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RGB INVASION – Il Potere Della TV
Lo scorso 25 giugno entro al Legend Club di Milano un po’ in ritardo rispetto all’orario di apertura delle porte per assistere al concerto delle Butcher Babies. Sul palco trovo gli RGB Invasion, che hanno già scaldato alla grande il pubblico; purtroppo ho mancato l’inizio del loro spettacolo, ma subito capisco che non sto guardando una qualsiasi band emergente che presenta solo la sua musica, ma che c’è qualcosa di più interessante. Non riesco a cogliere subito di cosa si tratta, ma sia la presenza dei musicisti sul palco che quello che propongono è assolutamente insolito. L’eco di generi e di suoni che si mescolano sapientemente in qualcosa di inaspettato coglie nel segno e alla fine me ne torno a casa con la curiosità di saperne di più.
Scopro così che gli RGB Invasion con il loro omonimo album affrontano un concept molto interessante e con questa intervista insieme a Gabriel, bassista del gruppo, ve lo raccontiamo: il tema del “diverso”, così come viene trattato nella cinematrografia dei film anni ’50, ’60, ’70. Appassionati di cinema, a rapporto!
Parliamo subito del nome del gruppo, che è anche il titolo dell’album: RGB Invasion. Spieghiamo in poche parole come funziona il sistema RGB per chi non lo sapesse… e perchè ci
invade!
Ciao Deborah, prima di tutto vorrei ringraziarti per averci concesso questo spazio e per l’interesse verso la band. E’ sempre gratificante vedere che qualcuno va a spulciare nei meandri del nostro lavoro e viene incuriosito dai contenuti. Il nome viene da Red Green Blue, ovvero la codifica colori utilizzata negli schermi TV. Questo perché i brani della band sono tutti presi da film e, nel caso del primo disco, si tratta di film di fantascienza usciti tra gli anni 50 e gli anni 70. La seconda parte del nome, “invasion” è stata aggiunta in un secondo momento per vari motivi, primo tra tutti rafforzare il concetto del potere del mezzo televisivo.
I nomi d’arte che avete scelto per voi membri sono davvero semplici, ma certamente inaspettati. Ci potete dire qualcosa di più per presentarvi al pubblico che non vi conosce, oppure preferite che il vostro personaggio sul palco resti più “misterioso”?
i nomi scelti per i membri sono le nostre iniziali e li abbiamo scelti principalmente perché, insieme agli occhiali che indossiamo sempre sul palco, contribuiscono a una sorta di “depersonalizzazione”. Il potere della TV è (o almeno era) quello di portarti in un mondo nuovo e farti vivere la sua realtà togliendoti dalla tua. Inoltre le lettere richiamano dei “codici”, e in molti film o libri dove le società sono composte da uomini “lavoranti” senza identità, i singoli soggetti sono indicati con dei codici. Ma, in risposta alla tua domanda, la formazione attuale è composta da me, Gabriel, al basso, Zack alla voce, Alessandro alla batteria e Nikolay alla chitarra. Ognuno di noi ha avuto esperienze con altre bands prima di entrare in RGB (Destrage, Exalt
Cycle, Forgotten Tears e molte altre) e conoscendoci personalmente abbiamo capito che la cosa giusta da fare era unire le forze in questo progetto. Il concept della band permette di esplorare una varietà sonora estremamente ampia ed è quello che vorremmo fare. Inizialmente la formazione era composta da me, Zack e Daniele, un chitarrista che però poco tempo fa ha deciso di lasciare il progetto. In tre ci siamo mossi e abbiamo trovato in Ale il batterista ideale per la band, iniziando a fare i primi live e arrivando al live dello scorso 25 giugno dove abbiamo aperto il concerto alle Butcher Babies.
Cosa vi ha spinti a scegliere come concept quello del rapporto tra l’uomo e ciò che è diverso all’interno del cinema dagli anni 50 – 70? Chi è tra di voi l’esperto di cinema?
Mah diciamo cosi: appassionati tutti e 4, un po’ fissato credo di essere io. Abbiamo scelto film di fantascienza di quegli anni perché raccontano storie ovviamente assurde ma che in fondo non sono cosi tanto assurde se togli gli elementi di fantasia. Questa caratteristica li ha resi il mezzo descrittivo ideale per il concetto del “rapporto con il diverso”. Nessuno di noi si ritiene un esperto di cinema, interpretiamo semplicemente quello che il film ci regala a livello emotivo, che in alcuni casi può anche non essere il messaggio principale dell’autore. Vogliamo far vedere il film attraverso i nostri occhi.
