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Nelle Marche sono arrivati Stratovarius, Sonata Arctica e Rhapsody of Fire per una giornata interamente dedicata al power metal. Le aspettative erano alte, e noi eravamo pronti a scoprire se questo “nuovo modo di fare festival” avrebbe mantenuto le sue promesse. Il Wondergate 2025 si è infatti presentato come un festival diverso dagli altri: accessibile, con prezzi abbordabili e un’organizzazione pensata per il pubblico.
Sarà stato realmente così?
Possiamo subito dire che il Wondergate è stato un festival dai due volti: da un lato le performance memorabili di Stratovarius, Sonata Arctica e Rhapsody of Fire, dall’altro un’organizzazione che ha lasciato perplessi con prezzi esagerati, parcheggi discutibili e un livello di sicurezza non all’altezza. Ne è uscita una giornata in cui le band hanno salvato la scena, conquistando il pubblico nonostante le ombre dell’evento. Curiosi di scoprire come sarebbe stato questo Wondergate, soprattutto dopo i commenti contrastanti sui social, io e Sabrina, la mia dolce e metallara metà, partiamo per Marina di Altidona. Il festival si divide in tre eventi, Sonic Gate, Electronic Gate e Metal Gate, e già qualche giorno prima del secondo evento è stata annullata una serata – l’organizzazione ha trovato subito le sostituzioni per gli artisti assenti – scatenando l’arrabbiatura per il processo di rimborso che sembrava non condurre da nessuna parte, a quanto dicevano alcune persone sul web. Ma questo Wondergate si è prodigato in una campagna di marketing sui social incentrata sull’immagine del festival diverso dagli altri, un festival accessibile a tutti, sia per la proposta musicale che per l’organizzazione: prezzi di cibo, birra e parcheggi a portata di chiunque, senza spennare la gente, una location perfetta per un evento simile e la possibilità di evitare le code ordinando dal sito ufficiale bevande e cibo e addirittura merch e servizi. Perciò, per essere tranquilli, prima di partire decidiamo di prenotare il parcheggio. Due possibilità: parcheggi “gold” a € 10.00 che progressivamente si allontanavano dalla location e poi il parcheggio “platinum” custodito a € 15.00, in un prato dietro al palco. Mi dispiace ma questi non sono prezzi modici. Due giorni prima al Circolo Magnolia di Milano il parcheggio è costato € 5.00, giusto per fare un paragone vicino nel tempo. Giunti al parcheggio ci rendiamo conto che dobbiamo fare un giro larghissimo per raggiungere l’ingresso del festival e su questo percorso erano presenti alcuni dei parcheggi “gold”, che abbiamo scoperto essere più vicini. Ma rimaniamo ancora più interdetti quando ci rendiamo conto che il 90% della zona adiacente all’ingresso – e per adiacente intendo anche 20 metri prima – era tutta zona di parcheggio libero. Inizia ad insinuarsi una sensazione di presa in giro, ma non vogliamo trarre conclusioni affrettate. Arrivati all’ingresso ci rendiamo conto che lo spazio fisico per entrare è largo poco più di un metro su entrambi gli ingressi; uno dei due è addirittura delimitato da muretti di cemento e questi sono punti di fuga per tutta l’area; livello di sicurezza preoccupante a dir poco. Il tutto aggravato dal personale che ispezionava le borse che ha permesso ad alcuni spettatori di portare dentro ombrelli grandi e – questo non l’avevo mai visto – due o tre sedie da campeggio in metallo. Eravamo senza parole. Ci