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Prima che mi ‘radicalizzassi’ (dal punto di vista musicale, naturalmente!!), c’è stata un’epoca della mia giovinezza in cui ero particolarmente curioso nei confronti della scena folk. Così, nel 2011, complice anche il fatto che in Italia era stato diffuso da una ‘semi-major’ come la AFM Records, acquistai Ígéret, che all’epoca era già il sesto album degli ungheresi Dalriada. Ci trovai un folk allegro, non scontato, debitore delle tradizioni dell’est Europa e dunque ‘ritmato’ in un modo che mi sembrò originale; tuttavia persi subito di vista la band, che tornò anche ad etichette della propria nazione.
Ritrovo i Dalriada oggi, 14 anni dopo, che intanto di album ne hanno incisi (in tutto) DODICI: complimenti per la prolificità! Tra l’altro scopro che ciascuno di essi, con due sole eccezioni, prende il nome da antiche denominazioni ungheresi dei mesi, e questo è dedicato a Ottobre. Non aspettatevi però tutte canzoni autunnali e crepuscolari: evidentemente l’Ottobre magiaro ha altre atmosfere e tonalità…
Assunto che i titoli dei brani, per il sottoscritto, non sono altro che stringhe di lettere, si apre con “Világos” (‘Chiaro’), che ha tutti i trademark della band: un violino epico, l’alternanza fra tre voci (quella femminile, immediatamente individuabile, di Laura Binder, e poi il clean ‘stentoreo’ e lo screaming, entrambi di András Ficzek), melodie non scontate e grande potenza evocativa. Accattivante anche la linea vocale (del tutto incomprensibile, ma ditemi che è brutta!) di “Jó remény” (‘Buona Speranza’); molto varia la titletrack, che mette in evidenza non solo la componente folk del sound, ma anche un bel pianoforte ‘inatteso’. Ancora una volta un grande ritornello, epico e pienamente folk, per “Vér a véredből” (“Sangue del tuo Sangue”); peccato che i chitarroni che spezzano un po’ l’atmosfera… ennesimo ritornello indovinato per la briosa “Holló” (“Corvo”), scatenato il violino di “Hű szívvel valónak” (“Per chi ha un Cuore leale”), mentre ha un approccio più classico (almeno chitarristico) “Virágmező” (“Campo di Fiori”).
Curiosità: alle backing vocals c’è András Ferenc Ficzek, figlio dei due cantanti e leader della band sopracitati. Era già presente nel disco precedente, Őszelő, del 2021, quando era ancora un bambino.
Per la lingua, per le sonorità, per il risultato d’insieme, Magvető costituisce una uscita originale nel panorama attuale. Certo – e sono stato il primo a comportarmi così con la band, lo ammetto! – c’è il rischio di derubricare i Dalriada a curiosità esotica, da ascoltare una volta per godersi la novità e poi da dimenticare subito. Prometto allora che starò attento alla prossima uscita, che tra l’altro, per quanto riportato sopra, dovrebbe portarci su atmosfere novembrine…



