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CAPOLAVORO!
Oddio, devo mantenere la calma, se no rischio di esplodere. Ma come faccio se comincio a parlare del secondo album degli Iron Dogs, nome preso direttamente dalla canzone omonima dei grandi Exciter e dietro cui si nasconde un duo canadese dal mirabolante talento? Giusto, come fare? L’unica soluzione è cercare di seguire per filo e per segno il Manuale del Perfetto Redattore, immolandomi quindi sull’altare dell’Obiettività. Eh, ‘na parola (come si direbbe a Roma)…
Prima di tutto, dovete sapere che l’album è composto da otto canzoni per soli 29 minuti di assalto che scorrono senza mai perdere neanche mezzo grammo di intensità. Di questi otto pezzi, ben cinque sono veloci e scatenati. Ma no, non si tratta di thrash metal ma di speed metal intensissimo eppure incredibilmente dinamico e fantasioso. Più che agli Exciter, i nostri si avvicinano forse di più ai Satan, anche se lo speed degli Iron Dogs è declinato in una forma più epica e drammatica. Ciò significa che qui le melodie giocano un ruolo fondamentale, attraverso sia un cantato sì per niente tecnico ma capace comunque di creare linee vocali molto evocative ed elaborate, che un comparto chitarre parecchio curato, con quella solista sempre pronta a tirare fuori dal cilindro dei begli assoli, anche 2/3 in certe canzoni (e ho fatto anche la rima!), ma comunque lontani dall’essere virtuosi. Senza contare poi il basso che talvolta, come la vecchia scuola insegna, si fa sentire per completare le melodie delle chitarre.
In tal modo, l’ascoltatore si ritrova letteralmente avvolto da una musica sempre fresca e imprevedibile, in cui l’unico neo viene purtroppo dalla batteria, che in pratica fa le stesse cose dall’inizio alla fine dell’album tanto che alle volte viene il sospetto che dietro ci sia una drum-machine. Perlomeno, nel finale di “Adversity” ci sono dei bei siparietti di batteria mentre nella seguente “Evil In The Keep” il batterista spara qui e là dei colpi solitari di rullante che riescono a rendere ancor di più intenso tutto il discorso. Però, non aspettatevi dei cambi di tempo, praticamente presenti nella sola “Island Of The Dead”, che conclude l’album con i fuochi d’artificio anche grazie ad assoli molto belli e inventivi.
“Free And Wild” è da ammirare anche perchè il gruppo è abilissimo nel differenziare benissimo fra loro i pezzi speed metal, andando così dalla stradaiola titletrack (che presenta pure dei riffs quasi ipnotici molto originali) alle cupe e cattive “Evil In The Keep” e “Cannibal Death Cult”, che hanno fra l’altro delle severe melodie quasi wagneriane, soprattutto la prima. Per non parlare dei brani più lenti, cioè “Kingdom Of Steel”, “Adversity” e “Storm Warning”, che rimandano moltissimo agli Heavy Load più epici e guerrieri. Ne è un fulgido esempio specie “Adversity”, drammatica ma ricca di fantastici cori battaglieri (una costante anche nei pezzi speed) mentre in “Kingdom Of Steel” ci sono delle parti arpeggiate con annesse semplici ed evocative tastiere e infine “Storm Warning” ha un’atmosfera tremendamente invernale oltre ad avere un ritornello fra i più belli del disco.
Insomma, qui stiamo parlando di roba seria capace di rivaleggiare senza problemi con album come “Life Of Sentence” dei Satan e simili. E non scordiamo che gli Iron Dogs sono giovincelli, anche se sono completamente immersi negli anni ’80 a partire dal taglio di capelli (per giunta molto simile al mio…) del chitarrista/cantante. Quindi, largo ai giovani ma, vi prego, rendete più dinamica e potente la batteria che così com’è adesso è proprio sprecata! Ma adesso posso dirlo, eh? Eh?
CAPOLAVOROOOO!
Tracklist:
1 – Firebird
2 – Kingdom of Steel
3 – Free and Wild
4 – Adversity
5 – Evil in the Keep
6 – Cannibal Death Cult
7 – Storm Warning
8 – Island of the Dead
Line-up:
Jo Capitalicide – voce/chitarre/basso/tastiere
Dan Lee – batteria/voce
BandCamp: http://irondogs.bandcamp.com/
Etichetta Iron Bonehead Records – http://www.ironbonehead.de/