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Stefano Mancuso andrebbe fiero dei Nirnaeth, ne sono certa. Io lo sono anche per via del loro sdegno verso l’uomo (fatevene una ragione, sorelle colleghe, uomo è una specie e questa specie comprende femmine e maschi), le soverchierie di questo verso tutto e tutti, l’imbecillità narcisistica insita nella sua multi-distruttiva intelligenza tecnica.
L’album si chiama Il Paradiso Non È Altrove e conferma quanto di buono ebbero a dire gli ZZ su questi taciturni eroi della resistenza sotterranea (se sento ancora una volta “resilienza” mi viene una gravidanza isterica). E non so se vi sia chiaro ma, in tempi in cui il concetto di sicurezza è maliziosamente distorto e surrettiziamente manipolato, c’è un colossale bisogno di resistenza – che vi vada o meno di pensarla con la maiuscola. Il gruppo suona thrash metal, di stampo americano per varietà all’interno dei pezzi e per il legame con il primo power metal, stirato spesso da una sdrucciolevolezza progressiva che ne garantisce forme dai contorni arrotondati, nonché cucito ad un guizzante heavy metal. Gli assoli sono davvero ispirati: i miei complimenti a Bellina.
Laddove questi stilemi caratterizzano più della metà del disco, esso si lascia inoltre andare ad importanti variazioni – anche questo è esser progressivi –, segnatamente “Il Paradiso Non È Altrove”, “Epitaffio Di Una Pianta” ed “Angel”.
Il pezzo omonimo all’album è un’amara, ennesima constatazione dell’incorreggibile imbecillità dell’uomo: cambiar di dimora lasciando il macello dietro di sé è un pensiero perverso e raccapricciante; e solo le smanie egotistiche dei miliardarî globali possono essersi adoperate così pervicacemente fino a renderla un’incontrovertibile realtà. Voce, base d’organo e chitarra solleticata, carezze di basso.
L’epitaffio della pianta oggetto delle attenzioni di Lippe è un doom metal scarno, ancora una volta dal taglio progressivo. Posto ad ipotetica chiusura del primo lato, ha un’impostazione vocale piana che può ricordare quella di Claudio Canali, dei Biglietto Per L’Inferno.
Pescata dal 1983, c’è infine quella “Angel” dei The Danse Society, vecchio gruppo dark inglese di seconda fascia, di Barnsley (è lì che si formarono i Saxon, casomai ve li rendesse simpatici), il cui tipico accanimento ritmico ben si sposa ad una rilettura cromata, che qui sa tanto dei G//Z/R e del loro Plastic Planet – qualcuno ha detto “Drive Boy, Shooting”? Scelta sorprendente, impopolare ed anti-economica: in una parola, artistica.
E ancora, gl’Indiani d’America, citati e lodati su “Wounded Knee” e “Genativocidio”, mentre “La Vendetta Del Bosco” e “Generation Interdict” faranno la gioia di chi è attaccato al componente thrash.
Non credo che Il Paradiso Non È Altrove mi stancherà. Da avere per più di un motivo; chini sullo schermo impegnati ad ordinarlo, considerate con forza di procurarvi anche il materiale passato.
« Uomo tu sei un’oscura minaccia, / per la vita su questo pianeta, / di te svanirà ogni ricordo ogni traccia, / non ci vuol per capirlo un grande profeta ».