viene dato il braccialetto, ma non si può entrare ed uscire. Quindi a che serve il braccialetto? Ci dirigiamo verso il bancone, apriamo l’app ed effettivamente riusciamo a prenotare le birre e a prenderle al bancone in tempo zero. Molto bene! Peccato che le birre costino € 8.00 e non siano da 0,4 cl come a tutti i concerti, bensì da 0,3 cl, per un totale di € 24.00 al litro. Mi ripeto: dispiace ma questi non sono prezzi modici, considerando anche che, sempre leggendo commenti di chi è andato all’Electronic Gate, nelle altre serate la birra costava € 6.00. Perché noi metallari dobbiamo pagare di più? Non abbiamo nemmeno azzardato a prendere da mangiare perché, a parte un paio di cose che costavano € 5.00 e € 9.00-10.00, l’80% del cibo andava dai € 12.00 in su. Nota positiva: era consentito introdurre cibo da fuori e mangiarlo seduti ai tavoli messi a disposizione. Infine il merch era risicato. Qualche maglietta ed accessori del Wondergate e merch vario delle band che si esibivano, ma nulla di Sonata Arctica e Stratovarius; abbiamo chiesto a riguardo e ci è stato risposto con un esaudiente “ah non ne abbiamo idea”. In mezzo a tutto ciò nessuno conosce l’orario di esibizione delle band. Alle richieste fatte dagli utenti sui social ufficiali, le pagine del Wondergate hanno sempre risposto alla stessa maniera: “A partire dalle 17:30 inizieranno le band open e di seguito tutte le altre”. Continuano a mancare gli orari, quindi chi viene per una determinata band che deve fare? Mistero. Siamo onesti, l’inizio non è dei migliori, ma noi non ci facciamo buttare giù da tutto ciò, ci beviamo qualche birra e ci avviamo verso il palco.
L’apertura del live è affidata a tre formazioni italiane: NoAge, Dark Horizon ed Embrace Of Souls.
Purtroppo mi è impossibile parlare della loro musica perché dall’impianto arrivava un suono che confuso è dir poco. La descrizione che segue vale per tutti e tre i gruppi.
Le chitarre del lato sinistro sparivano di tanto in tanto mentre la chitarra a destra (in questo caso solo per gli Embrace Of Souls) risultava, in alternanza, inesistente oppure del tutto sovrastante. La batteria era un “woooooo” continuo che è cessato solo per alcuni sporadici momenti per lasciare spazio al rullante… solo al rullante, nient’altro. Delle linee di basso suonate da tutti e tre i bassisti quasi non si distinguevano le note, nonostante durante i soundcheck i tre bassisti avessero degli ottimi suoni individuali. Infine le voci che, come per tutti gli altri strumenti, risultano totalmente altalenanti nei volumi, spesso troppo alti e del tutto staccate dalla pasta sonora di base; è vero che le voci devono spiccare, ma non devono nemmeno sovrastare il resto. Questa situazione sonora più che anomala è stata percepita da svariate persone nel pubblico, al punto che, durante l’esibizione degli Embrace Of Souls, circa venti spettatori delle retrovie – compreso il sottoscritto – si sono girate tutte insieme verso il mixer, fissando la console, quasi a voler dire “fate qualcosa per favore?”. Davvero un peccato dover scrivere tutto ciò, e provoca ancora più dispiacere vedere che a rimetterci sono gruppi che hanno fatto i salti mortali per comporre brani, registrarli e proporli live. Quindi super menzione d’onore per NoAge, Dark Horizon, Embrace Of Souls che hanno dato il 110% e si è visto chiaramente. Speriamo di poterli rivedere in condizioni audio più consone.
