AVATAR – Don’t Go In The Forest

Titolo: Don't Go In The Forest
Autore: Avatar
Nazione: Svezia
Genere: Alternative Metal
Anno: 2025
Etichetta: Black Waltz Records - Autoprodotto

Formazione:

Johannes Michael Gustaf Eckerström – Voce
Jonas Kungen Jarlsby – Chitarra
Tim Öhrström – Chitarra
Henrik Sandelin – Basso
John Alfredsson – Batteria


Tracce:

01. Tonight We Must Be Warriors
02. In The Airwaves
03. Captain Goat
04. Don’t Go In The Forest
05. Death And Glitz
06. Abduction Song
07. Howling At The Waves
08. Dead And Gone And Back Again
09. Take This Heart And Burn It
10. Magic Lantern


Voto del redattore HMW: 7,5/10

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Gli Avatar, sono tornati.

E stavolta non ci dicono “venite al circo con noi”, ma “non andate nel bosco”.
Che è tipo dire a un metallaro “non aprire quella birra”. Risultato?? Birra aperta, nel bosco, e pure a torso nudo, con annessa congestione per chi come me ha superato la quarantina…

Perché se li conosci un minimo, sai che dietro quell’avvertimento c’è solo una promessa: caos e delirio glitterato.

E infatti Don’t Go In The Forest è esattamente questo: un invito a perdersi. Un disco che sa di fango, trucco sbavato, glitter e birre gelate. Un rito collettivo in cui l’unica regola è “non prendersi troppo sul serio”, e gli Avatar si confermano maestri del caos organizzato, quelli che riescono a farti pogare e ridere nello stesso momento, con quella teatralità da circo infernale che ormai è il loro marchio di fabbrica.

Johannes Eckerström è sempre più un personaggio a sé: passa dal ringhio da predicatore infernale alla carezza inquietante da cantastorie.
Ogni parola sembra detta con un sorrisetto beffardo, come se sapesse qualcosa che tu ignori… e molto probabilmente è così.
La band dietro di lui gira che è una meraviglia: i riff ti prendono per il collo, la sezione ritmica ti scuote come un cocktail fatto da un amico barman che ci va giù pesante, e ogni tanto spunta una melodia che ti sorprende, come un raggio di sole tra i rami.

Il bello del disco è che non cerca di essere coerente, è un viaggio delirante in cui puoi trovare groove sudaticcio, cori epici, momenti quasi pop e attimi di pura follia.
Un patchwork di idee che non dovrebbero stare bene insieme, ma che loro riescono a far funzionare alla grande, un po’ come indossare sneakers, armatura e un boa di piume, solo gli Avatar possono farlo e sembrare credibili.

“In The Airwaves” ti fa prendere a testate gli alberi pogando con cervi e tutta la fauna del bosco, “Captain Goat” è una specie di delirio groove in salsa caprina: un pezzo che ti fa muovere la testa anche se sei in fila alle poste, “Death And Glitz” sembra scritta dopo una notte a guardare Elisa TrueCrime su Youtube con la mente mezza spenta e se canticchiate Death and Tits, credetemi… è normale, “Don’t Go In The Forest” è forse il pezzo che meglio riassume il paradosso Avatar: ti mettono in guardia dal bosco, e allo stesso tempo ti invitano ad entrarci. Mentre lo ascolti pensi “perché ce l’hanno con sto cavolo di bosco?!” per poi accorgerti che è il bosco che ce l’ha con te.

C’è un’energia contagiosa in ogni brano, una voglia di divertirsi che trasuda da ogni assolo e da ogni urlo e Johannes Eckerström urla come se avesse appena scoperto che il vicino di casa gli ha rubato il trucco da palcoscenico.
È come assistere a uno spettacolo dove la band ti guarda dritto negli occhi e dice: “Sì, è tutto esagerato e folle. E allora? Ti stai divertendo o no?”.
E la risposta è sempre sì, però aspetta che prendo un’altra birra.

Don’t Go In The Forest non è un lavoro perfetto, ma è vivo, rumoroso, teatrale e pieno di personalità. Non tutti i pezzi sono immediati, certo, qualcuno si perde un po’ nel labirinto sonoro, ma nel complesso è un album che si ascolta tutto d’un fiato e lascia addosso la voglia di pogare in mezzo agli alberi.

È la prova che il metal può essere pesante e leggero allo stesso tempo, cupo ma con un sorriso diabolico stampato in faccia, è un album che non si prende mai troppo sul serio, ma che ti colpisce comunque dritto nello stomaco (e nel fegato, se lo accompagni con dell’alcol).
In fondo, è questo il segreto degli Avatar: ti portano nel buio… ma con la giacca di paillettes.

Musicalmente, il disco è un passo avanti rispetto al precedente: più coraggioso, più vario, più libero. La band osa, sperimenta, gioca. E ci piace così: folli, teatrali, impossibili da etichettare.

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