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Mi piacciono gli anni ottanta e tutto quello che metallicamente è stato prodotto. I Savaged ne hanno fatto una vera e propria ossessione. Dal nome, dal logo, dai caratteri del titolo, dal look, insomma … da tutto!
La copertina mi ha fatto tornare in mente la gita scolastica delle superiori, a Budapest, nel 1990, quando vidi su uno scaffale quella del disco degli Ossian, A Rock Katonai”(se avete voglia, andate a cercarla). Il livello di bruttezza è molto simile. Non serve avere le competenze critico/artistiche di Vittorio Sgarbi per affermarlo. Quel tratto, quei colori, quell’animale selvaggio che li accompagna (probabilmente il loro “Eddy”) e che non sono in grado di identificare, unito a quel non so di che di approssimativo e antiestetico, è un forte richiamo a quell’epoca. Peccato che oggi siamo nel 2025, una mano un po’ più capace non credo sia impossibile da trovare. A questo punto mi auguro che la stessa mano non faccia anche tatuaggi…
Bando alle ciance, Rising è il nuovo album del gruppo catalano Savaged, una band originaria di Barcellona che si è formata nel 2021 e che, a maggio di quest’anno, ha dato seguito a Night Stealer del 2024. Stessa formazione, stesso entusiasmo e stessi tratti distintivi di un tempo che fu. Insomma, per farla breve, un gruppo che, riguardo al “tempo che fu”, ne incarna tutti gli stereotipi.
I Savaged inglobano musicalmente lo spirito dell’heavy metal classico che più classico non si può, non facendosi mancare nessuno degli ingredienti tipici del calderone tradizionale: ritornelli galoppanti in abbondanza con improvvisi acuti vocali, abbondanti cori in stile “anthemico”(parola che in italiano non esiste, ma che rende l’idea), melodie stracariche di enfasi, assoli e riff con chitarre che si rincorrono continuamente l’un con l’altra per poi finire con rullate di batteria come se non ci fosse un domani. Lodevole lo spirito da zero compromessi, anche se, a volte, scenderne a qualcuno non guasterebbe.
Il cantante Jamie ha una bella voce potente e, anche se ogni tanto piazza degli acuti ai quali non trovo il senso, per tutta la durata del disco è un bel sentire. Sanno suonare, innegabilmente, e devo ammettere che in alcuni, pochi, passaggi li ho trovati davvero trascinanti. Ma il gusto troppo retrò mi ha lasciato molto, troppo dubbioso e alla fine non è che mi abbia trasmesso un granchè. Le “vibranti sensazioni” sono da un’altra parte. Qui, purtroppo, durante l’ascolto si passa il tempo a guardare continuamente l’orologio.
Ad ogni pezzo l’impressione è quella del “dov’è che l’ho già sentito?”. E, diciamocela tutta, pure il nome della band mi ricorda quello di un altro gruppo, e non c’è bisogno che vi dica quale.
Sinceramente non credo che il grado di memorabilità vada oltre la settimana, quella corta. Se ci aggiungiamo, poi, una durata di appena trentasei minuti … Se me ne devo ricordare una, a questo punto segnalo “Fire It Up”, forse perché la prima del disco e probabilmente il mio livello di attenzione era al massimo. Un bel pezzo con una bella parte melodica, un buon lavoro delle chitarre e … nient’altro da aggiungere, Vostro Onore.
Mi sembra un heavy metal scontato e semplice, che definirei di seconda fascia. Apprezzo il loro entusiasmo e si sente che ci mettono anima e cuore, ma non riesco ad andare oltre ad una sincera stima verso di loro. E’ un metal troppo nostalgico perfino per uno come me. E non mi ha invogliato ad ascoltare l’album precedente.
Per dovere di cronaca, l’ho fatto comunque, e mi è sembrato un pochino meglio.
Savaged, questa è la vostra scelta e la vostra strada. Fate bene a seguirla e a percorrerla finchè ne avrete la voglia e la forza.
Io, in tutta onestà, mi fermo qui.



