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EUROPEAN BLOOD DYNASTY 2025 TOUR
ARCH ENEMY + Amorphis + Eluveitie + Gatecreeper
Alcatraz, Milano
22 ottobre 2025
Ritornano all’Alcatraz, in quel di Milano, gli Arch Enemy. E, per chi fosse stato presente la volta precedente, dita rigorosamente incrociate a scongiurare eventuali pericoli di black-out sicuramente non graditi.
Al mio arrivo noto con simpatico piacere delle chiome femminili con forti richiami bluastri a rimarcare quanto questo gruppo, e la sua bravissima cantante, abbiano fatto presa sul popolo metallaro e sui giovani. Già, perché il numero di giovani presenti è molto alto e supera sicuramente la quota a cui sono abituato ad assistere ai miei soliti concerti old school.
Non sono una grande fan di questa band su disco, non li ascolto in modo assiduo, ma dal vivo è certamente innegabile la loro bravura e questa sera voglio gustarmi la loro performance in santa pace sperando che non ci siano problemi di natura tecnica. Ad accompagnarli c’è un bel piatto ricco: gli Amorphis, questi sì che li ascolto assiduamente, gli Eluveitie, uno dei pochi gruppi con strumenti folk che riesco ad apprezzare e i Gatecreeper, gruppo americano che conosco poco ma che, dal numero di magliette con il loro logo che vedo indossate, presumo abbiano un buon seguito.
Con quattro gruppi e con i rigidi orari milanesi da rispettare, l’inizio del concerto è fissato per le diciotto in punto ed essendo un mercoledì lavorativo, i presenti in coda non sono molti. Ma confido che, per gli Amorphis, la totalità dei partecipanti sarà presente.
Riesco ad incontrare i membri dei Gatecreeper per una foto e quattro chiacchiere, non prima di aver sbagliato clamorosamente ed aver fermato un ignaro passante con i capelli uguali a uno dei chitarristi della band ed avergli gentilmente chiesto in inglese un autografo. Appurato l’errore e dopo la magra figura rimediata, mi sono stampato bene in mente le facce dei musicisti onde evitare altre situazioni imbarazzanti come quella appena vissuta.
Joey Concepcion cerca di raggiungere il tour bus inosservato ma, per sua sfortuna, viene da me notato e, riconoscendolo, lo importuno a dovere con le mie solite richieste. Sorridente, ma presumo che mentalmente stesse tirando giù una svariata quantità di improperi di varia natura per la sfortuna di essere stato da me riconosciuto, concede qualche minuto al sottoscritto.
Alle diciassette e trenta si comincia ad entrare. L’ora dei Gatecreeper è arrivata e per adesso il locale è mezzo vuoto o mezzo pieno, fate voi. Ne approfitto per sistemarmi vicino alle transenne in mezzo al palco, come detto sopra, voglio gustarmi i per bene tutti e quattro i gruppi.
Molto bene, ci siamo, inizia la data milanese dell’“European Blood Dynasty 2025 Tour”.
I Gatecreeper hanno più di dieci anni di esperienza e tre album sul groppone. L’ultimo è Dark Superstition uscito lo scorso anno e che la band ha supportato con un tour europeo che ha toccato sempre Milano. Purtroppo il numero di persone in quella data era stato abbastanza basso. Oggi sono i primi ad esibirsi, ma sicuramente ci sono già più persone rispetto alla volta precedente.
Sullo sfondo è presente il logo del gruppo con le luci verdi intermittenti ad illuminarlo. Classica scenografia da gruppo d’apertura, essenziale. Ma non è questo che mi colpisce. Quando i musicisti americani assalgono sul palco salta subito all’occhio il poco spazio fisico a loro disposizione. La batteria è sistemata al centro e ridosso del pubblico e a fianco ci sono due pedane sopra le quali il resto della band si posiziona. Una volta saliti e sistemati rimarranno in quella posizione per tutti i trentacinque minuti del concerto. Fisicamente non possono fare altro.
