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Nuovo album per il colosso olandese Epica, sempre a marchio Nuclear Blast, che pubblica Aspiral ad aprile 2025.
Gli olandesi, guidati dal marionettista Mark Jansen (ex After Forever) ma che si presentano (forse per fortuna) con il volto della bella e brava Simone Simons, giungono ormai alla nona fatica in studio e con una colossale produzione e un marketing ai massimi livelli per la scena europea. La stabilità della formazione ha garantito alla band una crescita costante negli ultimi dieci anni, arrivando ad essere una delle punte di diamante della Nuclear Blast, cui si può aggiungere anche una certa stabilità compositiva e tecnica, confermata anche su Aspiral con il fidato produttore Joost Van Den Broek dietro la consolle del mixer dei Sandlane Studios di Rijen a gestire le numerose tracce delle canzoni.
Stavolta però a mio giudizio la copertina risulta un po’ meno azzeccata rispetto ai soliti standard, con un’immagine creata da Hedi Xandt (già attivo con Rammstein, Ghost, Parkway Drive) in cui delle mani blu vengono infilzate da una struttura bronzea circolare con nove punte, come il numero degli album pubblicati.
Come suona questo Aspiral? Abbiamo già avuto degli accenni con i singoli “Arcana” e “Cross The Divide” che hanno abbastanza spaccato la comunità dei fan della band, perché se la prima è un pezzo più cadenzato e particolare che miscela la parte sinfonica con qualche influenza più modernista, la seconda traccia promozionale invece è un chiaro passo indietro per la band. Si può dire che per tutto l’album permea un senso di già sentito in cui l’influenza principale sono gli Epica stessi, mancando una ricerca di evoluzione che il sestetto ha sempre portato in ogni nuova uscita. “Cross The Divide” è davvero troppo simile a “Edge Of The Blade”, brano preso da “The Holographic Principle” del 2016, sia metricamente (Cross/Edge – The/Of The – Divide/Blade) che come struttura stessa del brano. Sembra strano che sia stato scelto come singolo, ma nel contesto di tutto Aspiral è una canzone che funziona, perché è semplice e diretta. Manca per esempio una vera e propria suite sopra gli otto minuti, altro segno distintivo degli album degli Epica.
L’idea che emerge è che la parte compositiva sia stata volutamente semplificata, abbassando gli Epica su lidi più vicini ai Within Temptation e cercando qualche influenza moderna presa da band come i Kamelot più recenti. In gergo volgare si direbbe che si sono “commercializzati”, ma sarebbe decisamente fuori luogo, perché sempre di musica sinfonica si tratta, quindi con una ricerca armonica sopra la media. Le voci in growl di Jansen ad esempio ci sono sempre e restano complementari al timbro pulito e seducente della Simons, così come le parti corali.
“Darkness Dies In Light” nel suo breakdown centrale riporta alcune parti più progressive in cui i synth di Coen Jansen prendono il sopravvento sulla parte sinfonica, ma la canzone gode comunque di ritornello facilmente memorizzabile perché facile e quasi schematico.
“Obsidian Heart” si struttura più lenta e pesante, con il basso distorto di Rob Van Der Loo bello presente, ma sicuramente non un brano incisivo, nonostante la performance della Simone Simons sia decisamente buona. Si passa ad un brano con un mid tempo molto rock, in cui ritmica e orchestra si incastrano su “Fight To Survive – The Overview Effect” il cui punto di forza è il breakdown moderno centrale, quasi deathcore, con un buon crescendo dell’orchestra e un ottimo assolo di chitarra del sempre sottovalutato Isaac Delahaye. Si riparte dopo un breve intro con un po’ di metal sinfonico spinto grazie a “Metanoia”, anche qui con influenze autoimposte, potrebbe essere un brano estratto da uno degli album precedenti degli Epica. Le strofe più rallentate e ritmate con gli incastri di voci growl e puliti sono un loro marchio di fabbrica, qui si aggiunge la corale che guida poi su un ritornello meno efficace. Anche in questo caso negli incisi strumentali è interessante il lavoro solista delle chitarre che non si strutturano mai su manierismi solistici fini a se stessi, ma ricercano melodie più particolari. C’è spazio anche per una parte vocale più estrema di Mark Jansen prima del ritornello finale.
