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Recensione scritta da René Urkus.
Per quanto non abbiano mai realmente sfondato in Italia, i Mob Rules sono molto seguiti in Germania, la loro terra d’origine: ecco il motivo per cui la loro etichetta, la prestigiosa SPV/Steamhammer, decide di celebrare il loro trentennale con una raccolta mastodontica, che si prende 2 CD, 30 brani e oltre 2h30’ di musica nel complesso.
Lasciando stare il fatto che, nel 2024, i greatest hits mi sembrano superflui (come era diversa la situazione nel secolo scorso: basti pensare quanti milioni di copie hanno vinto le raccolte di Eagles o Queen…), devo dire che la selezione operata da Klaus Dirks & soci è davvero buona, e fotografa ottimamente il valore di questa band, che non mi sembra possa essere messo in discussione.
Tacerei però sulla scelta delle cover in scaletta, ben cinque: se di un’altra “Run To The Hills” dei Maiden e di un’altra “Sacred Heart” di Dio onestamente non si sentiva il bisogno, e se “Fame” di Irene Cara non può che essere animata da un intento ironico, “Raven’s Flight” degli Amon Amarth perde tutta la sua carica senza il cantato in growling… resta una buona interpretazione di “Square Hammer” dei Ghost, ma diciamo che nessuna di queste versioni fa davvero rivivere i brani in questione.
Gli altri 25 brani, fra cui due ri-registrazioni, coprono bene tutto lo spettro dell’heavy/power/prog dei tedeschi: la lunga “Way Of The World”, che viene scelta come apertura di tutta la raccolta, e si pregia della chitarra di Roland Grapow, mi sembra sempre una buona rappresentante del sound di questa band, che si concede trame ariose come momenti serrati molto progressive, melodia e determinazione, forza e grazia. Ma i Mob Rules hanno davvero uno spettro sonoro molto ampio: nel primo disco si va dal mood di “Ghost Town” ai toni fluviali di “Hollowed Be Thy Name”, dalla solennità progressive quasi alla Crimson Glory di “Black Rain” ai toni folk di “Ice/Fire”. Gli highlights del secondo disco mi sembrano invece anzitutto “Hymn Of The Damned”, con il suo ritornello vincente, e “Shores Ahead”, con la sua solenne drammaticità progressive. La raffinata ballad “The Oswald File Chapter II – Desperate Son” ammalia con toni suadenti, mentre se volete un rarefatto momento sinfonico potete rivolgervi a “Better Morning”. In chiusura della lunghissima scaletta, altre due perle: la veloce “Rain Song”, con un ritornello d’eccezione, e lo scopertissimo omaggio ai Maiden “Dykemaster’s Tale”.
Insomma, se volete ascoltare la playlist che i Mob Rules metterebbero durante una serata a loro dedicata, unitevi certamente alla celebrazione: per chi, come chi vi scrive, aveva già presente almeno buona parte del back catalogue, il doppio CD è comunque una ottima occasione per ‘ripassare’ e ascoltare qualcosa che poteva essere sfuggito.



