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Ancora una volta, inizio la recensione di un album power con una ferocia assassina in corpo: Blaze Of Rage dei Magic Kingdom è stato, come da prassi per i dischi di questo tipo, fatto a pezzi da recensori che non avevano la voglia (e perdonatemi, umilmente dico: forse le competenze…) di analizzarlo. Ma veramente: chi ve lo va fare? Ma non potete dire al vostro caporedattore ‘no, grazie, questo non fa per me’? Per dire, è quello che farei se qui su Heavy Metal Webzine qualora mi proponessero un disco atmospheric black metal… non conosco la scena, non capirei le coordinate stilistiche, probabilmente mi sembrerebbe una sequela di urla e rumori a caso, per cui metterei un bel 4 e direi che si tratta di un lavoro impresentabile. Ma avrei reso giustizia a quell’album e al lavoro che c’è dietro?
Per recensire l’ultima fatica dei Magic Kingdom con cognizione di causa serve, in ordine sparso:
a. sapere chi sia Dushan Petrossi e conoscere i vari progetti in cui è coinvolto;
b. avere idea del passato della band, dell’ottimo Symphony Of War con il glorioso e indimenticato Olaf Hayer così come del modesto “MetAlmighty” con Mike Vescera, passando per lo stuzzicante Savage Requiem con Christian Palin;
c. sapere quantomeno in linea generale che c’è un concept, per quanto labile, che tiene assieme almeno questi tre dischi;
d. capirne qualcosa di symphonic power metal.
Chiedo troppo? Meglio che andiamo a vedere come suona Blaze Of Rage e basta, vah…
Una intro potentemente sinfonica, “Sanctus Maleficus”, ci introduce ai nove minuti di “The Great Rebellion”, che va da toni power/prog a partiture vagamente neoclassiche, alternando momenti in cui la voce di Mike (dietro al microfono anche stavolta) si alterna al growling di Roma Siadletsky: beh, se i nostri volevano stupire, ci sono certamente riusciti! Più classica e maestosa “Blaze Of Storming Rage”, mentre la ritmata “The Great Invasion” fa rivivere le trame intricate dei primi, indimenticabili Masterplan, con un ritornello da power fine anni ’90.
“Frozen Realm Of Death” ha una lenta solennità; il brano più vario e interessante è “Unsacred War Alliance”, che va da momenti blackened a un ritornello ammaliante sparato in una veloce cavalcata. Lunghissima “The Great Retribution”, che parte con una sezione strumentale, poi mescola growling leggero, soprano, altri momenti affidati solo alla musica: forse in questa seconda suite i nostri hanno osato un po’ troppo, dando l’impressione di un caleidoscopio fine a se stesso. Non convince totalmente neanche “Fallen For The Kingdom”, con la sua linea vocale un po’ strascicata; per fortuna si chiude con l’avvolgente ballad acustica “Lonely In The Universe”, che riprende e amplia il tema dello strumentale “Ashes In The Wind”.
Petrossi è stato accusato (fra le altre cose) di essere l’ennesimo clone di Malmsteen: accusa a mio parere largamente ingiustificata, a meno che non vogliamo ritenere tutti i chitarristi heavy e power cloni di Blackmore o di Iommi o di chi volete voi: il suo stile mi sembra abbastanza personale e comunque le sue escursioni chitarristiche sono al servizio della musica, e non viceversa.
Insomma, Blaze Of Rage è un buon disco di power sinfonico, con qualche ‘sbrodolatura’ ma con diversi brani decisamente riusciti: un ascolto (direi anche più d’uno!) se lo merita. Se poi siete solo per gli Ulver e i Gorgoroth, lasciate pure stare questo disco… e soprattutto non recensitelo!