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È tornata a volare forte e fiera l’aquila d’acciaio dei Primal Fear, più forte della malattia che ha colpito Matt Sinner qualche anno fa, più forte dell’ennesimo cambio di formazione, la band capitanata dal già citato Matt Sinner e Ralf “Mastro Lindo” Scheepers torna con Domination forte di una nuova line up.
Il trademark della band ormai è ben riconoscibile, dopo quasi trent’anni di attività non ci si possono aspettare grossi cambi stilistici quindi aspettatevi riff taglienti come rasoi, un drumming potente e preciso, melodie che strizzano l’occhio verso lidi più commerciali o pop, con ovviamente la classica voce del nostro Ralf.
Ero abbastanza curioso di ascoltare questo Domination, dopo (a mio avviso) i deludenti Metal Commando e Code Red e dopo il terremoto interno alla band che in stile calciomercato ha sostituito 3/5 della formazione “titolare” e che ha portato tra le fila del combo teutonico la chitarrista italocubana Thalìa Bellazecca, il ritorno in pianta stabile di Magnus Karlsson e André Hilgers alla batteria… scusate le mie divagazioni calcistiche, ma con l’inizio del campionato ed una nuova stagione Fantacalcistica purtroppo mi capitano queste uscite…
Torniamo alla musica, Domination ha tutti i canoni del disco della rivincita. “The Hunter” è il classico brano alla Primal Fear, granitico e melodico, sulla stessa linea segue “Destroyer”. Con “Far Away” si torna a inizi 2000, brano veloce e tagliente mentre con la successiva “I Am The Primal Fear” i nostri rivendicano la loro essenza alzando un po’ il piede dall’acceleratore rendendo il brano cadenzato e potente, stesso discorso con la successiva “Tears Of Fire”. Mentre con “Heroes and Gods” si ritorna ad alta velocità con un ritornello di Hanseniana memoria.
La strumentale “Hallucinations” ci porta ad “Eden”, primo lentone del disco con ospite Melissa Bonny degli Ad Infinitum (no, non è parente del nuovo acquisto dell’Inter), brano che personalmente non mi ha entusiasmato più di tanto.
Si continua con “Scream”, brano potente e con un ritornello di sicuro impatto in sede live, con “The Dead Don’t Die” si ritorna a rifiatare, classico mid-tempo senza grossi acuti. “Crossfire” invece colpisce e anche forte, brano veloce e aggressivo con un ottima parte centrale. “March Boy March” che parte con l’intro di una marcia tribale su un ipotetico campo di battaglia e che sfocia nel brano più veloce di tutto l’album. Chiude l’album il secondo lentone, “A Tune I Won’t Forget”, brano con archi e orchestrazioni che chiudono degnamente un lavoro riuscito.
Ma quindi alla fine com’è questo Domination?!? Non è un capolavoro, le cartucce più grosse sono state sparate, dischi come il primo omonimo album, o come lo spettacolare Nuclear Fire sono secondo me inarrivabili, ma siamo davanti ad un buon disco, a mio avviso decisamente superiore rispetto alle ultime uscite.
L’aquila d’acciaio dei Primal Fear dopo quasi trent’anni è ancora in forze e Domination è la chiara rappresentazione del suo stato di salute.