Questo non intimidisce minimamente il gruppo che chiama a raccolta i presenti e attacca immediatamente e violentemente senza remore e timori di sorta con il suo death metal selvaggio e primordiale.
Nonostante la situazione di “ristrettezza”, l’headbanging e la partecipazione dei Gatecreeper è totale. Per quanto nelle loro possibilità, si agitano, incitano il pubblico e coinvolgono i presenti con una prova che definirei “fresca” e senza fronzoli.
La maggior parte della scaletta verte sull’ultimo album. “Dead Star” apre il disco e apre lo show. Probabilmente non sono dei mostri di tecnica, ma questa non viene richiesta. Vogliamo rabbia e ferocia e veniamo soddisfatti. “Ruthless”, “A Chilling Aura” e “Caught In The Treads” soddisfano le nostre voglie. Il pubblico è partecipe, ma non ha ancora cominciato a pogare. Ci pensa Chase con “The Black Curtain” e i suoi pugni al cielo a dare il via alle nostre danze. Ora sì che si ragiona, il possente chitarrista Eric, con la sua figura imponente e il suo sguardo perennemente “incazzuso”, dà una bella scossa ai presenti. Chiusura animalesca e pogo finale con annessa partecipazione dello stesso Eric in piedi sulle transenne intento a suonare ed urlare come un forsennato.
Nulla da dire, bella prova. Un inizio come si deve e sono sicuro che questi ragazzi, su un palco leggermente più grande, spaccherebbero il deretano ai passeri.
Saluti finali e applausi meritati, qualcuno dei presenti che li ha visti l’anno scorso mi ha detto che, simpaticamente, la volta precedente avevano scelto come outro “Il Ballo Del Qua Qua”. Questa volta i Gatecreeper ci deliziano con un’altra chicca musicale italiana, “Fritto Misto”, cantata dal Gabibbo.
Sorrisi ed altri applausi… il Gabibbo… questo si chiama coraggio!
Setlist Gatecreeper
01. Dead Star
02. Ruthless
03. A Chilling Aura
04. Caught In The Treads
05. The Black Curtain
06. From The Ashes
07. Mistaken For Dead
08. Flesh Habit
09. Sick Of Being Sober
10. Flamethrower
Outro – Fritto Misto (Gabibbo)
Formazione Gatecreeper
Chase H. Mason – Voce
Eric Wagner – Chitarra
Israel Garza – Chitarra
Alex Brown – Basso
Metal Matt – Batteria
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Un pensiero mi assale. Gli Eluveitie sono in otto. Ci staranno? Cambio strumentazione e, fortunatamente per loro, aumentato lo spazio a disposizione per quelli sul palco. Alla fine si rivelerà sufficiente.
Non sono un amante di sonorità con strumenti folk, ma gli svizzeri mi hanno sempre affascinato. Questo mix di death e folk, fatto bene, ha un suo incanto particolare. Al loro ingresso fa seguito un’ovazione che non mi aspettavo. Sono molto amati e si sente.
Impressionante la prestazione di Chrigel, trascinante e tecnicamente impeccabile, che alterna whistle e mandola e ha ancora una voce da brividi e presenza scenica da paura. Magistrale. Ma anche gli altri non sono da meno. Fabienne, dico subito che non mi fa impazzire, ha dato il suo contributo regalandoci anche la versione di “The Call Of The Mountains” in italiano, e Lea- Sophie al violino è stata un accompagnamento continuo e sublime con il suo strumento a corde e la sua ghironda.
Fa specie, in ambito metal, parlare delle chitarre in maniera non primaria, ma che, in questo contesto, fanno la loro parte completando il suono e non ergendosi a protagoniste assolute. Jonas e Rafael sono quelli che definirei due chitarristi dai modi molto “discreti”.
Il pubblico è già quasi tutto entrato, e si sente. Gli incitamenti e le urla di apprezzamento sono forti e continui. Il gruppo percepisce e ringrazia continuamente per questa grande dimostrazione di affetto.
