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Tardi anni 90 e inizio 2000: tra Millennium Bug, Bush come presidente degli Stati Uniti e Carlo Azeglio Ciampi come controparte nella nostra nazione, si iniziano a sentire growl lontani e chitarre accordate in Do, che la fanno da padrone in quello che è tutt’ora uno dei generi metal più famosi: il Nu-Metal. Gruppi come Slipknot, capitanati da Corey Taylor, sfoggiano urla mai sentite, mentre Fred Durst si rende portavoce dei giovani della generazione grazie a “Break Stuff”, consacrando nell’olimpo del genere i suoi Limp Bizkit.
Ma non si può citare il genere senza nominare i Korn e i famosissimi Linkin Park, questi ultimi probabilmente i più conosciuti tutt’ora, anche a causa della morte del frontman Chester Bennington. Ed è proprio questo genere che la fece da padrone nelle cuffiette dell’autore di queste righe per molti anni, ed il motivo per cui sto scrivendo questa recensione. Non conoscevo la band in questione, ovvero i tedeschi Void of Animus, ma non appena ne ho letto il genere mi sono precipitato all’ascolto. Il disco di oggi, The Essence, è il vero e proprio album di debutto della band, che ha come obiettivo il battezzare il collettivo per un pubblico maggiore; l’opera è composta da dieci brani, per una durata totale di una trentina di minuti circa.
Il disco si apre con “Alive”, una intro esplosiva che ricalca molto le linee melodiche “Slipknotiane”, ovvero growl profondi ed una velocità del brano che varia molto durante i quattro minuti di ascolto. Proseguendo il disco è impossibile non notare le capacità canore del frontman René Muller, veramente notevoli: rimanendo fedele al genere, il cantante tira fuori dal cilindro una capacità vocale non da tutti, che funziona nel contesto dei brani, ma soprattutto è in linea con le due chitarre. Queste ultime, ispirate sicuramente da Korn et similia, funzionano in simbiosi con il frontman della band, formando un suono che sa di già sentito, ma è comunque funzionale per il genere. Nota di merito sicuramente anche per la presentazione dell’album su Spotify, curata e corredata da video che fanno da sfondo alle canzoni.
In conclusione l’album è sicuramente un ascolto gradito per gli amanti del genere, soprattutto se fanatici delle liriche “Slipknotiane” dei tardi anni 90; in ogni caso i nostri Void potrebbero difendersi bene anche nei confronti dei fan meno sfegatati, grazie a suoni comunque moderni che non sfigureranno nelle orecchie di chi nelle playlist non possiede solo canzoni Nu-Metal.