VACUOUS – In His Blood

Titolo: In His Blood
Autore: Vacuous
Nazione: Inghilterra
Genere: Death metal
Anno: 2025
Etichetta: Relapse Records

Formazione:

Michael Brodsky – chitarra
Jo Chen – voce
Max Southall – batteria
Ezra Harkin – chitarra
Zak mallard – basso


Tracce:
  1. In His Blood
  2. Stress Positions
  3. Hunger
  4. Flesh Parade
  5. Public Humiliation
  6. Contraband
  7. Immersion
  8. No Longer Human

Voto del redattore HMW: 8/10
Voto dei lettori: 8.0/10
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Regno Unito, Inghilterra, Londra, In His BloodVacuous! Secondo album per questa band e va detto subito, confermarsi dopo un ottimo EP di debutto e un altrettanto ottimo primo album, non è mai facile, anzi. Ma quando addirittura riesci a fare meglio, allora, come direbbe qualcuno, hai la mia attenzione.

Attenzione che ha catturato la Relapse Records  che ci ha visto lungo e ha messo sotto contratto il gruppo dopo gli eccellenti responsi di Dreams Of Disphoria. Questo death metal è un pugno allo stomaco devastante, un viaggio all’interno di sonorità inquietanti e violente riecheggianti di vecchio e sano stile o scuola a dir si voglia. Se sei un fan del genere, è assolutamente obbligatorio trovare una mezz’ora di tempo e dare un ascolto a questo lavoro.  Ripeto, obbligatorio!

Le loro influenze si sentono (Autopsy, Obituary,Incantantion), ma la voglia di spingere al limite il genere  (per quanto si possa ancora parlare di limite) e la loro ricerca di una sonorità ben precisa che li contraddistingua, li rende sicuramente tra le giovani leve di maggior interesse nel panorama death. La band è riuscita nel suo intento di voler rischiare qualcosa evolvendo il proprio stile e provando a sperimentare anche inserendo elementi black, industrial e hardcore.

Hanno già un discreto seguito nell’underground britannico. Questa nuova uscita sono sicuro che riuscirà ad aumentare il numero di sostenitori e a sdoganare maggiormente la loro proposta. La produzione è notevolmente migliorata sotto tutti i punti di vista e il prodotto è maggiormente vendibile rispetto al pur ottimo, ma grezzo, primo disco.

Il paroliere e voce del gruppo Jo Chen si ispira per i testi a film horror, sparatorie nelle scuole, serial killer e notizie di cronaca nera. Spunti interessanti e attuali. E la copertina di In His Blood aggiunge quel tocco di sporco e inquietante che rende il tutto ancora più realistico.

Musicalmente è un album equilibrato. L’aggressività e la velocità dei Vacuous ovviamente la fanno da padrone, ma alcuni momenti melodici spezzano il ritmo forsennato dei brani regalando un attimo di respiro all’ascoltatore che, sinceramente, sono molto apprezzati dal sottoscritto. L’atmosfera marcia e pesante che riescono a ricreare serpeggia continuamente tra un brano e l’altro. La solidità e, a volte, quasi orecchiabilità di qualche passaggio dimostra che non si vive di solo sperimentazioni e contaminazioni.

L’apertura è un concentrato di aggressività, “In His Blood” e “Street Positions” sembrano volerci dire che il genere è il death, ma come farlo lo decidono loro. E la loro decisione mi trova d’accordo.

“Hunger” è il pezzo che, a detta loro, i The Cure avrebbero composto se fossero stati un gruppo death. Interessante.

Piena di rabbia e dolore “Contraband”, che parla del fatto di cronaca dei trentanove migranti vietnamiti morti soffocati in un camion mentre cercavano disperatamente di migliorare la propria esistenza. La carica emotiva viene espressa in un ritornello che richiama il punk londinese in un grido angosciato e rassegnato di avversione politica.

Si chiude con il pezzo più lungo e rappresentativo, “No Longer Human”. Sei minuti di riff e ritmi variegati, un attacco verbale urlato in pieno stile black e una brutalità che mette la parola fine a quello che si può definire una delle sorprese dell’anno.

Mi ha impressionato la voce del cantante. Molto interpretativa riesce a trasmettere le sensazioni disturbanti della band in modo crudo e diretto. Bene anche il resto del gruppo, con suoni di chitarre ben distinte e basso al volume giusto. Forse con i suoni della batteria si poteva fare meglio, piccolo ma doveroso appunto.

Termino l’ascolto galvanizzato ed euforico. Quando sento un album come questo, fresco e spontaneo, con belle idee e con belle prospettive, mi sento bene. C’è un’altra band giovane che sa il fatto suo. Il death metal è vivo e continua a sfornare ottime produzione e, purtroppo, pessime in numero maggiore. Ma non parliamone adesso, anzi non parliamone proprio. Evitiamo di dare risalto a chi non si dimostra all’altezza. Ed ecco perché non ci sono insufficienze, per ora, nelle mie recensioni. Semplicemente non recensisco quelli che ritengo, diciamo, meno bravi. Per cui teniamoci stretti i gruppi come questo e continuiamo a sostenere chi riteniamo meriti il nostro tempo e denaro.

Se mai i Vacuous scendessero in Italia per dei concerti, sarei curioso di vederli dal vivo, se ne parla un gran bene. Magari un giorno, magari chissà, magari…

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