La scaletta è piuttosto variegata. Sono solo due i pezzi dall’ultimo Ànv, il resto pesca dal loro lungo repertorio. Mancano i discorsi in italiano di Matteo Sisti, che ha lasciato la band qualche tempo fa e che è stato degnamente sostituito da Nils Fischer, ma il calore del gruppo viene trasmesso ugualmente attraverso le belle parole di Chrigel.
“The Prodigal Son”, “A Rose For Epona” e “Premonition” son il momento clou del concerto, un concentrato di tutto quello che sono oggi gli Eluveitie. Sono in tanti, sono in otto, ma il livello di alchimia raggiunto è massimo. Sono una macchina perfettamente funzionante di cui Alain e Yannick ne sono il motore ben oliato e puntualmente “tagliandato”.
I movimenti sul palco sono perfettamente sincronizzati ed è tutto bello da sentire e da vedere.
“Flesh Habit” e “Sick Of Being Sober” sono il preludio al finale e ci fanno assaporare gli ultimi momenti in loro compagnia con due esecuzioni che vedono ormai completamente ultimata la simbiosi tra band e pubblico.
L’ultima non poteva che essere “Inis Mona”, pezzo storico del 2008 estratto da un altrettanto album storico, Slania. Sono terminati i quarantacinque minuti con gli Eluveitie, ovazione.
Prolungati i saluti finali con il gruppo che fotografa e riprende il pubblico e alto il livello di gradimento raggiunto. Bella prova e convincenti come sempre.
Se proprio dovessi scegliere, tra tutte e quattro, una band vincitrice della serata…
Scaletta Eluveitie
01. Ategnatos
02. Deathwalker
03. The Prodigal Ones
04. Exile Of The Gods
05. A Rose For Epona
06. Premonition
07. Ambiramus
08. The Call Of The Mountains (in italiano)
09. King
10. Inis Mona
Formazione Eluveitie
Chrigel Glanzmann – Voce, Mandola, Whistle
Rafael Salzmann – Chitarra
Alain Ackermann – Batteria
Jonas Wolf – Chitarra
Fabienne Erni – Voce, Arpa Celtica
Lea-Sophie Foster – Violino, Ghironda
Yannick Urbanczik – Basso
Nils Fischer – Cornamusa, Whistle
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Gli Amorphis mi piacciono, e anche molto. Difficilmente passa molto tempo tra un ascolto e l’altro, sono una presenza quasi fissa nel mio lettore. La discografia, poi, l’apprezzo praticamente tutta.
Questa breve introduzione l’ho fatta perché, non so per quale preciso motivo, nonostante praticamente li adori, dal vivo non riescono mai a prendermi. Suonano bene, non fanno errori, ma non riesco a creare un “legame” con la band. Ora mi insulterete, e magari farete anche bene, ma lo devo dire: “sul palco mi annoiano”. E questa volta, alla fine, ho provato la stessa sensazione. Perché? Aiutatemi, qualcuno mi aiuti, me lo spieghi, perché da solo non lo capisco. E mentre vi scrivo sto ovviamente ascoltando di sottofondo Halo, che adoro.
Tomi Joutsen è anche uno che non si risparmia, ce la mette tutta, ha carisma ed è un ottimo frontman. Ma da solo non basta. I pezzi sono belli, coinvolgenti, da “vivere” in tutti i sensi, con grinta, energia e passione. Ecco, forse, gli altri del gruppo, mi sembra che pecchino sotto questo punto di vista. Li osservo e mi fanno distrarre. Va bene non esagerare nell’esternare emozioni, ma creare un minimo di “contatto” sarebbe gradito.
Quarantacinque minuti anche per loro e apertura affidata a “Bones” dal loro ultimo lavoro Borderland. Nonostante i cambiamenti stilistici, hanno sempre la loro identità e mantenuto il loro sound distintivo. Il viaggio continua con “Silver Bride” da Skyforger e “Wrong Direction” da Queen Of Time. La successiva è “The Moon”, e come avrete capito dalla varietà di album coinvolti, i finlandesi vogliono proporci quello che è stato il loro nuovo percorso. Ma a me, continuano a non coinvolgere. Manca sempre quel qualcosa.
