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Quando ho letto Disharmonic Orchestra mi sono tornati in mente vecchi ricordi.
Ebbene sì, il loro primo album lo acquistai quando uscì nel 1990 insieme ad altri due di altri gruppi nel mio negozio di dischi di fiducia. Non li avevo mai sentiti prima, ma il nome assurdo mi aveva incuriosito. Austriaci, poco conosciuti, mi son detto “quasi quasi lo prendo e faccio lo splendido con i miei amici e dico loro che io l’underground lo conosco bene e meglio di tutti”.
Ora, l’underground lo conosco bene e sicuramente non meglio di tutti, ma lo stupore che provai e che feci provare ai miei amici metallari (due) quando appoggiai la puntina sul disco e “Introphylaxe” iniziò a risuonare nella mia stanza fu una sensazione così semplicemente bella che mi innamorai di loro.
Per un motivo od un altro non ero mai riuscito a vederli dal vivo, quindi la vista della locandina con il loro nome e per di più nella mia città mi ha fatto sobbalzare dalla sedia e cliccare su “acquista”. Biglietto preso immediatamente, litigata con la moglie perché aveva già programmato altro per quella sera, reimmersione totale nella loro discografia e dita incrociate (in realtà ho usato un altro gesto scaramantico più grezzo ma secondo me più efficace) perché ovviamente nella settimana del concerto ha purtroppo piovuto in maniera clamorosa tanto da bloccare strade e chiudere ponti. Ho fortemente temuto per l’arrivo a Torino degli austriaci.
Visto il recente annullamento di Vader e Medieval Steel ho pensato che il classico “non c’è due senza tre” si stesse realizzando. Fortunatamente il gruppo è arrivato e tutto è filato liscio e quindi ho potuto terminare il mio rito scaramantico che, vista la foga e la convinzione con cui l’ho applicato, quasi sicuramente mi porterà ad avere in futuro problemi di varia natura nella zona basso ventrale.
E fortunatamente anche i Miscreance non hanno trovato difficoltà e hanno raggiunto il locale per la loro esibizione. Loro invece li avevo già visti e devo dire che hanno confermato l’ottima impressione della volta precedente.
Sotto una leggera pioggia mi accingo con un buon anticipo a salire in macchina e a partire per lo Ziggy Club, quando a metà strada già percorsa mi accorgo di essermi dimenticato il gadget da autografare. Retromarcia con annesse imprecazioni poco consone alla festività in arrivo e ripartenza con ovviamente notevole ritardo accumulato.
Arrivo al locale comunque in orario e attendo con il mio compagno di concerto che il primo gruppo inizi a suonare.
Con la solita brutta abitudine italica di far cominciare i concerti ad ora tarda (in questo caso 22:15) e dopo aver ascoltato le lamentele dei giovani presenti per la difficoltà di prendere i mezzi pubblici al ritorno, i Miscreance si presentano sul palco. La serata death metal sta iniziando.
Breve intro e partenza sparata per i Miscreance che hanno immediatamente messo in chiaro le loro intenzioni. Velocità, violenza e … technical death metal. E loro di tecnica ne hanno, questo è sicuro.
Visti in apertura ad un festival un paio di anni fa, devo dire che il gruppo è cresciuto, e anche tanto. A parte i suoni un po’ impastati che in alcuni momenti hanno penalizzato soprattutto le chitarre, la prestazione dei quattro giovani mi è piaciuta. Hanno esperienza e capacità. Sanno di averle e non le nascondono affatto. Già solo per questi motivi hanno il mio più completo supporto.
Andrea Feltrin, batterista e cantante, è veramente spettacolare da osservare nel suo doppio ruolo. Cantare e suonare non è facile, cantare e suonare la batteria ancora meno. Beh, lui se la cava egregiamente , non risparmiandosi in nessuna delle due attività. Non avere un frontman l’ho sempre trovato penalizzante, ma non so perché, con i Miscreance questo mio problema non l’ho mai avvertito. Nonostante sia dietro la sua batteria, Andrea riesce ad attirare l’attenzione e a non far mai sentire la mancanza della figura del cantante in prima linea.
