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A DAY OF DARKNESS – Slaughter Club – Paderno Dugnano MI
Lo Slaughter Club di Paderno Dugnano (MI) è pieno come un uovo, e anche un po’ di più, in occasione di questa seconda edizione del “A day of darkness” festival. Agli adoratori della fiamma nera, in effetti, non poteva essere offerto spettacolo migliore in questo anonimo sabato di gennaio. Sono ben otto, infatti, le band ad avvicendarsi sul palco fin da metà pomeriggio. Facendosi largo tra il folto pubblico che invade la sala ci si imbatte in parlate iberiche, francesi, scandinave, di non meglio identificate lande dell’Europa dell’Est e di ogni zona d’Italia…
Insomma, come si legge anche negli occhi degli organizzatori, questo festival è un successo totale. Con rammarico ho perso lo show delle prime quattro band: i belgi A Thousand Sufferings, i
bielorussi Dymna Lotva, i toscani Nubivagant e gli spezzini Frostmoon Eclipse. Forse solo fino ad una quindicina d’anni fa avrei potuto assistere a quasi dieci ore di concerto senza un’unità di rianimazione mobile alle spalle, forse. Gustando la prima ottima birra della serata, intorno le 20.00, iniziano gli
PSYCHONAUT 4
Il quintetto di Tbilisi (Georgia) ha fin da inizio concerto grande presa sulla platea che partecipa anche cantando alcuni ritornelli dei brani, chissà se quelli scritti in lingua georgiana? Le sonorità proposte sono una riuscita commistione tra melodie cupe in stile Katatonia e sfuriate Black metal supportate dall’ottima voce del cantante Irakli Kirkitadze; peccato questa non spicchi come dovrebbe a causa di un volume un po’ basso rispetto agli altri strumenti. Di ottimo gusto i dialoghi e le armonizzazioni tra le due chitarre che si intrecciano dando vita ad atmosfere quasi Pink Floydiane. Incredibilmente precisi nell’intonazione i bending realizzati contemporaneamente dalle due Flying V.
NOCTURNAL DEPRESSION
Dopo un breve cambio palco è la volta dei francesi Nocturnal Depression trascinati dal chitarrista/cantante Lord Lokhraed che con un paio di tonanti imprecazioni in italiano rivolte all’alto
dei cieli, tira dalla sua gli astanti. La promessa (mantenuta) è quella di proporre dal vivo e nella sua interezza, l’apprezzato album “Spleen black metal” del 2015. Questa volta il cantato sarà quindi interamente in lingua francese ed al basso, come live session, si fa apprezzare la marzialità di Algol dei Forgotten Tomb. Ipnotizzanti arpeggi di chitarra che sembrano non avere inizio né fine nella loro melanconica ripetitività fanno da intro e spesso da sottofondo agli strazianti brani proposti. Prima della fine del set, per la band di Grenoble, c’è spazio anche per un pezzo tratto dall’ultimo
lavoro in studio, appunto “Perpétuelle éclipse”. Una sorsata di assenzio e bile.
THY LIGHT
Posizionati sul palco dei pesanti candelabri e col propagarsi dell’incenso nell’aria, si mostrano i quattro brasiliani incappucciati Thy Light. Il gruppo, recentemente trasferitosi in Scozia, propone uno spettacolo articolato. Aprono infatti velocissimi ma presto ci trascinano negli abissi del loro Black metal depressivo fatto di introduzioni malefiche e di basi che lasciano immaginare temporali tropicali. Non senza una punta di stupore, noto diverse persone godersi ad occhi chiusi, ondeggiando su un piede e poi l’altro, le frequenze prodotte dei ragazzi di Limeira. L’atmosfera del tutto originale è coadiuvata dalla mancanza di luci dirette sui musicisti e dal logo, nel quale fanno bella mostra due grandi cappi, proiettato come per tutti gli altri gruppi, dietro la batteria. Spentasi l’ultima nota e tradendo le calienti origini sudamericane, tutti i componenti della band si sciolgono in sorrisi riconoscenti verso il pubblico italiano che hanno incontrato per la prima volta.
FORGOTTEN TOMB
Con l’avvicinarsi della mezzanotte, portato a termine un veloce line-check, le luci si abbassano ancora. È una valanga quella prodotta dagli strumenti dall’accordatura pesantemente ribassata; davanti al palco non c’è scampo, il volume sonoro preme sui timpani più che per le altre band, le teste iniziano a sbattere nell’aria ed il pogo non tarda ad arrivare. La voce marcia di Herr Morbid vomita le parole disperate dei brani tratti dai primi due lavori: Songs to Leave (2002) e Springtime Depression (2003). È sale su una ferita aperta. Il palco è spoglio e scuro, le luci basse rendono irriconoscibili i volti degli artisti che escono come ombre dalla Selva dei suicidi dantesca. Come anticipato, il volume criminale non ha intaccato la qualità del suono; tutti gli strumenti sono
perfettamente distinguibili. Grazie ancora all’onnipresente fonico residente Carlo Meroni. Il basso di Alessandro “Algol” Comerio è sempre in primo piano e con le sue basse frequenze
rimescola le budella dei fan nelle prime file. Dietro le pelli non troviamo il batterista titolare Kyoo Nam "Asher" Rossi ma il fido sostituto Francesco “Frullo” la Rosa degli Extrema. Bravissimo, una macchina, pure troppo per un genere che dovrebbe tendere all’essenzialità. L’elvetico chitarrista solista Jöschu Käser non ha praticamente sbagliato una nota e si è lasciato
andare in selvaggi head banging specialmente nella parte finale del concerto in cui è stato regalato un medley di una dozzina di minuti contenente successi più recenti della band. Nulla dall’ultimo uscito Nightfloating, infatti la locandina riportava “old school set”. Considerato il genere proposto, confesso che non mi sarei mai aspettato un’affluenza di spettatori così esorbitante. Band, organizzazione, locale, serata riuscitissima. Bene così, avanti tutta!
Bellissima esperienza e questo articolo è stato pazzesco, mi ha fatto rivivere quella serata.
Psychonaut 4 rivelazione della serata.
Ci dovrebbero essere più festival così, magari a costi più bassi altrimenti sarebbe impossibile andare a tutti (purtroppo).
Grazie allo staff, alle band con le loro esibizioni travolgenti e all’autore dell’articolo per aver descritto così bene