Il momento che mi ha coinvolto è stato quando hanno suonato “Black Winter Day”. Un brano che personalmente ritengo talmente bello che mi emozionerebbe comunque anche se a suonarlo ci fossero i Bee Hive.
Chiusa questa parentesi, sono ritornato nella mia bolla apatica. E devo dire che non ero da solo. Ho visto anche altre persone non “coinvolte” come me, con smartphone in mano a guardare costantemente l’ora e a distrarsi con videogiochini e risultati sportivi. E sia chiaro, per me è una pugnalata al cuore, perché adoro gli Amorphis.
Si termina con i pezzi che rappresentano al meglio la loro seconda fase, “House Of Sleep” e “The Bee”, dove il pubblico partecipa con grande calore a questo finale di live sempre e comunque ben eseguito.
Grandi applausi ed entusiasmo palpabile. I finlandesi ci salutano e lasciano il palco per il gruppo successivo.
Gli Amorphis hanno suonato tecnicamente in maniera ineccepibile, eseguito canzoni magnifiche (non c’erano dubbi) ma, purtroppo, ho sbadigliato svariate volte. Troppe volte.
Scaletta Amorphis
01. Bones
02. Silver Bride
03. Wrong Direction
04. The Moon
05. Dancing Shadow
06. Death Of A King
07. Black Winter Day
08. House Of Sleep
09. The Bee
Outro – Vaivaistalossa
Formazione Amorphis
Tomi Joutsen – Voce
Jan Rechberger – Batteria
Esa Holopainen – Chitarra
Tomi Koivusaari – Chitarra
Santeri Kallio – Tastiera
Victor Brandt – Basso
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Cala il telone con la scritta “Pure Fucking Metal” per coprire il palco. Stanno lavorando per preparare la scenografia degli headliner di serata, gli Arch Enemy.
A differenza del gruppo precedente, i lavori del gruppo svedese non vengono consumati dal mio lettore cd. Li ascolto, non mi dispiacciono, ma finita lì.
Dal vivo però è un altro discorso. E meritano veramente di essere visti almeno una volta, il costo del biglietto viene ampiamente ripagato.
Alle ventuno e venti parte l’intro, “Bark At The Moon”, e sulle note di “Deceiver, Deceiver”, al momento dell’urlo di Alissa, cala il “sipario”, forse con un paio di secondi di ritardo dopo il suo grido. La sincronizzazione non è stata perfetta, ma l’effetto estatico è stato raggiunto lo stesso.
L’European Blood DynastyTour li vede come protagonisti assoluti, Blood Dynasty è un album che ha riscosso e sta riscuotendo un ottimo consenso e, soprattutto, loro sono in forma strepitosa.
Il loro melodic death metal è riproposto con maestria e perizia tecnica invidiabile. Alissa è come sempre super carica, il suo timbro vocale è il marchio di fabbrica di questa band. Michael e Joey sono una coppia affiatata, si scambiano le parti con disinvoltura e hanno il pieno controllo della scena. Sharlee e Daniel suonano insieme da una vita, ormai si conoscono a memoria, potrebbero quasi provare a invertirsi i ruoli. E comunque Daniel è impressionantemente bravo, un tappeto ritmico puntuale e solido.
La scaletta propone dal nuovo disco quattro pezzi, “Dream Stealer”, “Illuminate The Path”, “Liars & Thieves” e “Blood Dynasty”. Tutte ben accolte e questo è un ottimo segno. E poi i classici “No Gods, No Master”, per il delirio del pubblico, e “Ravenous” e “My Apocalypse”.
Il pubblico spinge e salta, ma si resta abbastanza tranquilli senza pogare in maniera devastante. Ed è meglio così, almeno per il sottoscritto, almeno per questa sera.