L’album si apre con la lettura di un estratto de “La Guerra dei Mondi” di H. G. Wells; qual è il contenuto di questa opera che per voi è più importante e come la decliniamo con il vostro concept?
Si, abbiamo scelto questa “introduzione” perché è parte di una trasmissione radio della fine degli anni 30 dove Orson Welles, il famoso regista, riadattò cosi bene il romanzo di H.G. Wells che parte degli Stati Uniti credette in una vera invasione aliena. La radio è stata il mezzo di comunicazione (e persuasione) che ha preceduto la TV, quindi ci sembrava giusto iniziare il primo disco con questo tributo. Oltre a questo, il primo brano del disco è stato ispirato proprio dal riadattamento cinematografico dei primi anni 50 de “la guerra dei mondi”.
A questo punto proporrei un track by track abbinando i brani alle varie decadi cinematografiche e ai singoli film, un po’ come ho visto sul vostro sito, ma aggiungerei qualche commento in più. In particolare mi piacerebbe contestualizzare le scelte musicali che avete fatto per adattare gli argomenti.
Qua è dura eh. Ci sarebbero mille mila cose da dire, ma cerco di non essere noioso. Abbiamo scelto 3 film per ogni decade (anni 50-60-70), per un totale di 9 brani più un brano strumentale. Le scelte musicali sono l’unione di quello che ci “suggeriva” la visione, quindi a volte sono veri e propri groove, a volte sono campioni di rumori, a volte dei synth o degli incastri tra strumenti. A questo proposito abbiamo anche inserito dei parlati presenti nei film ma registrati da alcuni amici che ci hanno prestato la voce. Questi dettagli non sono sempre facilmente individuabili, perché a volte un suono che può sembrare fuori contesto a livello ideologico rende esattamente la sensazione che vogliamo dare in quel particolare punto. Per cercare di rendere l’ascoltatore protagonista e portarlo nel nostro mondo, abbiamo scritto i testi in prima persona.
Brano: “The End”
Film di riferimento: “La guerra dei mondi”, 1953 (tratto a sua volta dal romanzo omonimo di H.G.Wells.) – Due scienziati si recano per primi sul luogo dove è caduto un meteorite, dal quale emerge un macchinario alieno che comincia a uccidere in modo casuale i presenti e che nemmeno i marines riescono a fermare; toccherà agli scienziati riuscire a prelevare del materiale extraterrestre e studiarlo per sconfiggere la minaccia.
Da subito questo doveva essere un brano violento, ma il punto era mantenere sempre un po’ di tensione, dato che nel film il “nemico” che si va a combattere è qualcosa totalmente ignoto e inaspettato. A livello sonoro ci hanno aiutato le esplosioni, i vari synth che richiamano un theremin e i continui pieni/vuoti. Da subito è stato un brano “metal” con i chitarroni e la doppia cassa, saturo di tutto e un po’ disorientante. Il disco va sempre aperto con un qualcosa di violento, no?
Brano: “Freedoom”
Film di riferimento: “Ultimatum alla Terra”, 1951 – Un disco volante giunge sul Pianeta Terra. Dopo aver osservato a lungo da lontano l’avvicendarsi della Guerra Fredda gli alieni pongono un ultimatum alla Terra: distruzione totale nel caso non avessero raggiunto la pace tra le Nazioni.
Anche qui dobbiamo rappresentare la minaccia di una guerra, ma non ancora reale. L’idea è quella di un crescendo continuo fino all’arrivo, inesorabile, della catastrofe, rappresentata con laser e mitragliatori. Sicuramente è il brano dove abbiamo sfruttato di più la tradizione degli anni 50, con progressioni di accordi e groove tipici del rock and roll. A questo abbiamo unito un theremin molto presente, un parlato da radiogiornale e un ritornello che nella costruzione cerca di guidare l’ascolto verso una chiusura “tragica” ma inevitabile.
Brano: “The Hunting”
Film di riferimento: “La cosa da un altro mondo”, 1951 – Durante una spedizione al Polo Nord viene rinvenuta una navicella extraterrestre intrappolata nel ghiaccio. Nel tentativo di estrarla gli studiosi liberano per sbaglio l’alieno al suo interno.
