REVOCATION – New Gods, New Masters

Titolo: New Gods, New Masters
Autore: Revocation
Nazione: Stati Uniti D'America
Genere: Technical/Progressive Death metal
Anno: 2025
Etichetta: Metal Blade Records

Formazione:

Dave Davidson – Voce, Chitarra
Ash Pearson – Batteria
Harry Lannon – Chitarra
Alex Weber – Basso


Tracce:

01. New Gods, New Masters
02. Sarcophagi Of The Soul
03. Confines Of Infinity
04. Dystopian Vermin
05. Despiritualized
06. The All Seeing
07. Data Corpse
08. Cronenberged
09. Buried Epoch


Voto del redattore HMW: 8/10

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Ed eccoci qua. Iniziavo a preoccuparmi a voler esser franchi, il tempo scorre rapido e ad inizio anno ancora non avevo novità da casa Revocation. Ma come, sono “già” passati tre anni dal devastante Netherheaven, e ancora non è stato sfornato un seguito? Impossibile!

E difatti… puntuali come la morte – non sappiamo mai l’ora ma lei sì – ecco il nono album New Gods, New Masters della band capitanata dall’ormai ineluttabile Dave Davidson, eroe della sette corde come pochi mai hanno solcato i palchi del nostro globo terracqueo. Il tema affrontato per l’occasione è il rapporto tra l’umanità e il futuro dell’evoluzione tecnologica, nello specifico lo sviluppo strabiliante ed inquietante dell’Intelligenza Artificiale, termine una volta riferito alla capacità di far compiere tragitti di senso compiuto ai fantasmini di Pac-Man nei loro inseguimenti ed oggi invece sempre più legato a stravolgimenti non soltanto nel campo della tecnica, ma direttamente nella vita quotidiana di tutti noi sacchi di carne.

Sin dalle vibranti note che danno il via all’opera con la traccia omonima, veniamo gettati in un contesto musicale e testuale opprimente ed oscuro, dove al feroce Death Metal sì tecnico e progressivo, ma al contempo veloce e snello nelle strutture che animava l’ottavo lascito degli statunitensi, si sostituisce una sua versione più meditata e arricchita di innovazioni, anche in virtù del subentro di un nuovo chitarrista, Harry Lennon, il quale libera il frontman dagli impegni ritmici e lo lascia esaltare la fase di scrittura dei riff e delle parti melodiche e soliste.

Lungo i circa 40 minuti che compongono l’opera si incontrano episodi vari, che riescono a creare la giusta eterogeneità senza far venir meno la coerenza che la permea. Possiamo prendere “Confines Of Infinity”, con il suo riff principale cadenzato – brano sul quale spicca la collaborazione con Travis Ryan, cantante dei Cattle Decapitation – e porlo a confronto, ad esempio, con la veemenza – ed ignoranza – di una canzone come “Cronenberged”, dove possiamo gustare l’evoluzione sia sonora che tematica del pezzo grazie all’aiuto di Jonny Davy dei Job For A Cowboy, che per l’occasione impersona il povero protagonista tramutato in un’aberrazione mutata in fuga da un laboratorio orrorifico.

Immancabile troviamo la strumentale “The All Seeing”, che introduce anche con l’ausilio di un fantastico assolo di Gilad Hekselman, amico di Davidson e tra i migliori chitarristi jazz odierni, il tema di “Data Corpse”, tra i migliori brani del lotto. La chiusura di un altro azzeccatissimo e godibile album dei Revocation è affidata alla lunga “Buried Epoch”, in grado di farci ulteriormente apprezzare la forza compositiva ed esecutiva della band, la quale anche in questa occasione accoglie un ospite, il cantante dei Gorguts Luc Lemay.

I Revocation, dopo circa un ventennio di carriera, riescono senza colpo ferire ad uscire sul mercato con un prodotto fresco e intrigante, che non farà fatica ad inserirsi a rotazione negli ascolti degli appassionati di Death tecnico, forte di una scrittura eccellente, una locandina evocativa e quel motore propulsivo che risponde al nome di Dave Davidson, il quale pare semplicemente incapace di scrivere musica che si allontani dall’eccellenza.

Concludo con l’auspicio che a questo punto i Revocation possano fare l’ultimo sforzo vincente e concepire per il decimo album il capolavoro decisivo, che li possa consegnare al pantheon dei più grandi del genere e del Metal tutto. Ne sono capaci, se lo meritano e noi fan ce lo meritiamo, per il piacere che ogni volta proviamo nel sentire la loro musica. Ce la faranno?

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