DESTINITY – Ascension

Titolo: Ascension
Autore: Destinity
Nazione: Francia
Genere: Melodic death metal
Anno: 2025
Etichetta: Crimson Productions

Formazione:

Mick Caesare – voce
Stephan Barboni – chitarra ritmica
Florent Barboni – tastiera
Sébastien Vom Scheidt – chitarra solista
David Richer – basso
Florent Marzais – batteria


Tracce:
  1. Ascension
  2. Light Up Your Sky
  3. Dying Light
  4. Crimson Portrait
  5. Children Of The Sun
  6. Final Fiction
  7. Silver Shades
  8. Hollow Intent
  9. Everdark
  10. The Wolf Within
  11. In Thorns

Voto del redattore HMW: 6,5/10

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I francesi Destinity sono attivi da quasi trent’anni. Hanno attraversato tre fasi musicali iniziando con il black, continuando con il symphonic black/death per arrivare al melodic death/thrash degli ultimi tempi. Ascension è il loro decimo album e rientra nella loro ultima fase.

Ispirazioni diverse o idee poco chiare? Ai protagonisti l’ardua sentenza, ma, probabilmente, entrambi i fattori hanno caratterizzato l’evolversi musicale della band. A questo punto uno si aspetterebbe la stroncatura per questo possibile “banderuolismo” del gruppo d’oltralpe. Devo ammettere, però, che questo decimo album, come tutti i suoi precedenti, si mantiene su un buon livello. Si ascolta volentieri così come ho ascoltato volentieri in questi  anni la discografia dei Destinity.

Forse aiutato dal fatto che non avendo mai considerato il gruppo in cima alla mia lista dei desideri  e, quindi, non essendo un fan sfegatato della prima ora, questo cambiamento di stili non mi ha mai urtato minimamente. Pur non toccando vette particolari e senza essere mai scesi sotto la sufficienza, la loro onesta carriera merita comunque un ascolto a prescindere. E così ho deciso di fare.

Un discreto lavoro in linea con il resto da loro prodotto. Mi sento di affermare però che … ma quanto gli piacciono i Dark Tranquillity? E quanto vorrebbero essere nella Goteborg degli anni d’oro del melodeath? Rispondo io alle due domande retoriche: tanto,tantissimo!!!

Formatisi a Lione nel 1996, il sestetto ha subito vari cambi di formazione che vedono tre membri originali ancora presenti. Il tastierista Florent (batterista del gruppo fino all’anno scorso), Stephan alla chitarra ritmica e Mick alla voce.  Dopo un periodo di abbandono è tornato all’ovile il chitarrista solista Sebastien, mentre alla sezione ritmica  abbiamo David al basso e Florent alla batteria, l’ultimo arrivato. I sei musicisti conoscono bene i propri strumenti. Riff e assoli sono ben studiati, la voce si integra bene e la produzione in generale è soddisfacente. Questo è il secondo album che fanno uscire con la Crimson Productions, e il miglioramento dalla precedente etichetta si sente. Scelta azzeccata.

Con una copertina che non so perché mi ricordi l’Inghilterra (e qui i francesi se la prenderanno non poco), il disco dei Destinity scivola via liscio per i suoi quaranta minuti.

“Light Up Your Sky” è un bel pezzo. Direi fuorviante per il suo ritornello solenne e il suo ritmo veloce dettato da una doppia cassa in versione death. Fuorviante perché è l’unica fatta con questo stile più aggressivo, ma che rallenta notevolmente nei brani a seguire per standardizzarsi nel solito classicismo di questo genere.

La linearità delle composizioni fa si che non ci siano brani particolarmente memorabili, ma mi sembra giusto segnalare “Children Of The Sun “ e “Everdark”, che tutto sommato sono i due pezzi dove un tentativo di originalità mi sembra sia stato fatto. In più nel primo brano citato c’è la presenza in veste di ospite della “nostra” Steva dei Deathless Legacy. Sempre un bell’ascoltare.

Ripeto, non vi aspettate originalità perché qui non la troverete. Ma se vi venisse voglia di viaggiare indietro nel tempo, questo disco vi soddisferà. Con me ha abbastanza funzionato.

Alla fine credo si possa tranquillamente affermare che  l’album rientri nella categoria “Goteborg e i suoi devoti”. Sto notando un generale ritorno a quelle sonorità da parte di parecchie nuove uscite. Innovazione fatti da parte.

Molto apprezzati in patria e dai fans accaniti e nostalgici del genere, mi sento di accodarmi al giudizio per quanto riguarda la resa finale. Gustoso e piacevole, ma solo se sei un ostinato consumatore di melodeath e non sei in cerca di nulla che ti trascini al di fuori delle mura di quella città. Ma proprio nulla.

Ho tolto mezzo punto alla valutazione per non aver voluto osare un pelo di più e per non aver voluto distaccarsi un minimo dalle sonorità svedesi, aggiungendo magari qualcosa, che so, di personale? Più che altro per cercare di creare un suono distintivo. A tratti si fatica a ricordare che non stiamo ascoltando un gruppo scandinavo, ma una, comunque, buona band francese.

Poi, come si dice, contenti loro contenti tutti, si fa musica e si vive lo stesso. Ci mancherebbe. Però…

 

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