RHAPSODY OF FIRE
Al Metal Park 2024 sono riuscito a vedere i Rhapsody Of Fire solo sull’ultimo ritornello dell’ultimo brano, complice un po’ di coda all’ingresso, quindi sono ansioso di vederli a questo Metal Gate. Si parte con “Unholy Warcry” che mi riporta indietro a quando li vidi per la prima volta a Francoforte in apertura ai Manowar – la formazione era leggermente diversa. La reazione del pubblico è lesta e gli astanti non si fanno pregare: il ritornello è cantato a squarciagola da tutti. Questo è il riassunto che si potrebbe fare per ogni brano suonato nel set. I Rhapsody Of Fire non perdono un colpo e per nostro sollievo i suoni sono bellissimi. La chitarra di De Micheli c’è, non salta e non sovrasta e durante le parti in duetto con Staropoli i livelli sono perfetti, quasi in qualità disco. La commistione dei suoni del basso di Alessandro Sala e della batteria di Paolo Marchesich è ineccepibile e si lasciano spazio a vicenda in modo tale da essere entrambi udibili chiaramente. Il “woooooo” è magicamente sparito. Giacomo Voli è padrone della scena; gli bastano due parole e qualche movimento di braccia per catturare l’attenzione e la partecipazione del pubblico, caldissimo. Le sue doti vocali sono indiscusse e la resa è perfetta sui brani nuovi e su quelli vecchi. Sulla setlist c’è poco da dire, in realtà: metà scaletta affidata agli ultimi tre dischi (The Eighth Mountain, Glory For Salvation, Challenge The Wind) con brani che vengono cantati da tutti i presenti e l’altra metà affidata ad album dall’epoca pre-Of Fire, sempre con la collaborazione vocale di tutti gli astanti. “Dawn Of Victory” ed “Emerald Sword” in chiusura sono un trionfo di metal epico eseguito con tutti i crismi del caso. Bravi Rhapsody Of Fire!
Scaletta:
The Dark Secret (Intro)
Unholy Warcry
Rain Of Fury
I’ll Be Your Hero
The March Of The Swordmaster
Challenge The Wind
The Magic Of The Wizard’s Dream
Chains Of Destiny
Warrior Heart
Kreel’s Magic Staff
Dawn Of Victory
Emerald Sword
SONATA ARCTICA
Momento di onestà intellettuale obbligatoria: non mi sono mai piaciuti. Li ho visti tante volte perché suonavano durante festival a cui ero presente, ho sempre provato ad ascoltarli, ma niente, non ce l’ho mai fatta. Fatta questa premessa, l’ensemble finlandese sale sul palco carico a pallettoni e con dei suoni ancora più bilanciati di quelli dei Rhapsody Of Fire. Si parte con “First In Line”, opener dell’ultimo lavoro in studio Clear Cold Beyond e da subito è chiaro che band e platea sono in perfetta sintonia. Tony Kakko è sempre sorridente ed emana positività ad ogni movimento di mani e ad ogni parola pronunciata. I Sonata proseguono con “I Have A Right” che abbassa leggermente il tiro che però viene ripristinato appieno dai quattro brani successivi: “San Sebastian”, “Replica”, “My Land” e “Full Moon”. La band sfoggia le migliori caratteristiche che si possono desiderare da dei performer, ovvero carisma, coinvolgimento, abilità tecnica e showmanship. È davvero bello vederli sul palco e l’effetto che scaturisce è un matrimonio perfetto con il pubblico che non molla un secondo. È stato anche bello vedere persone che avevano chiaramente scoperto i Sonata Arctica 20/25 anni fa con i primi album, come il sottoscritto, emozionarsi su brani come “Full Moon” o “Replica” (“Run away, run away, run away” l’ho cantato anche io). Lo show si chiude senza una vera botta finale; dopo “Wolf & Raven”, “Don’t Say A Word” non è proprio il brano più esplosivo – ma io sono un criticone -, a tutti gli altri è piaciuto tantissimo, quindi hanno ragione loro!