Ottimo anche Jean Claude, che oltre ad essere il principale fautore per la realizzazione della serata, si è esibito in una prova maiuscola con il suo basso, complice in questo caso un suono praticamente perfetto dello strumento.
Bravi anche Andrea Granauro e Tommaso alle chitarre che nonostante il problema sopracitato, non si sono comunque risparmiati e si sono alternati egregiamente nei loro riff ed assoli.
Alternando brani dal loro album d’esordio Convergence (a proposito ascoltatelo) e qualche brano inedito dal loro prossimo lavoro, i quarantacinque minuti a disposizione della band sono passati veloci, segno che non ci si è assolutamente annoiati, anzi.
Una buona presenza di pubblico giovanile ha scatenato un discreto pogo verso metà esibizione che ha caricato la band e aumentato la temperatura all’interno del locale.
Con “Flame Of Consciousness” e “The Garden” il momento giovanil-casinista della serata ha raggiunto uno dei picchi più alti della serata, superato solo dall’ultimo pezzo, “Honi Xuma”, che con la sua velocità e brutalità ha messo a dura prova le ossa dei presenti.
Non sono di certo io a scoprire questa band che è attiva dal 2018,e hanno sulle spalle già una demo e un album, e quindi mi limiterò a consigliare vivamente a tutti quelli che amano questo genere di dare una possibilità a questo gruppo. Sono giovani, bravi e del nostro movimento underground. Sostenerli mi sembra il minimo.
Questa volta il detto non c’è due senza tre spero che si realizzi. Rivederli mi farebbe enormemente piacere.
Scaletta Miscreance
1.Scalp Ceremony
2.Incubo
3.Flame Of Consciousness
4.Vukiniwa
5.The Garden
6.Oracle’s Rift
7.No Empathy
8.Zenith Of A Dying Sun
9.Honi Xuma
Formazione Miscreance
Andrea Feltrin – batteria, voce
Andrea Granauro – chitarra
Tommaso Cappelletti – chitarra
Jean Claude Rossignol – basso
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Prima suonavano death metal/grindcore. Poi sono passati al progressive death/avant-garde metal. Sono loro, i Disharmonic Orchestra.
Prima del concerto li osservavo accanto al palco. Sembravano tre umarell intenti ad osservare l’avanzamento dei lavori in un cantiere alle otto di mattina di un martedì di ottobre.
Ho scambiato quattro chiacchiere in inglese con loro per poi scoprire che parlano uno stentato e pittoresco italiano.
Ho atteso un’eternità per poter assistere ad un loro live. Finalmente ci siamo.
Ma, un momento, qualcosa in loro è cambiato. Lo sguardo è diverso, la postura è cambiata … e gli umarell si trasformano in tre musicisti con una tecnica e una grinta che azzera completamente l’età anagrafica.
I suoni sono perfetti, gli strumenti si sentono tutti e tre distintamente e per un genere come il loro, questo è fondamentale.
Pescando da un po’ tutta la loro produzione, abbiamo assistito ad un’ora e mezza di tecnica e violenza mescolate perfettamente nella proposta musicale che il trio ci ha offerto in questa magica serata.
“Flushing The Primary”, “Life Disintegrating” e “Supervision” tanto per cominciare e tanto per confermare il pensiero di tutti i presenti: ma quanto sono bravi?
Gli intermezzi di Patrick sono divertenti, ma appena sorridi alla sua battuta in lingua italiota, ecco che parte una bordata di canzone che ti toglie il respiro e ti obbliga a saltare e scapocciare senza sosta.
“Reccomended Suicide” e “Flambition” sono un’accoppiata che spezza le gambe. Lo sguardo corre da un musicista all’altro ad ogni cambio di tempo, per cercare di rispondere al classico “ma come fanno?”. Da ogni canzone ne potrebbero ricavare altre quattro!
Precisi e con la capacità di far sembrare semplice anche i passaggi più complicati, i nostri eroi continuano a macinare pezzi su pezzi, riff su riff, assoli su assoli, senza dare segni di stanchezza, anzi aumentando il livello e l’intensità.
E poi sono arrivate “Groove” e “Idiosyncrasy” e, vabbè, che ve lo dico a fare.