“Avalanche” chiude la prima parte. Il gruppo se ne va ed inizia il richiamo della gente per farli tornare. Entra prima Joey e a seguire Michael. Suonano solo loro due per poi ripartire insieme agli altri con “Snow Bound” e “Nemesis” e per terminare un concerto di livello qualitativo altissimo e rendere la nostra serata indimenticabile. Ultimo brano eseguito con dei grossi palloni neri e rossi lanciati sul pubblico e fatti volare per tutta la sala dai presenti. Lo trovo insopportabile, ma stasera, tutto sommato, non è stato così tremendamente cringe.
Abbastanza essenziale la scenografia, ma congeniale alla resa finale. Il fumo e il gioco di luci proposto sono stati perfettamente integrati nei brani e, seppur nella loro semplicità, hanno lavorato in maniera simbiotica con quanto suonato dalla band. Con buone idee si fanno grandi cose.
Non si possono muovere appunti a niente e nessuno, concerto riuscito. Ah, dimenticavo, nessun black-out! Per fortuna.
Scaletta Arch Enemy
Intro – Bark At The Moon (Ozzy Osbourne )
01. Deceiver, Deceiver
02. Ravenous
03. Dream Stealer
04. Blood Dynasty
05. War Eternal
06. My Apocalypse
07. Illuminate The Path
08. Liars & Thieves
09. The Eagle Flies Alone
10. First Day In Hell
11. Sunset Over The Empire
12. No Gods, No Master
13. Avalanche
14. Snow Bound
15. Nemesis
16. Field Of Desolation (solo outro strumentale)
Outro – Enter the Machine
Formazione Arch Enemy
Alissa White-Gluz – Voce
Michael Amott – Chitarra
Joey Concepcion – Chitarra
Daniel Erlandsson – Batteria
Sharlee D’Angelo – Basso
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Si accendono tutte le luci, fine del concerto, peccato, è stato veramente un bello spettacolo. Si comincia ordinatamente a defluire fuori dal locale. Alle undici in punto sono già in macchina. Orari da vecchi? Certo, e meno male aggiungo io, questi sono gli orari che mi piacciono. E soprattutto mi permettono di tornare a Torino in un orario decente. A mezzanotte e quaranta sarò già sotto le coperte. Fantastico.
Sono rimasto molto vicino al palco per tutta la serata, e da quella posizione i suoni sono stati ottimi. Pogo tranquillo, ragion per cui sono riuscito a fare delle foto decenti e prezzi del merch folli, come consuetudine ormai. Mi sembra anche strano vedere tutto quell’assembramento al banco predisposto, ma è anche vero che un fan è un fan. Si rinuncia ad altro, ma non ai propri beniamini (e a tutto quello che hanno da venderci).
Soddisfatto per tre quarti, ripenso alla serata. Stupito dai Gatecreeper, mi hanno fatto un’ottima impressione. Molto, ma molto contento degli Eluveitie, prestazione maiuscola che mi ha fatto venire voglia di indossare kilt e armamentario vario. Un grosso “meh” per gli Amorphis, non so cosa altro dire. Professionalità ai massimi livelli per gli Arch Enemy, prova straripante, tutto studiato, tutto perfetto e tutto fatto per bene. Continuerò ad ascoltarli saltuariamente, ma quando torneranno dal vivo cercherò assolutamente di essere presente. Validissimi. E per chi li critica a prescindere (fanno parte della categorie delle band di cui si sente sempre dire: “e ma…, e però…, e forse…, e su…, e giù…” e che due maroni aggiungo io) si prega di assistere ad almeno un loro concerto, e giudicare solamente dopo.
Mi aspetta un viaggio di più di un’ora e devo scegliere cosa ascoltare. Scelta ardua vista la stanchezza, ma avendo un ancora un po’ di amaro in bocca per la loro prestazione, tanto vale farmi tutto il viaggio di ritorno in loro compagnia, visto che su disco non mi hanno mai deluso. Chi sono? Eh, ma gli Amorphis, of course.