E’ il brano che praticamente si è scritto da solo. Tutto doveva essere violentissimo e, essendo ambientato in Antartide, estremamente freddo. Per la violenza abbiamo ascoltato tanto gli Slayer, maestri assoluti, cercando di dare un tocco un po’ più punk. Tutta la parte suonata cerca di mantenere il “freddo” e di disorientare l’ascoltatore con parti dissonanti e cambi di tempo. In questo brano ho voluto inserire un campione preso dal remake di John Carpenter come tributo verso uno dei miei registi preferiti.
Brano: “Ape-O-Calypse”
Film di riferimento: “Il Pianeta delle Scimmie”, 1968 (trasposizione del romanzo di Pierre Boulle) – Tre astronauti rimangono bloccati su un pianeta dominato dalle scimmie, che schiavizzano gli umani.
E’ il brano con cui entriamo negli anni ‘60. Ci sono molteplici ispirazioni, dalla colonna sonora originale del film (quasi prettamente rumoristica) ai Sepultura, una delle band di riferimento da sempre. Abbiamo usato molti suoni ambientali e/o naturali, strumenti “tribali”, ritmi ipnotici e “circolari”, per rappresentare la paura da parte delle scimmie verso l’intruso umano che, nel loro mondo, non ha l’uso della parola e che rappresenta una minaccia.
Brano: “Answer me”
Film di riferimento: “L’ultimo uomo della Terra”, 1964 – Il Dottor Morgan è l’unico uomo sulla Terra che non è stato contagiato da una pandemia di vampirismo. Di giorno esce per uccidere i non-morti, di notte rimane barricato in casa, sempre cercando di mettersi in contatto con altri sopravvisuti.
In questo caso abbiamo scelto un incedere più ispirato alla scena ska-punk. Non c’è un motivo vero, il film ci ha ispirato questo, ma è molto funzionale alternare queste parti con i classici organetti (si, presi dai Doors), mantenendo uno stato di quiete ma sempre con una punta di tensione. Ricordiamo che in questo film il protagonista rischia di essere ucciso ogni volta che esce di casa. Nella variante abbiamo scelto delle chitarre aperte e un rallentamento perché è il punto in cui il protagonista si rende conto di esser la soluzione alla pandemia che ha colpito il pianeta, quindi c’è consapevolezza ma rassegnazione. Il pezzo vuole anche essere un tributo a Vincent Price, colonna portante del cinema horror internazionale.
Brano: “SoGood!”
Film di riferimento: “Barbarella”, 1968 – La disinibita viaggiatrice spaziale è incaricata dal Primo Ministro della Terra di ritrovare uno scienziato misteriosamente scomparso.
Forse uno dei pezzi più divertenti in fase di scrittura. Abbiamo usato campioni da film hard ed effetti che richiamassero lo spazio, centrando il brano sull’amore, tema importante più per la protagonista che per la trama del film. Ci sono parti funk, voci (in particolare la guest di Veronica Bordacchini, Fleshgod Apocalypse) che richiamano la disco music e pochi cambi di tempo, nel tentativo di rendere il brano fluido e simile a un viaggio.
Brano: “Orange 6”
Film di riferimento: “Rollerball”, 1975 – Ambientato in un futuro in cui non ci sono più differenze e problematiche sociali, dove tutto quello che accade sul pianeta è controllato da dei “dirigenti” delle “corporazioni”, il violento sport Rollerball è il principale svago dell’umanità.
Altro brano praticamente metal che racconta il primo tra i 3 film degli anni ‘70 che abbiamo scelto. Il contesto è quello di uno sport basato su velocità e violenza, che funge da valvola di sfogo per tutta la società. Abbiamo inserito parti che richiamino appunto la velocità con dei groove drum’n’bass, chitarre serrate, cori “da stadio”, rumori di motociclette e synth che richiamano gli intermezzi usati nelle partite di hockey. C’è anche un aspetto ossessivo, a rappresentare la solitudine del protagonista contro il mondo, creato con dei synth mononota e costanti.
Brano: “Neon Jesus”
Film di riferimento: THX1138, 1971 – Ambietato nel futuro, ogni aspetto della civilità umana è controllato dalle macchine e per raggiungere la perfezione sociale agognata la classe politica propina a ciascun individuo delle droghe per matenere tutti in riga, ma ad un certo punto il protagonista smette di assumerle.