Verso la fine Martin era veramente distrutto, ma il doppio bis hanno voluto concederlo lo stesso. Ed è stata l’apoteosi.
Purtroppo è finito il concerto. Ma che prova hanno dato questi vecchietti? Ma che voglia hanno ancora? Il palco è la loro dimensione naturale, il palco li trasforma in tre professionisti che versano fino all’ultima goccia di sudore che hanno in corpo per la soddisfazione del proprio pubblico.
Iniziano a smontare la strumentazione con la loro simpatia e disponibilità dispensando sorrisi e strette di mano a tutti. Per poi terminare il loro lavoro, scendere da quel palco e non so come, ritrasformarsi in tre teneri umarell che, se li dovessi incontrare in un altro contesto, li prenderei per dei tesserati praticanti di una qualsiasi bocciofila di periferia.
Niente da fare, li adoro.
Scaletta Disharmonic Orchestra
1.Flushing The Primary
2.Life Disintegrating
3.Supervision
4.Accellerated Evolution
5.The Venus Between Us
6.Keep Falling Down
7.Perishing Passion + The Sick Deepunder
8.Disappeared With Hermaphrodite Choirs
9.Reccomended Suicide
10.Flambition
11.Innamorato
12.Groove+Aura
13.Idiosyncrasy
14.Interposition
15.The Return Of The Living Beat
Formazione Disharmonic Orchestra
Patrick Klopf – chitarra, voce
Martin Messner – batteria
Hoimar Wotawa – basso
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Ho atteso trentacinque anni per vederli, ma ne è valsa la pena. Che gruppo ragazzi. Sul palco dei professionisti di una bravura ineccepibile mista ad una simpatia e presenza scenica pazzesca.
Mi sono veramente divertito, le band le ho viste in palla e belle cariche.
I Miscreance hanno sfruttato la loro irruenza e carica giovanile con un concerto ben fatto, potente ed energico, non risparmiandosi sul palco e dimostrando la loro ottima attitudine assistendo da fans al concerto del gruppo principale scapocciando e aiutando Martin nei momenti di allentamento di qualche pezzo della batteria dalla sua sede. La band austriaca non si può lamentare. Hanno avuto un gruppo di supporto molto valido ed un roadie alla batteria come Andrea sempre pronto ad intervenire “alla bisogna”.
Grande dimostrazione di gentilezza e disponibilità da parte dei Disharmonic Orchestra che alla fine del concerto si sono concessi alle foto e agli autografi di rito con la consapevolezza di aver trascorso una bella serata, addirittura “perfetta” per Hoimar, nel capoluogo piemontese.
Martin ha impressionato tutti con la sua prestazione da marziano. L’ho sempre considerato un grande batterista, ma stasera si è superato offrendo uno spettacolo oltre ogni aspettativa. Hoimar ha dato prova delle sue notevoli capacità in un paio di assoli e soprattutto nel pezzo finale “The Return Of The Living Beat”, un pezzo rap un po’ de nonantri, ma di un impatto e divertimento unico. Patrick oltre ad essere un bravo musicista è anche un ottimo intrattenitore e con la sua parlata in un italiano molto personalizzato ha divertito tutti i presenti oltre ad aver dimostrato l’umiltà di provarci. Solitamente non è che gli austriaci ci adorino proprio, loro fanno eccezione, un’eccezione molto gradita.
Per gli assenti posso solamente dire che hanno perso un’occasione di vedere e conoscere una band straordinaria.
Esserci e aver visto almeno una volta questi “ragazzi” con cui sono cresciuto e con cui ho dei ricordi che mi fanno ritornare in mente i tempi passati a leggere dalla prima all’ultima riga HM e Metal Shock, sono sensazioni che ti fanno apprezzare ancora di più il fatto di ascoltare questa musica e di far parte di questo universo metallico.
Certo, fisicamente sono cambiati parecchio da quelli presenti nelle foto delle suddette riviste, ma lo spirito è rimasto lo stesso.
Disharmonic Orchestra, se avrete occasione, ripassate da queste parti. Come avete visto questa sera, ci sarà sempre qualcuno che avrà una gran voglia di vedervi. Grazie ragazzi, grazie di tutto.