OLD MACHINES – The Cycles Of Extinction

Titolo: The Cycles Of Extinction
Autore: Old Machines
Nazione: Stati Uniti d'America
Genere: Extreme Cosmic Metal
Anno: 2025
Etichetta: Pale Magus Productions

Formazione:

Greavis – Voce
Devy vas Metal – Chitarra
Phaeton – Chitarra, Basso
Old Machines Stares – Tastiere
Vanguard – Batteria


Tracce:

01. Twilight Of The Old Gods, And The Drawing Of The First
02. Cycles Of Extinction
03. Extinguishing The Light Of The Preludian Empire (Upon The Apex Of Their Glory)
04. Dark space And Beyond – The Continuing Of The Evolution Of The Final Cycle
05. Crescendo Of Carnage – Warsong Of The Singing Swarm (Swarm Wars I)
06. The Sundering Of The Irradiate Suns, And The Rebellion Sparked By The Gene-Plague
07. They Are Legion – The Tragic Exodus Of The Veiled Creators
08. Glory To The Terrans Of The First Contact War


Voto del redattore HMW: 7,5/10

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Cosa succede se metti insieme della musica thrash, death, black e power metal con dei testi fantascientifici e horror racchiudendo il tutto in un concept album? La risposta è semplice (?): extreme cosmic metal. Questo mi mancava.

Ci hanno pensato gli americani Old Machines di Portland a colmare questa mia lacuna con il loro debutto The Cycles Of Extinction. Musica estrema con la tastiera che la fa da protagonista. Non sono mai stato un amante di questo strumento, ma in questo disco, sorprendentemente, ci sta benissimo. Come l’accompagnamento delle orchestrazioni sinfoniche e quasi cinematografiche che sostengono la narrazione musicale.

Un’ora complessiva di durata, dei titoli che sono impossibili da memorizzare e una copertina che ricorda una qualsiasi locandina di un qualsiasi sci-movie con una qualsiasi battaglia aliena. Così si presenta ai miei occhi l’enigmatico disco in questione.

La trama generale nasce dalla fantomatica vecchia leggenda di oltre due miliardi di anni nata delle profondità più oscure degli oceani del tempo e dello spazio, o perlomeno è quanto descritto nella presentazione del loro lavoro. Fondamentalmente sono storie di guerra, orrore e genocidi (non c’è bisogno di andare nello spazio profondo per assistere a storie simili…).

L’apertura è affidata agli undici minuti di “Twilight Of The Old Gods, And The Drawing Of The First”. L’inizio è lento, devi riuscire a resistere ad ascoltare suoni “spaziali” fino al quarto minuto, poi ti si apre un mondo. Riff aggressivi, voce aspra, orchestrazioni e tastiere in primo piano. È un brano veramente di spessore, con quattro minuti evitabili, ma con una restante parte che affascina con la sua esplosione di suoni black, death e thrash. E la cosa incredibile è che tutto questo, alla fine, funzioni.

“Cycles Of Extinction” non si apre con la tastiera, ma bensì con un organo. Il loro tratto black è orientato verso il melodico. Si respira un’aria quasi positiva e che stride con le atmosfere molto meno positive del black. Questa è un’altra stranezza che, però, funziona anch’essa. Vanguard ha il piede pesante e veloce e la sua batteria è paragonabile al suono continuo e martellante che proviene dalla porta chiusa di una sala macchine. Greavis alla voce se la cava bene in tutti i diversi generi e mette a dura prova la gola dall’inizio alla fine.

Nelle successive canzoni troviamo arpeggi di chitarra, jam di tastiera del buon Old Machine Stares, assoluto primo attore della band, ambientazioni e sonorità epiche con cavalcate thrash e death che accompagnano e si alternano nell’essere la parte principale in questa o quella canzone. Sembra assurdo, ci sono un mucchio di elementi, ma fidatevi, hanno tutti un loro senso preciso. Nulla è lasciato al caso o messo lì tanto per riempire qualche buco. Le strutture delle canzoni hanno una loro fluidità. E sono rese semplici dalla bravura dagli elementi della band che, tanto per dire, sono membri attuali ed ex di gruppi come Skeletal Remains, Ænigmatum e Oxygen Destroyer.

Improvvisamente rabbiosa e con un’esplosione di pazzia con gli assoli assolutamente folli di Devy e Phaeton sono il punto più alto del sesto brano (il titolo è troppo lungo).

Il pezzo finale conclude la saga dando una speranza di ascesa della Terra e della razza umana nel complesso universo senza fine.  Il sottofondo fantascientifico, che ci ha accompagnato per tutta la durata del disco, finisce. Si torna alla realtà e sulla Terra anno 2025.

Sono rimasto sorpreso. Confuso all’inizio, ma stupito alla fine. Lo trovo un lavoro geniale. L’epicità raggiunta con i suoni estremi che si abbinano, non so come, ma si abbinano in modo armonioso, fanno di questo The Cycle Of Extinction degli Old Machines il disco più strano che abbia sentito quest’anno. È un album complesso, ma non “difficile” da ascoltare e assimilare. La lunghezza è forse eccessiva, in alcuni punti subentra una leggera monotonia, ma l’esperimento è riuscito.

La band dice che questo è solo l’inizio. Aspettiamoci uno sviluppo della storia e altri viaggi intergalattici, con annesse epiche battaglie e momenti horror, in una nuova saga dal sapore spaziale. “Avanti tutta, Scott”.

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