Il film di George Lucas, un’opera incredibile e davvero difficile da reinterpretare. Abbiamo usato molta elettronica, c’è pochissimo suonato, gli strumenti sono molto quadrati e suonano pochissime note. Synth continui e piccoli lead a creare dei pattern ritmici, che s’incastrano per dare l’idea del mondo del protagonista, dove tutti gli uomini sono solo dei lavoratori, ma dove lui inizia a provare dei sentimenti e a sognare la libertà di pensiero. La contrapposizione tra strumenti quadrati e voci molto aperte danno un’idea di prigionia e volontà di evasione. Forse è il brano “strano” del disco, il più tranquillo ma, come sempre, è il film che ci ha mostrato la via. Abbiamo inserito anche un campione presente all’inizio di Mr Self Destruct dei Nine Inch Nails e preso proprio da questo film, in omaggio al genio di Trent Reznor.
Brano: “The Calling”
Film di riferimento: “L’Isola del Dr. Moreau”, 1977 – Sull’Isola governata dal folle Dr. Moreau vengono eseguiti degli esperimenti per convertire gli animali in esseri umani.
Il film racconta di un’isola tropicale dove vengono impiantati dei geni umani negli animali e della ribellione di queste creature. Qui dovevamo dare un senso di caos, aspetto che associamo erroneamente al mondo animale, usando quindi strumenti tribali, campioni di animali e ritmi sincopati. L’incastro tra i vari versi degli animali crea in alcuni casi una vero e proprio supporto alla voce principale. Il finale è molto tranquillo, come su un’isola dove ormai tutto è stato distrutto e queste creature sono state lasciate a loro stesse.
Come sta andando la promozione del disco? Non è un periodo facilissimo per la scena underground, ma quando vi ho visti al Legend Club prima delle Butcher Babies, anche se il pubblico era scarso l’ho visto preso positivamente dalla vostra esibizione.
In effetti non è un periodo facilissimo per promuovere la propria band, per i motivi che ormai conosciamo. Tantissime band, tantissimi tour, tantissima promozione. Vedo tanti progetti che tentano di arrivare alle persone nelle maniere più disparate. Noi cerchiamo di costruirci la nostra via, consapevoli di essere una band appena nata. Personalmente sono contento di come sta andando, è importante curare ogni aspetto della promozione, dai live ai social, e cerchiamo di muoverci il più possibile in ogni direzione. Non ti nascondo che crediamo “un po’ di più” nel live show, ma ogni elemento contribuisce ad una buona comunicazione. Suonare dal vivo per noi è davvero l’elemento che ti coinvolge emotivamente. Il palco è davvero quella cosa che ci permette di portare le persone nel nostro mondo. Quindi è la maniera migliore per presentarsi.
Ultimamente nella scena metal internazionale vanno molto forte le band che oltre ad essere solide musicalmente riescono a proporre uno spettacolo di costumi e scena; mi vengono in mente i Powerwolf, i Sabaton e gli Amon Amarth, i Beast in Black.. stiamo parlando di gruppi che propongono un genere diverso, ma che orbita intorno ad un concept che unisce la musica, i testi, i costumi di scena, il settaggio del palco. Come vi ponete in questo senso? Anche con voi vedo una certa attenzione alla parte scenografica dello spettacolo, qualche particolarità anche in quello che indossate.
Si, negli ultimi anni la parte visiva è diventata fondamentale. Noi abbiamo scelto di rappresentare una band che racconta le proprie “storie” da un posto dove tutto è ormai distrutto. Tutto il disco parla di scelte sbagliate da parte dell’umanità, quindi lo scenario è quello in cui queste scelte sono state portate avanti negli anni. Con il tempo vorremmo implementare vari elementi, far crescere lo show e raffinare sempre di più i costumi, continuando a non far vedere gli occhi e cercando di legare ancora di più la band al mondo del cinema. Le idee ci sono, dobbiamo raffinarle e metterci all’opera!
Come pensate che la vostra musica si svilupperà prossimamente? Avete già in mente se mantenere questa linea oppure esplorerete nuovi orizzonti?
A livello musicale arriviamo tutti da contesti rock/metal, quindi la matrice sarà sicuramente quella, ma non ci porremo dei limiti. Al momento stiamo scegliendo i film giusti per proseguire, credo che per ogni film sceglieremo di “prendere in prestito” dai generi che nella nostra visione lo rappresentano. Non è facile, ma ci proviamo e speriamo che il risultato piaccia.