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Estate. Caldo e umido. L’unica via di scampo è il refrigerio del mare dove finalmente avete potuto recarvi dopo così tanti mesi di fatica e sacrifici. Ed eccovi lì, placidamente distesi sull’azzurra e spumosa battigia che vi sciacqua le pa… i piedi!
Ma improvvisamente sentite che lo sciabordio delle onde si inizia ad intensificare e che una lontana sagoma, resa foca dal calore, si sta appropinquando alla spiaggia rendendosi velocemente nitida agli occhi vostri e degli altri incuriositi bagnanti… Ed è lì che avvertite ergersi imperioso un grido da quella che ormai è divenuta di fronte a voi nient’altro che un Vascello dei pirati, sovrastato dal vecchio caro Jolly Roger!
“Pieces of Eight! Pieces of Eight! YARR AHAHAHAHA!
Un arrembaggio che mancava sui lidi nostrani da ben 23 anni, quello che tenteranno i Running Wild in quel del gran Mare Dolce situato presso Cremona, atollo di Luppolo In rock per essere precisi. Lidi curiosamente più zanzarosi che pescosi. Una tale occasione non può non essere colta per rivangare una band che ha contraddistinto e si è contraddistinta all’interno di un’epoca storica dove non tutte le compagini avevano facilità nel rimanere influenti per via dell’ingigantirsi del mercato musicale, stilisticamente vario e più orientato a suoni differenti da quelli degli anni ‘80.
Il settimo disco dei pirati di Amburgo si intitola Pile Of Skulls e si colloca a giudizio quasi unanime della critica e dei fan sul podio della loro produzione artistica, affiancato da “Black Hand Inn” e… beh il terzo lo lasciamo decidere a ciascuno di voi. Per quanto riguarda il sottoscritto la battaglia è ardua tra “Death Or Glory” e “Masquerade”!
Prima di spiegare le vele sull’opera Magna che intendo se non recensire – d’altronde sono innumerevoli le parole già spese in merito – almeno onorare, tengo a riferire che a differenza di molti lettori ero pressoché all’oscuro di questa incredibile band che salpa sui mari del metallo da ormai 40 anni e sin dal primo ascolto avvenuto durante il periodo natalizio scorso, me ne sono letteralmente innamorato. D’improvviso tutte quelle ore spese a leggere i grandi classici sui pirati – su tutti i capolavori di Emilio Salgari e la sua epica del “Corsaro Nero” – e a visionare pellicole più o meno recenti potevano avere uno sfogo anche sotto il punto di vista che più mi entusiasma ovvero quello musicale!
L’avventura iniziò proprio con le prime note di una Intro perfetta come “Chamber Of Lies” talmente riconoscibile da poter essere cantata anche in assenza di parole. Tutto quello che succede nei 50 e rotti minuti si ascrive direttamente nel Pantheon del genere Heavy/Power metal e del “Pirate Metal”, etichetta che riesce a coniugare sia l’aspetto lirico e testuale con quello musicale creando un immaginario sensato e coerente che in seguito diede possibilità a molti gruppi di esprimersi evitando di cadere nella trappola della parodia. Beh, sempre che non vi chiamiate Alestorm…
“Whirlwind” non lascia scampo con il suo attacco veloce e cannoneggiante che introduce in un sol colpo tutti gli elementi sublimati in Pile Of Skulls che contraddistinguono i Running Wild: Riff e ritmiche di chitarra potenti e melodici, basso e batteria a dir poco arrembanti, assoli di grandissimo gusto e varietà e tra tutti, la voce del capitano Rolf Kasparek chiamata a sbraitare in una maniera del tutto unica tra il roco e il melodico i testi pieni di riferimenti alla storia della pirateria così come a ciò che i pirati hanno rappresentato e vissuto.
Le due più cadenzate “Sinister Eyes” e “Black Wings Of Death” mostrano la varietà stilistica della quale i nostri sono dotati – benché la composizione sia materia quasi esclusiva del front-man – e la loro capacità di unire sezioni di strofa e ritornello che si stampano senza nessuna difficoltà nella memoria dell’ascoltatore.
Ogni brano è un macigno granitico di Heavy Metal con la maiuscola, frizzante e cangiante, perfettamente in grado di sviluppare quanto di buono creato nei precedenti dischi e condensarlo in cannonate di piombo fuso. Esplodiamo del tutto con il riff indiavolato di “Fistful Of Dynamite”, combattiamo a velocità vertiginosa i potenti e i malvagi con “Pile Of Skulls” e… ci gasiamo completamente quando vengono scandite le prime note della battagliera e irrefrenabile “Lead or Gold” così come per i cori da cantare a squarciagola durante “Jenning’s Revenge”!
Quanto descritto finora sarebbe più che sufficiente per esaltare la grandezza di questa uscita in grado di suonare accattivante e fresca ancora oggi a più di 30 anni dalla sua pubblicazione ma i filibustieri non si possono di certo limitare al Rhum e alla polvere da sparo! L’ossessione di tutti gli avventurieri è e sempre resterà quella di trovare il Tesoro che li possa rendere immortali nelle storie e nelle leggende – oltre che schifosamente ricchi!
Ed ecco allora che dallo sciabordio delle onde si leva una voce narrante delle gesta del pirata Long John Silver e della sua ciurma alla ricerca della “Treasure’s Island”, l’isola del tesoro! In poco più di 11 minuti la storia del classico di Stevenson di dipana tra strofe taglienti, ritornelli maestosi e una serie di assoli di classe assoluta, simbolo ulteriore della immensa qualità dei metallari tedeschi. Il tesoro potrà essere una chimera ma chi deciderà di “accontentarsi” dell’ascolto di Pile Of Skulls potrà per sempre averne uno a disposizione!
Recensione molto bella, complimenti!
Questo è uno dei miei dischi preferiti dei Running Wild. Ho avuto la fortuna di vederli due volte dal vivo, ambedue le volte spettacolari!
“Treasure’s Island” è uno dei miei pezzi preferiti: meravigliosa, epica, vorresti che non finisse mai!