Scaletta:
First In Line
I Have A Right
San Sebastian
Replica
My Land
Full Moon
Wolf & Raven
Don’t Say A Word
STRATOVARIUS
Si sa, gli Strato sono una garanzia, ma, nonostante siano passati due anni, come al Metal Park 2024 si sente che arieggia lo spettro di Milano 2023 dove la sfortuna ha colpito pesantemente Timo Kotipelto e soci. Per fortuna quell’incidente è ormai lontano. Intro e si parte a 1.079.252.848,8 km/h: “Speed Of Light”. Veloce, precisa e immortale. I suoni raggiungono l’apice. Raramente ho sentito questa band in maniera così cristallina. Per non tediare chi legge eviterò l’analisi strumento per strumento e mi limiterò a sottolineare come gli Stratovarius si siano presentati sul palco con amplificatori veri, niente digitale e la differenza è stata abissale. La scaletta prosegue con “Eagleheart”, “Glory Days” e “Kiss Of Judas”, senza un attimo di tregua. La band è in trance agonistica, con Matias Kupiainen che inanella assoli dal gusto musicale superbo – per i “guitar nerd”, i pezzi vecchi in Re li ha suonati con la chitarra in drop! -, Jens Johansson calmissimo che beve una Moretti da 66cl mentre con l’altra mano suona – se Jens non beve, non è un live degli Stratovarius – e incastra ritmiche meravigliose con il bassista Lauri Porra, forse vero protagonista scenico di questa serata. Menzione speciale per Rolf Pilve, perché prendere in mano l’eredità di Jorg Michael non è facile; se suoni i brani uguali allora risulti la fotocopia, se li cambi stai tradendo gli originali. Rolf invece ci mette il proprio gusto musicale senza dimenticarsi chi suonava prima di lui e quindi i classici della band sono fedeli agli originali, con il suo tocco personale che non li snatura, anzi, li esalta. Infine Timo Kotipelto; che gli vogliamo dire? Voce perfetta, doti da intrattenitore che migliorano con l’età e tanta tanta felicità nel vedere il pubblico di Marina di Altidona che perde la voce con i suoi classici intramontabili. Arriva “Survive” dall’omonimo ultimo album. Già mi era piaciuta a Wacken 2022 quando la presentarono in anteprima e ora che è un brano rodato devo dire che si inserisce perfettamente nella scaletta senza sfigurare di fronte ai giganti del passato. Qualcuno ha detto “Black Diamond”? Eccola! Servita con un antipasto di assolo di tastiera, scatena un pogo sfrenato e un canto collettivo che quasi copre il volume dell’impianto. Da qui in avanti l’adrenalina sale ancora di più. “Destiny” e “Unbreakable” preparano il terreno per il finale ormai rituale affidato ad “Hunting High And Low”. Bella, come la prima volta che la sentimmo dal disco di Infinite. Potrebbero suonarla quattro volte in scaletta e saremmo comunque tutti felici. Un concerto davvero spettacolare che chiude questa giornata dedicata al power metal, una tipologia di giornata che, ammettiamolo, dovrebbe verificarsi più di frequente nel nostro paese.
Scaletta:
Speed Of Light
Eagleheart
Glry Days
Kiss Of Judas
Survive
Black Diamond
Destiny
Unbreakable
Hunting High And Low
Il parere finale su questa giornata del Wondergate si deve per forza dividere in due, ovvero l’evento in sé e le performance. Come detto in apertura, questo festival è risultato essere l’esatto opposto dell’immagine pubblicizzata nei mesi precedenti. Se avessero optato per una campagna focalizzata sul portare i grandi eventi in questa zona d’Italia, con la consapevolezza che c’è sempre margine di miglioramento, e con in mente l’esempio dei grandi festival europei, allora gli si poteva tranquillamente perdonare quasi tutto. Purtroppo non è stato così. Anche leggendo i commenti sui social principali si nota come gli utenti di tutte le serate lamentino più o meno le stesse dinamiche, dal mancato rimborso per l’evento annullato dell’Electronic Gate, al parcheggio carissimo venduto come custodito, ma che custodito non era, alla presenza di parcheggio libero letteralmente ovunque, ai prezzi folli – € 8.00 per una birra da 0,3 cl non l’ho mai vista nemmeno negli ippodromi milanesi – e a tante altre istanze che sommate non restituiscono un’immagine piacevole. Spero davvero che, essendo un festival nuovo, riescano a migliorare su certe dinamiche per offrire un’esperienza davvero a misura di tutti. I presupposti ci sono! La fortuna è che le performance sono state stellari. Come si diceva prima, le band in apertura hanno subito l’handicap di quei suoni confusi, ma a maggior ragione le loro performance si possono giudicare più che ottime anche solo basandosi sull’attitudine mostrata. E poi i big. Tre mostri sacri, tre concerti fantastici. Alla fine usciamo tutti felici e il merito appartiene a: NoAge, Dark Horizon, Embrace Of Souls, Rhapsody Of Fire, Sonata Arctica e Stratovarius.
Wondergate, alla prossima!