VERTEBRA – The Same

Titolo: The Same
Autore: Vertebra
Nazione: Brasile
Genere: Technical Death Metal
Anno: 2025
Etichetta: Xtreem Music

Formazione:

Arildo Leal – Voce, Chitarra
Cristiano Hulk – Batteria
Tiago Vargas – Basso
Fernando Luzardo – Chitarra


Tracce:

01. Oblivion
02. Behavior In The Eyes
03. Humanity
04. Behind The World
05. Overcoming The Void
06. 10.000 And One Night
07. The Same
08. Architecture Of Perspective
09. 95 Eyes
10. Fanatic And Picturesque
11. Blessed Are The Forgetful


Voto del redattore HMW: 7/10

Visualizzazioni post:98

I Vertebra si sono formati nel 1994 e sono originari di Porto Alegre in Brasile. A causa di pause varie, ritorni in attività, cambiamenti di formazione, pandemie… esaurimento della benzina, un pneumatico forato, lo smoking arrivato in ritardo, un amico che non vedevano da anni, il furto della macchina, un terremoto, una tremenda inondazione e un’invasione di cavallette (vi ricorda qualcosa o qualcuno?), non sono stati in grado di rilasciare nessun album fino a quest’anno quando, finalmente, sono riusciti ad esordire con The Same. In realtà qualcosa avevano fatto, un EP nel 1995, Humanity, classificabile nella categoria “poca roba”.

Prodotto autonomamente e distribuito dalla spagnola Xtreem Music, il disco dei brasiliani ha una resa sonora qualitativamente buona e, tutto sommato, la scelta di affidarsi solo a loro stessi si può dire sia stata abbastanza giusta. Dopo spiegherò il perché dell’abbastanza e non del completamente.

La maggiore influenza del gruppo è il death metal degli anni novanta. D’altronde si sono formati in quegli anni e la musica da loro ascoltata era quella ed in particolare quella di Chuck Schuldiner. Sono forti i richiami al maestro indiscusso del genere e il loro stile è inevitabilmente ancorato a quel tipo di soluzioni musicali. Il loro quasi technical death metal deve molto a The Sound Of Perseverance ed affini.

Arildo e Fernando fanno un ottimo lavoro alle chitarre. Si alternano continuamente tra riff e assoli e Tiago non segue quasi mai la chitarra ritmica preferendo viaggiare su binari separati facendo risaltare maggiormente il suo basso quasi e a creare un ritmo parallelo al suo strumento. A mio giudizio è il perno e il “fuoriclasse” della squadra. Ma quando si interseca con i suoi colleghi sembra perdersi, e il suono diventa più asettico. Peccato, perché il suo tocco lo trovo fondamentale per il sound della band. Ecco perché sopra ho scritto una buona produzione, e non ottima. Ma si sa, tutto costa, e i conti se li saranno fatti sicuramente a dovere e soprattutto al centesimo.

Riguardo ai testi, siamo di fronte ad un concept. Critica verso l’alienazione dell’individuo e la ricerca di una forma di pensiero libera e indipendente. I temi principali sono questi.

L’apertura è affidata a “Oblivion” e capiamo da subito che il technical death è l’anima del disco. Il basso è subito protagonista e questo pezzo brutale chiarisce le intenzioni del quartetto: violenza e tecnica.

Segue il singolo “Behavior In The Eyes” che rivela le sue influenze dei compianti Death con passaggi intricati e complessi che vengono districati discretamente dalle buone abilità strumentali dei brasiliani. “Overcoming The World” è il pezzo più strano, se vogliamo più sperimentale, con una trama stilistica che sembra sconnessa, ma che alla fine riesce a trovare i suoi incastri e una sua sensata continuità. Fino ad ora non ci possiamo lamentare, ma veri e propri sussulti non li abbiamo ancora provati.

“10.000 And One Night” è un bel brano strumentale. Emozionalmente forse questo è il pezzo più coinvolgente. L’anima più passionale viene fuori in questo minutino di brano, dove la tecnica e il cuore viaggiano di pari passo. Il pezzo più oscuro e alienante è “95 Eyes”. Psicotica al punto giusto, trasmette un senso di paranoia attraverso la voce di Arildo, che si trascina stancamente su una base tesa sempre pronta ad esplodere. Si chiude con “Blessed Are The Forgetful”, il pezzo più malinconico, che ci vuole dire quanto sia meglio dimenticare, ma purtroppo quanto sia necessario ricordare.

Non male come lavoro, è un buon debutto, anche se dopo trent’anni sinceramente mi aspettavo qualcosa di più. Undici brani che si fanno ascoltare, ma che non lasciano sicuramente un segno indelebile. Manca il pezzo forte, il momento wow.

Ho paura a dire che magari alla recensione del prossimo disco il voto sarà più alto. Perché, con i loro tempi, quando scriverò della loro seconda fatica, avrò (spero) ottantatré anni…

Comunque i Vertebra hanno fatto bene a fare uscire l’album. Dopo tutto questo tempo, d’altronde, piuttosto che niente, è meglio piuttosto.

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