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Non accenna a fermarsi Blaze Bayley che ormai pubblica un nuovo lavoro ogni anno, sostenuto da estenuanti tour mondiali. La sua prolifica carriera, sebbene tra alti e bassi, prosegue dopo Genius come frontman dei “Wolfsbane” con Circle Of Stone, la sua ultima fatica da solista.
Per questo album Bayley sceglie di tornare ad un suono più essenziale e classico fin dalla prima traccia “Mind Reader”, la quota radiofonica che introduce un disco altalenante, ma a tratti anche ispirato. Dopo la non indimenticabile “Tears In Rain”, ecco far capolino “Rage”, ispirato racconto della leggenda del gigantesco levriero irlandese di nome Gelert donato al principe Llywelyn perchè vegliasse su di lui, da Re Giovanni all’inizio del duecento. Per questo racconto, Bayley si affida al violino di Anne Bakker, già sua collaboratrice nella trilogia di Infinite Entanglement dal 2016 al 2019.
La vicenda, piuttosto drammatica racconta che di ritorno da un lungo viaggio, Re Giovanni trovando la sua casa a soqquadro, nessuna traccia del figlio e il mastino con il muso insanguinato abbia deciso di uccidere Gelert con un colpo di spada ritendendolo responsabile dell’uccisione del principino. Solo dopo l’efferato gesto, il monarca si accorge che il bambino si era in realtà nascosto per sfuggire all’attacco di un lupo, che era infatti stato eliminato dal fedelissimo cane Gelert.
La leggenda narra che il profondo pentimento di Re Giovanni gli abbia impedito di sorridere per il resto dei suoi giorni, portandolo a riflettere sul suo scatto di rabbia ingiustificata.
Tornando alla musica su “The Tear Beyond This Year” e “Ghost In The Bottle”, Blaze si cimenta in una stesura lirica più ritmata e meno melodica nelle strofe, che risulta tutto sommato orecchiabile e senza dubbio appetibile per orecchie che ricercano una dimensione più commerciale.
Sebbene siano evidenti i limiti dell’estensione vocale del sessantenne di Birmingham, su brani più introspettivi come “The broken man” ritroviamo le sue indubbie qualità interpretative, che furono in effetti a fortuna di pezzi ancora oggi suonati ai concerti degli “Iron Maiden” come “The Sign Of The Cross” e “The Clansman”.
La strumentale “The Call Of The Ancestors” ci presenta una serie di tracce che nella seconda parte dell’album raccontano di un rapporto viscerale con i propri antenati e le proprie tradizioni. Un richiamo atavico che ci guida, per usare le esatte parole di Bayley, alla ricerca della verità nel cuore del cerchio disegnato dalle alte pietre. Un concetto ben sintetizzato all’interno della title-track e a brani come “A Day Of Reckoning”, che pone l’accento su questo legame dimenticato con il passato che invece chiede giustizia e ci permette di aprire gli occhi su chi siamo veramente. Solo in questo modo possiamo proseguire la nostra vita con saggezza compiendo il nostro destino, rappresentato per l’appunto da “The Path Of The Righteous Man”.
Un viaggio intrigante, che al netto di un songwriting a tratti un po’ debole, raggiunge un coerente epilogo con “Until We Meet Again”, un commovente duetto con la voce di Tammy-Rae Bois.
Il disco nel suo complesso convince, frutto di un’ottima idea di scrittura e un’interpretazione vocale essenziale e tutto sommato mai sopra le righe.
Circle Of Stone ci trascina all’epicentro di un simbolismo granitico, di una Stonehenge metaforica e paradigmatica pregna di quell’alone di mistero che avvolge la carriera di Blaze Bayley chiamato a dimostrare album dopo album che avrebbe meritato molto più rispetto di quanto in realtà ricevuto dai fan della “vergine di ferro”.