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Principalmente colpito dalla bruttezza della copertina in pieno stile thrash anni ottanta a basso costo, ho deciso di ascoltare l’album di debutto degli svizzeri Atomizator. A dispetto dell’impatto visivo, quello sonoro non è male. Chiariamo subito, non sono dei geni incompresi, non hanno stravolto il mondo musicale, non hanno inventato assolutamente nulla di nuovo, ma sanno suonare. E tutto sommato hanno prodotto un disco che ai seguaci del thrash vecchia scuola farà piacere ascoltare.
Attivi dal 2015, probabilmente in cima alla lista delle loro priorità non c’era la realizzazione di un album. Ma alla fine ce l’hanno evidentemente fatta ed ecco che il loro debutto, Nuclear Booze Patrol, esce sul mercato prodotto dalla Witches Brew. Dieci anni dopo la loro formazione!
Intro di synth fantascientifico stile Movieland , sgommate di automobili, clacson di camion, impatti di vetture motorizzate, sirene della polizia, pale di elicotteri, urla in falsetto e cori da maschioni in gilet di pelle e altre “chicche” di questo tipo mi fanno risultare simpatici questi quattro svizzeri, che riversano nei quarantuno minuti di musica di questo Nuclear Booze Patrol una sincera dose di thrash metal.
Le scale convenzionali con gli ancor più convenzionali cambi di tempo conditi da riff super tradizionali, sono quello che il gruppo elvetico ci presenta senza mezzi termini. Soprattutto senza cercare di strizzare l’occhio a qualche passaggio più moderno che il più delle volte serve solo ad allontanare i fedeli seguaci di questo genere. Così sono e così vogliono apparire. Onesti.
Dal vivo questi pezzi degli Atomizator devono risultare delle bombe da pogo ed headbanging pronte ad esplodere. Sicuramente, in sede live, l’apprezzamento per i brani proposti sull’album diventa maggiore che su disco. Queste sono canzoni che hanno quell’impatto sonoro che ti gasa e carica quando sei in compagnia di amici caciaroni come te, piazzati sotto ad un palco e con la voglia di sfogarti e spaccarti le ossa pogando come se non ci fosse un domani. Diciamo che a casa o in macchina sei meno propenso a mettere su il cd e ascoltarti tutto il lavoro per intero. Più che altro perché, pur essendo più che accettabile e piacevole, non è proprio quel tipo di album che ti attira come una sirena dallo scaffale. Non si ha tutta questa voglia di ascoltarlo per la centesima volta. Ci si ferma molto prima.
Non ha senso recensire canzone per canzone questo Nuclear Booze Patrol, ma ci tengo a segnalare i tre pezzi più rappresentativi.
“Thrash Compactor” ha un titolo creato ad hoc, geniale. Il pezzo è l’unico dove riesco a sopportare gli acuti del cantante. Anzi, qui li trovo congeniali e funzionali alla canzone. Sono presenti quei cambi di tempo classici che anche se non hanno nulla di nuovo, comunque riescono a farti scapocciare. Con quella faccia da duro che ti viene solo quando ascolti un pezzo metal che “ti sta dando soddisfazione”.
“Toxic Highway” ha un bell’inizio pesante che inevitabilmente accelera per poi alternare velocità e robustezza in modo sapiente, aggiungendo poi un bell’assolo di basso a metà canzone che esalta le virtù del musicista. Per terminare con i suoni di un incidente stradale. Eccezionale. Parafrasando dal film Amadeus: “udendo certi suoni … uno può dire solamente: Atomizator!”
“N.B.P. (Nuclear Booze Patrol)” è l’ultima canzone dell’album. E scommetto anche l’ultima canzone in scaletta dal vivo, con il suo ritornello urlato in coro e inneggiante all’azione da parte della “Pattuglia dell’alcol nucleare”. E’ quanto ci si aspetta alla fine di tutto, un inno a braccia alzate e le corna al cielo.
A parte vorrei segnalare “Terror 404”. Non è altro che un’intermezzo con sintetizzatore stile film di Flash Gordon, ed è la dimostrazione che, per aver avuto il coraggio di proporre questa cosa, gli Atomizator non hanno paura di niente!
Come già detto sopra, l’ho ascoltato volentieri, non so quante altre volte lo ascolterò, ma è un lavoro ben fatto con un’ottima produzione alle spalle. Il suono del basso è ben bilanciato e si sente bene, e viste le ottime doti di Dale, il fatto di farlo risaltare in questo modo è un punto a loro favore non da poco. La sezione ritmica è completata da Gabriel che ha un buon tiro, anche se ad onor del vero, non varia tantissimo nell’arco dell’intero disco. La voce di Philip si destreggia bene, ma avrei gradito un po’ meno di falsetto. Bravo alla chitarra Bastien, semplice e senza strafare. L’unico dubbio è come faranno a riproporre dal vivo con una sola chitarra le varie intersezioni tra solista e ritmica, senza perdere la completezza del suono.
Il pregio maggiore è quello di farti fare un viaggio immersivo indietro nel tempo. Sia con la musica che con le sonorità stesse, arricchite dagli effetti quasi cinematografici che toccano quella parte del cervello che ha immagazzinato i tuoi ricordi ottantiani.
Sentir parlare di guerra dagli svizzeri ha un suo perché. Immaginarsi su un’autostrada stile Mad Max tra Ginevra e Losanna ha un suo perché ancora più grande.
L’esordio si può dire che sia positivo. Non so come si evolverà la storia degli Atomizator, ma ammetto che se dovessero passare dalle nostre parti per un eventuale tour, andrei sicuramente a vederli.
La voglia di spaccarmi lo ossa me l’hanno fatta venire. E questo è già un buon risultato.