Troviamo blastbeat su parti melodiche corali nel terzo singolo “T.I.M.E.”, che nel materiale promozionale viene indicato come acronimo di “Transformation, Integration, Metamorphosis and Evolution”, ma che rimane una canzone abbastanza blanda, senza nessuna sorpresa.
Più interessante è invece “Eye Of The Storm”, che si erge un ritornello anche qui semplice ma davvero efficace e risulta una delle canzoni migliori del lotto, soprattutto per l’inciso molto death metal che conduce al finale; anche qui gli Epica dimostrano che sulle parti più estreme, in cui il batterista Ariën Van Weesenbeek può lavorare liberamente, le idee buone escono.
Molto strana invece “The Grand Saga Of Existence”, che profuma molto di colonna sonora, sebbene abbia un tema principale davvero già sentito, anche qui con lo schema ricorrente di breve inciso di metal estremo death appena prima dell’encore finale.
Il titolo “Aspiral” è preso da una scultura bronzea di Stanisław Szukalski, del 1965 che indica rinnovamento e ispirazione, ma forse la scelta non è stata così azzeccata.
Non è possibile bocciare un disco come questo, è prodotto in maniera impeccabile, il lavoro dietro è evidente e la macchina da marketing della Nuclear Blast fa un gran baccano per far arrivare il prodotto ovunque, ma se gli Epica sono sempre stati una band su cui si poteva metter la mano sul fuoco ad ogni uscita, forse stavolta qualcuno si è un po’ bruciacchiato, perché il senso di “già sentito”, la mancanza di novità o colpi di scena musicali e una certa semplificazione delle canzoni rendono “Aspiral” un disco sotto la media cui ci hanno abituati Simone Simons e gli Epica nel corso di venti anni di carriera.
Recensione un po’ contraddittoria. Dice che ci sono elementi “modernisti” (non meglio specificati, ma da altre recensioni sappiamo essere elettronici / industrial), che la proposta è stata semplificata (addirittura sulla scia dei Within Temptation, cosa che mi sembra un filo esagerata, considerando l’eccezione dei tre nuovi brani di A New Age Dawns) e che c’è almeno un passaggio -core, però poi conclude dicendo che è un album prevedibile e troppo simile a quelli precedenti della band. Sorvolando sul fatto che in altre recensioni si fa riferimento a passaggi simil-djent ed almeno uno doom, che citano maggiormente i breakdown -core, ma quelli descritti già solo in questa recensione non sono già degli elementi di novità? Allora non è vero ce ne sia una mancanza, al massimo si potrebbe dire che non siano abbastanza, affermazione che comunque necessiterebbe di una spiegazione migliore di quella fornita nella recensione.
Inoltre dove sono tutte queste somiglianze fra Edge of the Blade e Cross the Divide? Nella melodia e nella scansione metrica con cui viene cantato il titolo senza dubbio, ma per il resto la prima ha riff groove simil-Pantera, uno special cantato in growl e un coro che si ripete più volte in una sorta di secondo ritornello, mentre l’altra canzone è interamente melodica e ha un arrangiamento che rimanda al power più semplice e catchy (simil-Powerwolf). Tutt’al più, da un punto di vista melodico avrebbe avuto senso segnalare la somiglianza fra lo special di Cross the Divide e una parte di Synergize.
Poi che l’album possa essere deludente, quanto meno per gli standard elevati a cui ci hanno abituato gli Epica, è molto verosimile. Non contesto in alcun modo il voto finale, visto che, pur non avendo ancora ascoltato l’album per ovvi motivi, io stesso non ho affatto un buon presentimento. Contesto il fatto che le conclusioni delle recensione non sembrino coerenti col suo corpo, forse anche per via di una certa debolezza argomentativa e analitica. Infine, era proprio necessario citare più volte la spinta di marketing della Nuclear Blast?