato assolo chitarristico dell’asiatico. La successiva e cadenzata “Jupiter And Mars”, è un hard rock a stelle e strisce ricco di atmosfere e soavi cori che si alternano a momenti più duri ma sempre melodici e cantati egregiamente dal cantante newyorkese. Per fortuna, dopo tante canzoni mediocri arriva la salvezza in “My Life” in cui il gruppo riesce ad unire un bel refrain melodico con la spigolosità e l’aggressività della sei corde elettriche del guitar hero nipponico. Piace anche il ritornello orecchiabile grazie anche alla passionale e calda timbrica vocale dell’ancora straordinario Martin. La tecnica e la passione di questi artisti è comunque molto evidente in canzoni, come la melodicissima e roccheggiante, “Endless Sky”, in cui si apprezza l’esecuzione di Sorum e Blade ma anche quella chitarristica del virtuoso Tak. Il classic rock fa poi capolino nel proseguo bluseggiante e movimentato di “Dark Island Woman”, che vede Martin accompagnato da un ottimo coro e dalla funambolica electric guitar dell’amico asiatico. Gradevole è poi la semi ballata “Faithful Now”, dove i musicisti esprimono il lato più romantico e sentimentale del loro animo. In questa occasione Matsumoto alterna la furia della sua chitarra elettrica alla pacatezza della sua sei corde classica creando delle riflessive ambientazioni orientali supportate dall’immensa, malinconica e acutissima ugola del coinvolgente vocalist americano. Nella penultima e ritmata “The Great Divide”, la band sembra riesumare i Mr Big degli esordi in una miscela scoppiettante di hard rock and blues che fa scuotere la testa e il corpo dalla prima all’ultima nota di una riuscitissima e classica canzone dallo stile californiano. La cosa strana è che la parte finale di TMG II è meglio di quella primaria in cui la noia e la scelta di strade sonore mainstream avevano fatto pensare al peggio. Di tutto questo, l’ultima e massiccia, “Guitar Hero”, ne è un ulteriore conferma perché il brano spicca per un sound fragoroso e martellante guidato dalla formidabile sezione ritmica capeggiata dal duo Blade/Sorum e dalla indispensabile e furibonda chitarra del maestro Tak Matsumoto. Nel complesso questa reunion e la set list dell’album risultano molto deludenti per mancanza di creatività ed emozioni forti che possano far amare dei brani nel complesso sufficienti e poco originali. Sulla performance dei musicisti non si può dire nulla di negativo, anzi il contrario. Probabilmente, in alcune tracce, la scelta commerciale del suono e la lontananza fisica dei membri non ha innescato di nuovo quella vincente scintilla del primo lavoro discografico.