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I Mantric Momentum guidati dal cantante Terje Harøy (Pyramaze) e il polistrumentista/compositore Christer Harøy (Divided Multitude, Crossnail) ci riprovano con il loro secondo album in studio intitolato: Alienized, seguendo sempre la stessa scia del disco precedente, ovvero un melodic metal maestoso e arrangiato in modo perfetto, con l’ottima produzione di Jacob Hansen. Quest’ultima fatica discografica presenta poi come ospiti il produttore e chitarrista Magnus Karlsson, il batterista Frank Nordeng Røe (Dimension Act e Withem) e l’esperto chitarrista Jimmy Hedlund.
Il chitarrista Christer Harøy commenta così la nuova uscita: “Nel nostro secondo album, Alienized, continuiamo a costruire sulle fondamenta del primo album: un mix di pesanti riff, chitarre gemelle, voci melodiche e cori massicci”.
In effetti Christer ha perfettamente ragione, ma nel nuovo lavoro siamo ad un livello più alto con un gran numero di belle canzoni interpretate magnificamente dall’altisonante voce del bravissimo Terje. Lo si capisce già, dal cinematografico preludio strumentale eseguito dall’amico Magnus Karlsson, “Prelude To Take-Off”, caratterizzato da soffici note acustiche accompagnate da gloriosi colpi di batteria e da un dolce e spirituale coro che culmina con l’attacco travolgente della successiva, “Resilience”. Si tratta di un pezzo dal ritmo frenetico e potente grazie alla tellurica chitarra elettrica di Christer e da una martellante sezione ritmica. La melodia armoniosa e la potenza sonora sono sostenute dalle melodicissime e determinate corde vocali del singer norvegese che si esprime su sonorità melodic metal condite da sorprendenti elementi prog. La title track, “Alienized”, risalta l’estensione vocale del frontman e la ecletticità del chitarrista scandinavo. Il ritornello è poi orecchiabilissimo e coinvolgente ma il punto di forza dei due cugini nordici, a parte la loro bravura, è l’utilizzo coraggioso di una leggera orchestrazione che fa da sottofondo agli assoli chitarristici, ai sintetizzatori e alla timbrica vocale del passionale Terje. L’avvincente, “The Highest Mountain”, è invece un allegro pezzo di power metal, melodicissimo nel refrain, fatto partire dal famoso battito di piedi e di mani del leggendario “We Will Rock You” dei mitici Queen, testimoniando così come il duo norvegese spazi in vari generi come il rock, l’AOR, il prog e il melodic metal. Nello stellare lento, “The Light”, si sente invece dolcezza e romanticismo grazie all’arpeggiante e neoclassica chitarra elettrica e alle emozionanti corde vocali del vocalist vichingo che in alcune parti atmosferiche e soffuse del pezzo riesce a dare il meglio di sé. Più si va avanti e più si rimane coinvolti positivamente dalla melodia e dall’energia profusa dal combo, come nel caso dell’inquietante e ottantiana “Come Undone”, dove i musicisti sviluppano un arrangiamento fresco e moderno. Qui, rispetto ai brani precedenti cambia qualcosina perché il sound si orienta verso un leggero e teatrale symphonic metal collegando abilmente l’orecchiabile ritornello a passaggi corali e malinconici. La cupa e aspra, “Time Is My Ally”, mostra più aggressività nei massicci giri di chitarra elettrica di Harøy che la rendono vigorosa e oscura ma sempre con un buon refrain melodico.
Lo stesso non si può dire per il proseguo nella semi ballata, “Remember”, dove il duo decelera puntando solo a sviluppare una soave armonia di stampo AOR, retta dagli assoli chitarristici dell’ospite Jimmy Hedlund e anche tastieristici, culminanti in un semplice e gradevole ritornello che si stampa immediatamente in testa. La band avvalora la propria volontà di sperimentare e spingersi coraggiosamente oltre i confini del classico metal. Finalmente l’incantevole e trascinante power di “Siren’s Call” alza i ritmi riportando un po’ di adrenalina all’ascoltatore che si muove ininterrottamente sotto i colpi di mitraglianti riff elettrici, di ossessivi campionatori e di una turbolenta batteria. Non mancano i momenti ambientali e neppure di spunti progressive con una musicalità di fondo un po’ troppo frenata rispetto alle prime tracce della set list ma sempre forte e impressionante che raggiungere l’apice nel solito e proferente assolo chitarristico. Spicca sempre e comunque la dote vocale del solito Terje, che si ripete già nell’intro a cappella del maestoso pezzo di melodic metal, “A Stronger Stance” e nell’ultima e tiratissima, “Barricades”, dove emerge ancora una volta tutta la classe e la bravura dei ragazzi. I riff intermittenti e fragorosi di chitarra elettrica e la martellante batteria supportano l’aspra e acutissima voce del cantante norvegese.
In conclusione, i Matric Momentun, pur non brillando in originalità, fanno un bel passo in avanti accrescendo un suono non semplice da inquadrare e da categorizzare intrecciando ingarbugliati fili melodici di AOR europeo con la forza grezza del metal contemporaneo. L’intensità power dei brani con l’aiuto di piccoli elementi prog si sposa benissimo alla ricerca ammaliante di indovinati ritornelli e atmosfere che lasciano l’ascoltatore estasiato e appagato. Gli Harøy fanno di nuovo centro riuscendo a trovare un tenue equilibrio tra perizia tecnica e sensibilità melodica. Adesso tocca a noi sostenerli facendoli crescere nel business che conta.