FELDSPAR – Old City New Ruins

Titolo: Old City New Ruins
Autore: Feldspar
Nazione: Italia
Genere: Hardcore
Anno: 2024
Etichetta: Time To Kill Records

Formazione:

Riccardo Zamurri: Voce
Anna Pasolini: Voce
Stefano Casanica: Chitarra
Andrew Mecoli: Chitarra
Manlio Massimetti: Basso
Luca Micheli: Batteria


Tracce:

01. What Makes Us Stay?
02. Cobblestones
03. Dead Friends Still Alive
04. 18 Karat
05. Your Resistance Is Not Only Futile But Also Pathetic
06. The Jester’s Revolt
07. Scalp Is An Ashtray
08. All Quiet (Huff And Puff)
09. Beach Bums Of Santa
10. God Is Fired
11. Old City New Ruins
Durata Totale: 31:00


Voto del redattore HMW: 6,5/10
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Il Feldspar è un insieme di rocce con determinate caratteristiche chimico – fisiche e per l’occasione diviene anche il nome di questa neonata formazione Hardcore romana di “persone senza Dio ad un paio di isolati dal Papa”. Come si può intuire da un insieme di fattori costituiti dal proprio motto, dal titolo dell’opera Old City New Ruins, dalla copertina che dipinge un gruppo di incappucciati frati maligni alle prese coi nostri eroi rock e da molti riferimenti lirici nelle proprie canzoni, i Feldspar non esitano a lanciare metaforici massi nei confronti dell’istituzione Chiesa.

La sassaiola viene attuata optando per sonorità variegate di stampo Hardcore, talvolta più selvaggio ed affine al canovaccio che tale genere adotta nella maggior parte dei casi tentando di pervenire comunque ad un’offerta personale come nel caso di “Scalp is An Ashtray” e talvolta più melodico e orientato alla proposizione di riff definiti e chiari come in “The Jester’s Revolt”. L’elemento di forza che si lascia apprezzare con maggior impatto a mio modo di vedere è la sezione vocale melodica della cantante Anna Pasolini, soprattutto negli episodi “What Makes Us Stay” e “Dead Friends Still Alive”, in grado di conferire quel quoziente di diversificazione che ben si confà all’organicità complessiva del disco.

Tra le varie tracce lasciano il segno la diretta “Cobblestones” ed il suo ritornello inneggiante alla città eterna e la tosta “18 Karat”, ma sarebbe improprio identificare canzoni poco riuscite nel complesso. Nonostante gli elementi positivi evidenziati, risulta altrettanto necessario valutare il fatto che Old City New Ruins soffra di alcuni difetti legati ad una certa ripetitività e monotonia di fondo che è possibile avvertire in seguito ad un ascolto spalmato su più occasioni. Nello specifico la voce del cantante Riccardo Zamurri, sebbene adatta al tipo di musica proposta, non riesce a valorizzare al meglio una fase strumentale piacevole anche se un po’ limitata in termini di freschezza generale delle soluzioni compositive adottate.

Nel complesso i Feldspar si presentano all’esordio discografico con un album discreto e ben realizzato che può aprire la strada ad esibizioni live che avranno certo successo, data la natura leggera e fruibile del prodotto.

 

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