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Con Samnite Black Metal, i Sakahiter firmano il loro primo full-length dopo oltre vent’anni di attività underground, affondando le mani nella storia e nella spiritualità dell’antico popolo dei Sanniti, guerrieri dell’Italia centromeridionale, di cui questi artisti – molisani di origine – raccolgono l’eredità. L’album propone un black metal viscerale e ispirato, arricchito da influenze death e da momenti estremamente epici, costruendo un lavoro dalla forte identità sonora, le cui intenzioni compositive risultano immediatamente riconoscibili. È una dichiarazione di intenti che fonde violenza espressiva e sacralità, evocando riti arcaici e scenari suggestivi con uno stile teatrale e coinvolgente.
L’approccio concreto colpisce fin dal primo ascolto: ogni traccia sembra voler rappresentare e interpretare il proprio contenuto dei testi. Il suono risulta pulito e ben curato nel mix, con una sovrapposizione studiata di growl e voci pulite e un dialogo strumentale sempre funzionale. Brani come “Hirpus” e “Ver Sacrum” ne sono un esempio evidente: evocativi, intensi e stratificati, restituiscono con efficacia la componente atmosferica del lavoro.
Non mancano episodi più diretti e aggressivi, come “Cutilia”, che esplode con ferocia inarrestabile, ma anche questi mantengono momenti articolati e transizioni che danno respiro e profondità. Tra i passaggi più riusciti spicca “Mors Vitam Vicit”, lungo e strutturato, un vero viaggio tra marce funebri, malinconia e sezioni strumentali capaci di mantenere sempre viva l’attenzione. Il suo sviluppo dimostra la capacità della band di proseguire il racconto attraverso l’evoluzione musicale, senza perdersi o cadere nella ripetitività.
Il risultato è un lavoro che, pur restando intenso, duro e viscerale, risulta accessibile anche a chi non è abitualmente immerso nel black metal. Merito di una scrittura ricca di sfumature e dell’integrazione di elementi death che, in alcuni passaggi, attenuano l’impatto sonoro. Samnite Black Metal riesce a coniugare forza e profondità, oscurità e visione, parlando un linguaggio antico con mezzi moderni. Un’opera che lascia il segno, soprattutto per la sua capacità di interpretare un concept con coerenza e immaginazione.
Da ascoltare con attenzione, e da consigliare sia agli appassionati del genere che a chi cerca qualcosa di diverso nel panorama estremo italiano.