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Dopo l’ultimo lavoro Tangaroa del 2021, il terzetto neozelandese torna in scena rilasciando il nuovo album Te Rā in collaborazione con l’etichetta Napalm Records e con la produzione del veterano Josh Wilbur, produttore e mixer di artisti come Lamb of God, Megadeth, Gojira e Parkway Drive.
Dopo il successo dei precedenti album Tū (2018) e Tangaroa (2021), i ragazzi di Waipu hanno saputo farsi valere nel mondo del metallo racimolando le visualizzazioni di ammiratori da vari angoli del pianeta.
Il recente documentario “Kua Tupu Te Ara”, diretto da Kent Belcher e prodotto da Nigel McCulloch, segue il retroscena dei tour degli Alien Weaponry e mostra il viaggio dei musicisti da quando hanno deciso di fondare il gruppo nel 2010.
Come si può notare già dai primi brani da loro composti, gli Alien Weaponry concentrano la loro arte sulla conservazione della cultura e della lingua Maori (Te reo Maori), così come sulla resilienza ambientale e sociale.
La traccia di apertura dell’album, “Crown”, ricorda musicalmente una miscela tra Lamb of God e primi Bullet For My Valentine, spaziando dal groove al metalcore e affrontando il tema della disperazione umana, così come “Hanging By A Thread”. Entrambe le canzoni vengono cantate in inglese e si concentrano maggiormente non solo sul malessere della società occidentale, ma anche sulla sofferenza della natura umana in generale.
“Blackened Sky”, più di stampo Metalcore/Thrash, riguarda il problema dell’incombente minaccia della Terza Guerra Mondiale, mentre “1000 Friends” spiega l’ironia del mondo dei social media e dei suoi possibili effetti dannosi sulle persone.
Altri brani come “Tama-nui-te-rā”(“dio sole”) e “Ponaturi” (“spiriti malvagi notturni”) sono cantate esclusivamente in Te reo Maori e riguardano la storia e le battaglie dei popoli nativi della Nuova Zelanda.
Anche “Mau Moko” (il tatuaggio facciale tipico Maori), “Te Riri o Tāwhirimātea” (“dio del clima”) e il brano di chiusura “Te Kore” (Il Grande Nulla, il Vuoto da cui tutto ha inizio) affrontano ancora una volta i temi dell’origine Maori, della sua mitologia e dei suoi rituali mistici, raccontando orgogliosamente le proprie origini al mondo.
La speciale partecipazione di Randy Blythe nel grintoso pezzo “Taniwha” (“spirito dell’acqua”) rappresenta un’importante aggiunta al disco, che potrebbe attrarre anche l’attenzione dei fan dei Lamb of God e di un pubblico maggiormente diversificato.
Nell’album è ricorrente il tema del sentimento di intrappolamento tra due culture, molto diverse tra loro che i ragazzi neozelandesi sperimentano e che riguarda non soltanto loro, ma moltissime persone nel mondo odierno.
Miscelando intelligentemente Nu Metal, Thrash e Metalcore, il terzetto si afferma sempre più come giovane promessa del panorama metal mondiale e si identifica come portavoce di una cultura che rischia, insieme a molte altre, di essere dimenticata.
Il disco presenta un concetto certamente originale grazie ai temi culturali e sociali affrontati dal gruppo, anche se musicalmente non sembra proporre nulla di particolarmente innovativo.