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È il 350 a.C., Sciti e Greci combattono una terribile guerra, e il destino della principessa barbara Aella è fatto di amore, sangue e atroce tragedia… una bella ambientazione (semi)mitologica per il secondo disco degli ellenici Kosmogonia, che danno un seguito al debutto Enthrone The Gods, del 2020. Il genere suonato dai nostri può essere ritenuto un folk/death metal: la prima influenza citata sono gli Eluveitie, ma i Kosmogonia sono molto meno celtici, e direi che siamo più nel mood dei primi Arkona o magari dei Suidakra, fatto salvo il fatto che i greci hanno una cantante in pianta stabile e dunque hanno un sound meno caratterizzato dal growling.
Dopo la intro, si parte con “The Rise”, un brano molto cadenzato… forse troppo! Il sound risulta decisamente statico, e per quanto sia apprezzabile la scelta di portare il flauto così in primo piano, c’è davvero poco dinamismo nei duetti fra Vaya e Kostas, che sembrano, entrambi, non metterci la giusta verve. Più dinamica “The Oracle”, con tastiere che portano verso il folk/black, ma il sound risulta un po’ impastato nei passaggi veloci… proseguiamo con “Scheme And Rebirth”, con queste onnipresenti chitarroni ribassati sempre identici, e solo la breve “Fire’s Song”, semiacustica, ci offre qualche momento evocativo. Credo che la cifra del disco sia rappresentata dalla coppia “Wolf’s Howl”/”Elixir”: due brani veramente simili, con flauto, chitarroni, le due linee vocali sempre sulle stesse cadenze che non si incrociano mai… insomma, il disco finisce per non risultare mai veramente coinvolgente. È un mid-tempo anche “The Fall”, e senza particolari guizzi; “Oblivion” ha qualche minima variazione, una (breve) fase strumentale ambient e qualche altra accelerazione black, ma siamo ben lontani da poter parlare di un ‘risveglio’ del disco.
Album come Aella sono relativamente rari, ormai, nel panorama metal attuale: dispiace allora ancora di più che i Kosmogonia non abbiano centrato l’obiettivo, complice un songwriting che manca spesso di ispirazione.